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Due candidati del Centro così uguali, eppure così diversi

Uomini, sulla sessantina, prodotti del vecchio Ppd. Però Markus Ritter e Martin Pfister si distinguono sotto vari aspetti. L’essenziale da sapere

La vallesana Viola Amherd ha annunciato a metà gennaio il suo ritiro dal Consiglio federale per la fine di marzo
(Keystone)
12 febbraio 2025
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Sono due gli aspiranti al seggio che la ministra della Difesa Viola Amherd lascerà vacante alla fine di marzo: il noto Markus Ritter, presidente dell’Unione svizzera dei contadini (Usc) e influente portavoce degli interessi del mondo agricolo in Parlamento; e Martin Pfister, consigliere di Stato zughese, apprezzato nel suo cantone ma quasi sconosciuto al di fuori dei suoi confini. Nessuno dei due è un esponente di primo piano del partito guidato dal dimissionario (e candidato mancato) Gerhard Pfister.

Ritter e Pfister hanno davanti a loro un mese intenso: dapprima saranno messi sotto torchio nell’ambito di un controllo di sicurezza interno al partito; poi si presenteranno al loro gruppo parlamentare (21 febbraio); sosterranno in seguito le audizioni davanti ai parlamentari degli altri partiti (3-11 marzo); infine, si sottoporranno al giudizio dell’Assemblea federale (12 marzo, durante la sessione primaverile delle Camere federali).

Il nuovo membro del Consiglio federale resterà in carica fino al termine della legislatura (dicembre 2027). Nessun partito contesta al Centro il diritto al suo unico seggio in Governo. Ma i motivi di interesse non mancano. Le risposte alle principali domande.

Chi sono i candidati?

Markus Ritter

Sposato, tre figli, il 57enne agricoltore bio sangallese è stato eletto nel 2011 in Consiglio nazionale. Riconfermato tre volte, è membro dell’influente Commissione dell’economia e dei tributi. Dal 1993 al 2012 è stato municipale del suo Comune, Altstätten. Dal 2012 è presidente dell’Usc. Sarebbe il settimo consigliere nazionale sangallese. Ritter è stato il primo a uscire allo scoperto: ha detto di essersi deciso dopo le rinunce dei suoi colleghi di partito.

Martin Pfister

Sposato, quattro figli, il 61enne zughese siede dal 2016 nel governo cantonale, dov’è responsabile della sanità. In precedenza è stato per dieci anni in Gran Consiglio (tra il 2009 e il 2012 nelle vesti di capogruppo) e ha guidato il partito cantonale tra il 2012 e il 2016. Ha studiato germanistica e storia all’Università di Friborgo. Sarebbe il terzo consigliere federale proveniente dal canton Zugo. L’ultimo era stato Hans Hürlimann (Ppd), rimasto in Governo dal 1974 al 1982. Ha annunciato la sua candidatura poco prima della scadenza del termine assegnato, dopo essere stato sollecitato da Gerhard Pfister, copresidente della commissione cerca.

Chi non si è candidato?

Sono in molti ad aver rinunciato nelle due settimane concesse alle sezioni cantonali per inoltrare le candidature. Tra di loro spiccano lo stesso Gerhard Pfister (Zg), i consiglieri nazionali Martin Candinas (Gr) e Philipp Matthias Bregy (Vs), i consiglieri agli Stati Isabelle Chassot (Fr), Benedikt Würth (Sg), Andrea Gmür (Lu) e Heidi Z’graggen (Ur), nonché il consigliere di Stato ed ex presidente del partito (che allora si chiamava Ppd) Christophe Darbellay.

Chi decide il ticket?

Il gruppo del Centro alle Camere federali. Conta 46 parlamentari (31 consiglieri nazionali e 15 consiglieri agli Stati) ed è il terzo più numeroso, dopo quelli dell’Udc (74) e del Ps (50). Le donne sono 15, gli uomini 31 (due i ticinesi: il consigliere nazionale Giorgio Fonio e il ‘senatore’ Fabio Regazzi). Regolari le dissonanze tra una parte dei ‘senatori’ (schierati su posizioni conservatrici, a volte in aperto contrasto con la linea dettata da Gerhard Pfister) e il gruppo al Nazionale (tendenzialmente social-liberale). Il gruppo si riunirà venerdì 21 febbraio a Palazzo federale per decidere quali e quanti nomi iscrivere sul ticket.

Ticket a due o a tre?

Subito dopo l’annuncio di Viola Amherd, le Donne del Centro hanno rivendicato a gran voce una candidatura femminile. Alla fine però nessuna di loro si è fatta avanti. In seguito hanno tirato i remi in barca, dichiarando che le loro ambizioni sono indirizzate ormai verso la presidenza del partito (Gerhard Pfister lascerà a fine giugno) e che ora tocca alle altre forze di governo fare qualcosa per ridurre lo squilibrio di genere in Consiglio federale (se sarà eletto un uomo al posto di Viola Amherd, resteranno solo due donne per sette seggi). Assai poco probabile, dunque, che le Donne del Centro tornino alla carica. Dopo la raffica di rinunce più o meno eccellenti, non si vede nemmeno come potrebbe spuntare un terzo, credibile candidato. Tutto indica perciò che all’Assemblea federale verrà sottoposto un ticket con due nomi.

Quali sono i loro atout/handicap?

Markus Ritter


Keystone
57 anni, sangallese, consigliere nazionale

Atout

  • eccellente rete di contatti nella Berna federale, sia in Parlamento che nell’amministrazione;
  • abile stratega, politico preparato e di successo (la ‘Nzz am Sonntag’: “Il più potente manovratore a Palazzo federale”): per questo è apprezzato da molti parlamentari, soprattutto dei partiti borghesi;
  • è il ‘volto’ dei contadini svizzeri, il punto di riferimento politico per un settore essenziale per l’approvvigionamento alimentare del Paese;
  • ventennale esperienza in un esecutivo, anche se solo a livello comunale;
  • è un euro-scettico, e questo piace molto a destra;
  • è una persona affabile (salutare qualcuno? “Oggi è decisivo”, ha detto alla ‘Nzz’).

Handicap

  • c’è già un sangallese in Consiglio federale (Karin Keller-Sutter del Plr);
  • la Svizzera rurale e il settore agricolo sono già ben rappresentati in Governo (quattro consiglieri federali su sette hanno legami più o meno stretti con l’agricoltura);
  • a sinistra (dove non sono piaciute le sue parole sulle donne, che sarebbero “interessate ad altri dipartimenti” rispetto al Ddps) è visto come un politico che polarizza, a tratti arrogante, che difende a spada tratta gli interessi della lobby agricola; tra i verdi liberali non suscita entusiasmo per le sue posizioni conservatrici sui temi di società e legati alla salute riproduttiva, come la depenalizzazione dell’aborto;
  • a politici profilati come lui, l’Assemblea federale tende a preferire personalità meno ‘spigolose’;
  • potrebbe perdere sostegni, soprattutto in casa democentrista, tra chi vuol tenere la porta del Consiglio federale aperta per un’altra sangallese, la ‘senatrice’ Udc Esther Friedli, data per ‘papabile’ quando si ritirerà Guy Parmelin (però il compagno della Friedli, l’ex presidente dell’Udc Toni Brunner, caldeggia dalle colonne del ‘St. Galler Tagblatt’ la candidatura del conterraneo Ritter);
  • corre il rischio di passare come un politico monotematico (agricoltura e poco altro);
  • nell’esercito ha solo il grado di appuntato.

Martin Pfister


Keystone
61 anni, zughese, consigliere di Stato

Atout

  • solida esperienza politica sul piano cantonale, a livello di esecutivo come di legislativo;
  • lodato nel suo cantone per come ha gestito, da ministro della Sanità, la pandemia di coronavirus; apprezzato dai colleghi di governo per la collegialità e dalla sinistra per l’approccio pragmatico e la disponibilità al dialogo;
  • persona riservata e affabile, passa per essere un politico conciliante e ‘integrativo’;
  • è colonnello, quindi conosce bene l’esercito (“Camminare in una caserma mi è più familiare che muovermi a Palazzo federale”, ha dichiarato);
  • proviene dalla Svizzera centrale, regione assente dal Consiglio federale da oltre 20 anni;
  • rappresenta un cantone ricco (Zugo è fra i donatori nella perequazione finanziaria), prevalentemente urbano e aperto al mondo (anche per la presenza di numerose multinazionali);
  • incarna anche la Svizzera accademica, vista la sua formazione (Pfister inoltre negli anni 90 ha lavorato all’Università di Friborgo con lo storico Urs Altermatt, autore dell’opera di riferimento sulla storia del Consiglio federale).

Handicap

  • è pressoché sconosciuto nella Berna federale, non si sa come si posiziona sui temi di politica federale;
  • anche lui corre il rischio di essere visto come un politico monotematico (sanità e poco altro);
  • serpeggiano dubbi sulla sua capacità di imporsi in un dipartimento ostico e con molti cantieri aperti come il Ddps.

Chi parte favorito?

Sulla carta Ritter, che dovrebbe poter contare su buona parte dei voti dell’Udc e del Plr. Ma Pfister non sarebbe il primo consigliere di Stato a cui riesce il salto in Consiglio federale. Negli ultimi 50 anni, sette consiglieri federali su 36 (Beat Jans; Eveline Widmer-Schlumpf; Micheline Calmy-Rey, Ruth Dreifuss, Ruth Metzler, René Felber; Otto Stich) sono stati eletti pur non facendo parte del Parlamento al momento dell’elezione. In questi casi, però, o sul ticket non c’era alcun parlamentare federale (Calmy-Rey, Metzler, Felber), o figuravano delle donne alle quali veniva richiesta anche esperienza d’esecutivo (Calmy-Rey, Metzler), oppure ancora si trattava di sbarrare la strada ai candidati ufficiali (Dreifuss, Widmer-Schlumpf, Stich). La candidatura di Pfister non rientra in alcuna di queste fattispecie, ha fatto notare alla Srf Adrian Vatter, politologo dell’Università di Berna. Decisive saranno comunque le audizioni, nonché la dinamica dell’elezione stessa.

Spunterà un candidato ‘selvaggio’?

Poco probabile. Pur con tutte le difficoltà del caso, il Centro è riuscito a evitare lo smacco di doversi accontentare di un solo pretendente. Le candidature uniche – usuali fino all’inizio del secolo – non sono più in voga: l’Assemblea federale (la cui libertà di scelta peraltro è sancita dalla Costituzione) le vede come un fatto compiuto e tende a posare gli occhi su qualcun altro. D’altra parte, nemmeno con un ticket un partito ha la garanzia che verrà scelto/a un/a candidato/a ufficiale e non uno/a ‘selvaggio/a’. Ne sa qualcosa l’Udc, che nel 2000 vide snobbato il duo ufficiale Rita Fuhrer/Roland Eberle e dovette ingoiare il rospo dell’elezione di Samuel Schmid, esponente dell’ala bernese – moderata – del partito.

Nel caso specifico, è vero che a giocarsela sono due candidati uomini, ascrivibili all’ala tradizionale del partito ed entrambi sulla sessantina. Ma una scelta l’Assemblea federale la potrà comunque fare (“[Pfister] È assolutamente un’alternativa a Ritter”, ha detto Urs Altermatt alla ‘Nzz’). Questo dovrebbe bastarle. L’ex consigliere federale Udc Christoph Blocher suggerisce la possibilità di pescare fuori dal ticket ufficiale, addirittura qualcuno di un altro partito. Ma non si vede bene chi potrebbe avere interesse a indisporre il Centro, che in Parlamento funge da ago della bilancia e che per giunta potrebbe rendere pan per focaccia alla prossima occasione.

Probabilmente, come è più volte capitato in passato, al primo (forse anche al secondo) turno dell’elezione qualcuno esprimerà il proprio disappunto (o vorrà far correre qualche brivido nella schiena di Gerhard Pfister) scrivendo sulla scheda di voto il nome di una donna (l’ex capogruppo del Ps Roger Nordmann ha tirato in ballo la ‘senatrice’ del Pvl Tiana Moser, che ha già declinato l’invito) o di uno dei rinunciatari eccellenti del Centro (il presidente Pfister ha già messo in chiaro che in tal caso non accetterà l’investitura). Si dovrebbe trattare di un’azione poco più che dimostrativa, dalla portata limitata. Ancor più limitata di quella che nel dicembre 2022 vide protagonista Daniel Jositsch: il ‘senatore’ del Ps, escluso dal ticket ufficiale, ottenne 58 voti e non si chiamò fuori dai giochi, facendo sudare freddo i ‘compagni’.

Cosa cambierà in Consiglio federale?

Niente fa pensare che tra i consiglieri federali in carica qualcuno voglia accasarsi al Ddps. A meno di clamorose sorprese, il neoeletto assumerà dunque le redini del dipartimento che rimarrà vacante. Per quanto tempo, è tutto da vedere. Circolano voci su un ritiro anticipato di Guy Parmelin (Udc) e Ignazio Cassis (Plr). Ma il primo sarà presidente della Confederazione il prossimo anno, il secondo l’anno successivo. Questo lascia presagire che – a meno di eventi imprevedibili (ad esempio: Simonetta Sommaruga nel 2022 si ritirò all’improvviso per stare accanto al marito malato) – i due rimarranno al loro posto fino al termine della legislatura, a fine 2027. Solo a quel punto – risultati elettorali permettendo – dovrebbe riaprirsi il discorso su una diversa attribuzione dei seggi (la partita si giocherà in particolare tra Plr e Centro per l’aggiudicazione della seconda, traballante poltrona ora dei liberali-radicali) e su un cambio alla testa dei dipartimenti, Ddps compreso.