La raccolta di firme per le iniziative e i referendum dovrà svolgersi in futuro tramite canali digitali. È l’opinione del Consiglio degli Stati, che mercoledì ha approvato per 20 voti a 15 (tre astenuti) una mozione di Benjamin Mühlemann (Plr/Gl). Il Governo è incaricato di creare le basi legali e introdurre i necessari strumenti tecnologici. L’oggetto passa al Nazionale.
Il tema è caldo dopo che in settembre sono emersi possibili casi di frodi nella raccolta firme a pagamento. Il sospetto è che società commerciali che si occupano di svolgere questo compito abbiano imbrogliato, falsificando sottoscrizioni. La vicenda, sulla quale indaga il Ministero pubblico della Confederazione, ha sollevato un polverone.
Secondo Mühlemann, il sistema attuale è obsoleto, inefficiente, soggetto a errori e consente abusi. Il timore che la riuscita di alcune iniziative possa essere stata raggiunta in modo fraudolento mette a rischio la democrazia, ha detto in aula. Non solo per motivi di sicurezza, ma anche per ragioni di efficienza, è quindi opportuno “traghettare questo strumento nell’era digitale”. In particolare, la registrazione, il controllo e il conteggio delle sottoscrizioni risulteranno così decisamente semplificati. Il carico di lavoro per le amministrazioni comunali e le autorità federali dovrebbe inoltre diminuire sensibilmente.
“Anche il Consiglio federale è favorevole all’introduzione della digitalizzazione nella raccolta firme”, ha ribadito il cancelliere Viktor Rossi. Tuttavia, l’Esecutivo ritiene che non sia ancora il momento per una rivoluzione e pertanto ha raccomandato di bocciare la mozione. Lo scorso mese, il Governo ha commissionato un progetto preliminare volto a gettare le basi per prove pratiche circoscritte in quest’ambito. L’intenzione è quindi quella di dapprima effettuare esperienze su scala limitata; e poi i lavori si fondano sulla premessa di offrire un complemento, non un sostituto, alla raccolta tradizionale. La mozione consente poco margine di manovra per considerare tali aspetti, ha evidenziato, invano, Rossi.
All’ordine del giorno figuravano anche alcuni atti parlamentari che domandavano, in relazione al già citato scandalo, un divieto della raccolta di firme a pagamento e più trasparenza. I ‘senatori’ hanno però preferito rispedire in commissione le tre mozioni in questione. ATS/RED