L’associazione che riunisce le strutture universitarie invoca a gran voce un aumento delle tariffe
A fine luglio la ‘Nzz’ pubblicava i risultati di un’analisi condotta dalla società di consulenza Kpmg: due ospedali o cliniche su tre hanno chiuso il 2023 nelle cifre rosse, per una perdita complessiva di un miliardo di franchi; il loro fatturato è sì cresciuto (+13% dal 2019), ma le spese sono aumentate di più (+17%) e le tariffe nel settore ambulatoriale – che genera una parte sempre più consistente degli introiti – sono così basse che non riescono a coprire i costi. A settembre il maggior gruppo ospedaliero del paese, l’Inselspital di Berna, annunciava che a causa di difficoltà finanziarie sopprimerà fino a 120 posti di lavoro entro la metà del prossimo anno. Secondo H+, l’organizzazione che riunisce i nosocomi svizzeri, la situazione finanziaria degli ospedali e delle cliniche sta diventando sempre più drammatica: la stragrande maggioranza dei nosocomi, pur con una crescita del fatturato, non raggiunge i margini necessari per operare in modo sostenibile e le riserve si stanno esaurendo. Se non si prendono misure urgenti ciò porterà inesorabilmente a una riduzione dell’offerta di cure e a una maggiore pressione sul personale, ammoniva a inizio autunno la direttrice Anne-Geneviève Bütikofer. Notizia di pochi giorni fa: il Consiglio di Stato grigionese ha proposto lo stanziamento di un credito quadro di 100 milioni di franchi, da destinare a prestiti transitori agli ospedali in difficoltà.
Che la situazione finanziaria degli ospedali svizzeri fosse estremamente difficile, lo avevamo capito. L’ennesima conferma è arrivata giovedì. In una conferenza stampa a Berna, i responsabili degli ospedali universitari svizzeri (Basilea, Berna, Ginevra, Losanna e Zurigo) e delle cinque facoltà di medicina del Paese hanno lanciato un appello a un maggiore sostegno, sottolineando il ruolo centrale svolto dalle loro istituzioni come pilastri dell’assistenza sanitaria e come centri di ricerca e formazione. Un ruolo sottoposto a notevoli pressioni, a causa di importanti investimenti in infrastrutture digitali e architettoniche e nell’adeguamento delle condizioni di lavoro.
Al momento non esiste un piano per sostenere specificamente gli ospedali universitari, ha fatto notare Antoine Geissbühler, decano della Facoltà di Medicina dell’Università di Ginevra e direttore dell’insegnamento e della ricerca presso l’Ospedale universitario di Ginevra (Hug). “Senza sostegno, non riusciremo a realizzare la nostra trasformazione”, ha aggiunto. Questi investimenti sono necessari, ma non sono presi in considerazione nelle tariffe.
“Il 2023 è stato caratterizzato da un grande shock per il sistema ospedaliero, e ciò malgrado l’aumento del numero di pazienti”, ha rilevato Werner Kübler, direttore dell’Ospedale universitario di Basilea e presidente di unimedsuisse, l’associazione svizzera di medicina universitaria. Tutti gli ospedali universitari hanno registrato un risultato annuale negativo, che nel complesso ammontava a 210 milioni di franchi. Questo dato si spiega con i costi aggiuntivi legati all’inflazione e agli stipendi, nonché al perdurare di una situazione tariffale tesa. Per questo motivo, nell’estate del 2023 hanno disdetto gli accordi tariffali stazionari con gli assicuratori e sono riusciti a negoziare prezzi migliori. Nel settore ambulatoriale, che svolge un ruolo sempre più importante, la situazione è ancora più allarmante: le tariffe non coprono i costi effettivi e non vengono adeguate da vent’anni (stando a H+, il sottofinanziamento sarebbe del 30%; ‘solo’ del 10% nel settore stazionario). Se gli ospedali universitari devono soddisfare le aspettative della popolazione in termini di cure ambulatoriali e di riserve di capacità, secondo loro non si può che procedere urgentemente con un aumento delle tariffe.