Le organizzazioni economiche elvetiche, pur sottolineando la necessità dei lavoratori esteri, chiedono contromisure per migliorare le condizioni quadro
Entro i prossimi dieci anni in Svizzera mancheranno 297'000 lavoratori indigeni impiegati a tempo pieno. È quanto stimano le organizzazioni economiche elvetiche, che chiedono urgenti contromisure, tra cui un migliore sfruttamento della manodopera interna.
Stando a uno studio pubblicato oggi dall'Unione svizzera degli imprenditori (USI) e dalla Federazione delle imprese svizzere (economiesuisse), lo scenario si basa sull'andamento demografico fino al 2035 previsto dall'Ufficio federale di statistica (UST).
"Con il pensionamento di un numero sempre maggiore di baby boomer e l'ingresso di un numero relativamente minore di persone in età lavorativa, la carenza di manodopera qualificata è un problema acuto e molto discusso nella maggior parte dei settori", mettono in guardia USI ed economiesuisse, che dichiarano: "L'attuale carenza di manodopera si aggraverà nei prossimi anni".
Oltre a dover fare a meno dei circa 297'000 impiegati indigeni a tempo pieno, l'economia stima che siano necessari anche altri 163'000 dipendenti per mantenere la crescita di benessere degli ultimi anni. Vale a dire che entro il 2035 in Svizzera è attesa una carenza di manodopera di 460'000 unità.
Per garantire una situazione economica stabile nella Confederazione, le due associazioni chiedono pertanto alle imprese di migliorare le condizioni quadro, e chiamano in causa anche la politica. "Sia i datori di lavoro che i collaboratori devono aprirsi a nuovi modelli di impiego, come il lavoro in gruppi intergenerazionali, lo job sharing o l'offerta di posizioni a tempo parziale". Al contempo, "i datori di lavoro devono abbandonare i luoghi comuni secondo cui i dipendenti più anziani sono costosi e stanchi dell'innovazione". Tuttavia, aggiungono USI ed economiesuisse, "i collaboratori più anziani devono essere in grado di accettare riduzioni di stipendio" ed "essere aperti a nuove idee". In sostanza, "le condizioni quadro devono essere migliorate in modo che sia conveniente lavorare di più e più a lungo".
Le organizzazioni economiche vedono un margine di miglioramento anche per quanto riguarda l'impiego delle donne, anche dopo la maternità, e in particolare per coloro che intendono lavorare a tempo parziale e con orari flessibili, e che auspicano una migliore conciliazione con la vita privata. "A questo proposito è di grande importanza l'offerta di servizi di accudimento dell'infanzia extrafamiliari, accessibili e a prezzi contenuti. Anche gli incentivi fiscali svolgono un ruolo importante. Le parole chiave sono tassazione individuale e progressione fiscale", è l'appello di USI ed economiesuisse.
"Il rigido diritto del lavoro deve essere adattato alle attuali necessità dei lavoratori e la formazione deve essere maggiormente allineata alle esigenze del mercato", concludono.
Secondo le loro stime, con misure adeguate si potrebbero impiegare circa 48'000 donne e 37'000 persone di oltre 65 anni a tempo pieno in più.
Tuttavia per l'economia, anche attuando tutta questa serie di misure, non sarà possibile fare a meno della manodopera estera. "È quindi importante che l'immigrazione basata sulle necessità rimanga possibile anche in futuro". Per USI ed economiesuisse "la libera circolazione delle persone con l'Ue è un fattore importante per il successo della Svizzera. Soprattutto nel contesto degli sviluppi demografici e della crescente carenza di manodopera, è fondamentale che le imprese svizzere abbiano accesso a lavoratori stranieri". Ma la forza lavoro estera deve restare "sussidiaria e il più possibile socialmente accettabile".