È quanto deciso dal Consiglio degli Stati che ha adottato il relativo decreto federale con 26 voti contro 7 e 11 astenuti. Tre gli schieramenti in aula
La Svizzera non deve aderire al Patto globale Onu sulla migrazione ma limitarsi a "prendere atto" dei suoi principi guida e dei suoi obiettivi. Lo ha deciso il Consiglio degli Stati adottando il relativo decreto federale con 26 voti contro 7 e 11 astenuti. Il Patto, discusso dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel dicembre del 2018, stabilisce un quadro d’azione generale che punta a migliorare la cooperazione internazionale nella gestione dei flussi migratori transfrontalieri. Lo scopo è gestire questi flussi globali in modo più sicuro e ordinato e ridurre la migrazione irregolare per mezzo di principi e obiettivi condivisi.
In aula si sono scontrati tre schieramenti: la sinistra sosteneva la proposta originaria del Consiglio federale, secondo cui la Svizzera "accetta i principi guida e gli obiettivi del Patto" e l'Assemblea federale ne "sostiene l'accettazione". L'Udc voleva modificare il decreto in "l'Assemblea federale rifiuta i principi guida e gli obiettivi del Patto" e ne "rifiuta l'accettazione".Nel mezzo si è trovata la maggioranza della Commissione della politica estera (Cpe), sostenuta da Plr e Alleanza del Centro, che chiedeva appunto di sostituire nel decreto "accetta" con "prende atto". L'articolo 1 del testo è poi completato con la frase seguente: il Parlamento "sostiene la cooperazione internazionale in materia di migrazione, segnatamente anche nell'ambito dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim)". L'articolo 2 precisa da parte sua che "l'Assemblea federale sostiene la decisione della Svizzera di non accettare il Patto globale Onu sulla migrazione e di continuare ad astenersi dal voto".
Per Marco Chiesa (Udc/Ti) il Patto "comporta rischi importanti per la nostra sovranità nazionale, la nostra sicurezza interna e il nostro benessere sociale". Esso introduce "chiare restrizioni alla libertà di espressione, colpendo un valore fondamentale della nostra democrazia". Secondo il democentrista il Patto non è inoltre compatibile con la nostra Costituzione, che prevede, all'articolo 121a, la gestione autonoma della migrazione. Sebbene presentato come non vincolante, esso eserciterebbe una pressione sul nostro Paese affinché adegui la nostra politica migratoria agli standard globali, ha affermato il ticinese. Secondo Chiesa il documento dell'Onu porterà "a flussi migratori crescenti e incontrollabili", anche perché esso "non prevede strumenti efficaci per distinguere i migranti economici da quelli che fuggono da guerre e persecuzioni". Il democentrista ha poi ricordato come alcuni Paesi, quali gli Stati Uniti, l'Ungheria, la Polonia, l'Italia, l'Austria e l'Australia, hanno già respinto il Patto. Dal suo punto di vista anche la Svizzera dovrebbe farlo.
Carlo Sommaruga (Ps/Ge) ha da parte sua invitato i colleghi a non avere paura del documento Onu, il cui nome completo, ha ricordato, è "Patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare". Il ginevrino ha poi citato l'articolo 15, che dice "il Patto globale riafferma il diritto sovrano degli Stati di definire le proprie politiche migratorie nazionali e il diritto di gestire la migrazione all'interno della propria giurisdizione, nel rispetto del diritto internazionale". Detto ciò, i 23 obiettivi del Patto sono comunque tutti già oggi in linea con il sistema giuridico e le prassi elvetiche, ha sostenuto Sommaruga. Il Patto prevede una serie di strumenti di attuazione, ma questi sono facoltativi. Nessuno Stato, Svizzera compresa, può essere obbligato ad applicarli tutti. "L'adesione al Patto non comporta automaticamente né un obbligo finanziario né la necessità di intervenire sulla politica interna", ha aggiunto il consigliere federale Ignazio Cassis.
Dal punto di vista delle relazioni internazionali, ha invece senso che la Confederazione affermi il suo sostegno agli obiettivi del Patto, ha proseguito Sommaruga. Si tratta dell'immagine che la Svizzera vuole dare a livello internazionale: "Vuole continuare a partecipare ai futuri negoziati e discussioni sulla migrazione o rimanere fuori dalla dinamica creata dal Patto?", si è chiesto il ginevrino.
Le argomentazioni della sinistra e del Consiglio federale sono state messe in discussione dal relatore della Cpe Benedikt Würth (Centro/Sg). "È vero che da un punto di vista giuridico il Patto non ha effetti diretti, tuttavia da quello politico verrebbe fatta una dichiarazione d'intenti che avrebbe sicuramente un impatto sull'interpretazione della legge". Questo genere di accordi non vengono interpretati solo dal Consiglio federale e dal Parlamento, ma anche dai tribunali, dal Tribunale federale e dalla Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu), ha aggiunto Beat Rieder (Centro/Vs). Per la Cpe la cooperazione internazionale in materia di politica migratoria è comunque importante, ha affermato Würth. In questo senso l'Oim, con sede a Ginevra, è un'organizzazione rilevante. Da qui la volontà di menzionarla esplicitamente nell'articolo 1 del decreto, ha detto il sangallese. Tornando al Patto, Rieder lo ha definito un documento "irrealistico e disonesto, chiaramente scritto da diplomatici per diplomatici". La variante adottata è dunque "una risposta diplomatica a un documento diplomatico". Il Patto globale Onu sulla migrazione passa ora all'esame del Consiglio nazionale.