Svizzera

Il Nazionale, sì a Farinelli: pentiti di mafia, serve una norma

La Camera del popolo approva il postulato del deputato Plr: ‘Entrambi i rami del parlamento hanno dato un segnale importante, sono soddisfatto’

Un passo avanti
(Keystone)
12 settembre 2024
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Il Consiglio federale dovrà studiare una norma sui pentiti di mafia da inserire nell'ordinamento giuridico svizzero. A deciderlo è stato il Consiglio nazionale che, oggi, ha approvato un postulato in materia depositato da Alex Farinelli (Plt/Ti) e approvato con 135 voti contro 57.

Nel suo atto parlamentare Farinelli giustifica la richiesta appoggiandosi alle considerazioni del procuratore generale della Confederazione, Stefan Blättler, il quale, in un'intervista concessa al Tages Anzeiger il 23 giugno scorso, aveva sottolineato la necessità di introdurre anche in Svizzera una norma sui pentiti di mafia, sul modello di altri Paesi.

Il motivo? La presenza della criminalità organizzata sul nostro territorio è sempre più importante. Oltre a ciò, il Ministero pubblico della Confederazione disporrebbe di un ulteriore strumento giuridico nell'ambito della lotta alla criminalità organizzata.

Il no del Consiglio federale. Jans: ‘Nessun vantaggio da un ulteriore postulato’

Nel suo breve intervento, il consigliere federale Beat Jans ha sostenuto che le argomentazioni fornite per iscritto dal governo lo scorso novembre sono tuttora valide. In esse, l'Esecutivo federale sosteneva che l'introduzione di una normativa – per esempio sul modello italiano evocato anche dal consigliere nazionale ticinese – che ricompensi con l'impunità un imputato, reo confesso magari di reati gravissimi, che fornisce informazioni alle autorità non sarebbe accettabile poiché cozzerebbe contro il principio dell'uguaglianza.

Il mafioso pentito beneficerebbe, infatti, di un trattamento di gran lunga più favorevole rispetto a un ‘normale’ reo confesso. Jans ha poi ricordato che il Consiglio degli Stati ha già approvato un postulato simile lo scorso dicembre. A suo avviso, approvare un secondo postulato sul medesimo tema non porta alcun valore aggiunto avendo già ricevuto un incarico ha sostenuto, invano.

Farinelli: ‘La politica sta prendendo sempre più coscienza del problema’

Proprio da qui parte Farinelli, raggiunto da ‘laRegione’ per un commento: «Normalmente questo sarebbe un approccio condivisibile – rileva il deputato liberale radicale al Nazionale –, ma in questo caso a mio avviso e anche della maggioranza della Camera bassa era importante che anche il Consiglio nazionale, oltre al Consiglio degli Stati, desse una chiara indicazione che andasse in questo senso». Perché? «Perché il passato attesta che il Consiglio federale è sempre stato molto restio a voler esplorare possibilità di azione in questo ambito, e quindi – continua Farinelli – il fatto che entrambe le Camere, in un breve tempo, abbiano mandato questo chiarissimo segnale che si vogliono approfondire le possibilità di azione mostra una volontà politica forte da parte del parlamento, di cui sono molto soddisfatto». Se si fosse rimasti al ‘solo’ Consiglio degli Stati, rimarca ancora Farinelli, «non è che sarebbe stato grave, ma ripeto che un parlamento che testimonia il proprio sostegno su un tema importante come quello della lotta alla mafia è un bel segnale per i prossimi passi che andranno intrapresi».

Non lo nasconde Farinelli, «non si risolverà tutto dall'oggi al domani». Ma va detto e sottolineato come «viepiù la politica sta prendendo coscienza del fatto che questo problema va affrontato con forza e convinzione. Il procuratore generale della Confederazione si è espresso più volte su questa tematica, affermando che la Svizzera non è messa molto bene e le cose vanno migliorate».

‘La mafia ormai parla svizzero tedesco’

Poi, chiaro, conta anche che ad aver portato avanti questo postulato sia stato un ticinese. La frontiera permeabile ai fenomeni mafiosi è un dato riconosciuto da entrambi i lati del confine, e che preoccupa sempre di più. «Sì», conferma Farinelli: «noi ticinesi abbiamo una sensibilità e una coscienza particolare. Ma occorre sottolineare come i dati e le statistiche dicano che ormai il resto della Svizzera è altrettanto interessata da una malavita che non parla più dialetto siciliano o calabrese, ma svizzero tedesco. Che è inserita, che non è un fenomeno caricaturale come qualche tempo fa, ma è presente e a volte si fa davvero fatica a riconoscere».

Per arrivare a una soluzione «ci vorrà tempo». Ma, conclude Farinelli, «in passato queste proposte venivano sistematicamente respinte. Ora entrambe le Camere le hanno portate avanti. Piccoli passi, certo. Ma è meglio fare piccoli passi che rimanere fermi».

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