Li hanno presentati oggi le Donne del Ps e i Verdi. Gli errori di calcolo dell’Ufas finiti nel messaggio governativo e nell’opuscolo ufficiale su Avs 21
Un atto dovuto. Se non altro per richiamare l’attenzione sull’importanza del principio della libera formazione dell’opinione dei cittadini, ‘disturbata’ nel caso specifico da informazioni basate su calcoli grossolanamente errati riguardanti le uscite dell’Avs fatti dall’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas). Al di là delle considerazioni di merito (la cui disamina spetterà al Tribunale federale), o di opportunità politica (accrescere la pressione su Governo e Parlamento nel dibattito attorno al futuro dell’Avs), possono essere letti anche così i ricorsi preannunciati e depositati ieri in quattro cantoni dai Verdi e dalle Donne del Ps per annullare la decisione popolare del settembre 2022 sull’innalzamento a 65 anni dell’età di pensionamento delle donne: come una possibilità per mettere una pezza giuridica su una vicenda (definita «grave» da Elisabeth Baume-Schneider) che di certo non rafforza la credibilità del Consiglio federale, già piuttosto traballante a volte negli ultimi anni. Una vicenda che di giorno in giorno si arricchisce di nuovi particolari.
Giovedì ‘Le Temps’ ha rivelato che le previsioni troppo pessimistiche formulate dall’Ufas non concernono soltanto il primo pilastro, ma anche altre leggi a carattere sociale: quella che regola la cosiddetta rendita ponte per disoccupati anziani di lunga durata, ad esempio. Lo stesso giorno il ‘24 Heures’ e la ‘Aargauer Zeitung’ hanno scritto che Elisabeth Baume-Schneider, capo del Dipartimento federale dell’interno, è stata informata del patatrac solo a metà luglio, ben due mesi dopo la scoperta che qualcosa probabilmente non funzionava a dovere. Ieri, infine, dopo le verifiche del caso si è avuta la conferma dell’inesattezza delle cifre contenute nel messaggio governativo al Parlamento (2019) e nell’opuscolo di voto per gli elettori sull’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne, nell’ambito della riforma Avs 21 (2022).
In entrambi i documenti sono stati utilizzati i metodi di calcolo errati. Nella brochure inviata a tutti i fuochi, ad esempio, veniva indicato (facendo riferimento a un “calcolo interno” dell’Ufas) che “nei prossimi dieci anni l’Avs avrà un fabbisogno finanziario di circa 18,5 miliardi di franchi”. È stato lo stesso Ufficio a confermare a Keystone-Ats l’informazione diffusa dalla trasmissione ‘Rendez-vous’ della radio pubblica svizzero-tedesca Srf. Di quanto fosse sbagliata tale cifra, e da quando esattamente vengono impiegate le formule matematiche errate del programma di calcolo, l’Ufas non è ancora in grado di dirlo.
Il direttore Stéphane Rossini e il suo vice Bruno Parnisari hanno rivelato martedì che l’Ufas ha impiegato per anni due formule matematiche errate nel programma di calcolo usato per allestire le prospettive finanziarie a medio-lungo termine dell’Avs. Nel 2033 le uscite dell’assicurazione dovrebbero risultare inferiori di circa 4 miliardi di franchi (pari al 6%) rispetto a quanto calcolato in precedenza (la differenza complessiva, nel periodo 2024-2033, è di 14 miliardi). Di conseguenza, il deficit di ripartizione dell’Avs (la differenza fra entrate e uscite, senza il risultato atteso degli investimenti) dovrebbe crescere fino a tale anno a circa 4 miliardi di franchi, e non a oltre 7 miliardi come indicato sin qui. Elisabeth Baume-Schneider ha ordinato un’inchiesta amministrativa, affermando di non escludere conseguenze sul personale. I risultati dell’indagine dovrebbero arrivare entro fine anno. Il Plr, dal canto suo, auspica che del caso si occupino pure le Commissioni della gestione del Parlamento. Il ‘senatore’ Charles Juillard (Centro/Ju) ha dichiarato mercoledì alla Rts che quella del Consiglio degli Stati, da lui presieduta, condurrà una sua indagine.
Uno strascico ci sarà anche sul piano giuridico. Ieri, come annunciato negli scorsi giorni, sia i Verdi che le Donne del Ps (che hanno subito ricevuto il sostegno dell’Unione sindacale svizzera) hanno inoltrato ricorsi per chiedere l’annullamento del risicato sì popolare (50,5%) del 25 settembre 2022 all’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne da 64 a 65 anni.
In quella che è stata una votazione molto combattuta, le donne sono state private di un anno di pensione con proiezioni sbagliate sulla situazione finanziaria dell’Avs, hanno indicato le Donne del Ps. A loro avviso, la previsione “apparentemente drammatica” sulle uscite del primo pilastro è stata una delle ragioni principali del ‘sì’ di stretta misura. Secondo la consigliera nazionale Martine Docourt (Ne), citata in una nota, è “ovvio” che se i cittadini avessero ricevuto tutte le informazioni, il risultato sarebbe stato diverso. Analoghe le argomentazioni dei Verdi, secondo i quali la popolazione “non ha potuto votare sulla base di informazioni affidabili”.
I ricorsi sono stati presentati per le Donne del Ps dalla stessa Docourt nel Canton Neuchâtel e dalla consigliera nazionale Tamara Funiciello (Be) nel Canton Berna. Per i Verdi è stata la stessa presidente del partito Lisa Mazzone a inoltrarlo nel suo cantone (Ginevra); la consigliera nazionale Katharina Prelicz-Huber (Zh) ha fatto altrettanto nel ‘suo’ Canton Zurigo. Entrambe sono affiancate da “cittadini direttamente interessati", viene precisato in una nota.
I governi cantonali fungono da ‘tribunali’ di prima istanza in questi casi. Ma poiché la vertenza riguarda una votazione federale, si dichiarano incompetenti. Per questo i ricorrenti in seguito portano il ricorso davanti al Tribunale federale (Tf). Il Consiglio federale, su richiesta del Parlamento, sta elaborando una modifica di legge affinché i ricorsi relativi a votazioni ed elezioni federali vengano inoltrati direttamente all’Alta Corte.
I ricorsi sono diretti esclusivamente (quelli delle Donne del Ps) o in via principale (quelli dei Verdi) contro il sì all’innalzamento dell’età di pensionamento delle donne, non contro la contemporanea e più netta approvazione (55,1% di sì) dell’aumento dell’Iva dal 7,7 all’8,1% a favore dell’Avs. Benché sottoposti a votazioni distinte, i due oggetti erano connessi e parte di Avs 21: se uno di essi non fosse stato accettato, sarebbe stata l’intera riforma a essere respinta. Può ora il Tf annullare solo il voto sulla pensione a 65 anni per le donne, esimendosi dal toccare quello sull’aumento dell’Iva (ed eventualmente anche quelli successivi riguardanti l’Avs: 13esima, aumento dell’età di pensionamento per tutti a 67 anni)?
Nel 2011 l’Alta Corte ritenne prioritaria la certezza del diritto nella sentenza con cui respinse il ricorso del Ps contro il risultato della votazione del 2008 sulla riforma II dell’imposizione delle imprese: i giudici di Losanna criticarono sì il Consiglio federale per le stime clamorosamente errate sulle minori entrate fiscali, ma non annullarono il voto poiché la legge era già in vigore e le aziende nel frattempo vi si erano adeguate.
Nel caso attuale, l’età di pensionamento verrà innalzata solo dal 2025. Molte donne interessate però potrebbero essersi già preparate a lavorare un anno in più. Non solo questo: l’aumento dell’Iva è già realtà (dallo scorso primo gennaio); a rigor di logica, dunque, l’imposta pagata in eccesso in virtù della modifica costituzionale approvata da popolo e Cantoni dovrebbe essere restituita ai cittadini.
Due ostacoli apparentemente di non poco conto: sarà ancora una volta quello della certezza del diritto l’argomento killer contro i ricorsi della sinistra?