Dall'inizio di marzo 2022, subito dopo l'attacco russo all'Ucraina, sono stati segnalati alla Seco circa 300 casi sospetti per violazione delle sanzioni
La Segreteria di Stato dell'economia (Seco) ha aperto finora più di 50 procedimenti penali amministrativi per violazione delle sanzioni contro la Russia. Dall'inizio di marzo 2022, subito dopo l'inizio della guerra russa contro l'Ucraina, "sono stati segnalati alla Seco circa 300 casi sospetti riguardanti restrizioni commerciali in relazione alle ordinanze sull'Ucraina e sulla Bielorussia", ha indicato la Segreteria di Stato dell'economia a Keystone-Ats.
La Seco, che non si esprime sui singoli casi, riferisce che sono stati aperti 56 procedimenti penali amministrativi, 41 dei quali sono passati in giudicato. Ci sono state 26 decisioni di archiviazione, 14 decreti penali e una sentenza penale.
La Seco era confrontata con una recente inchiesta del quotidiano Le Temps sulla presenza di componenti occidentali, tra cui alcuni provenienti da aziende svizzere, nelle armi utilizzate dalla Russia, ad esempio nel massiccio attacco missilistico contro la capitale ucraina Kiev dell'8 luglio.
Per la Seco, interpellata specificamente sulla questione degli armamenti russi, il problema principale risiede nel fatto che i Paesi produttori di questi componenti elettronici, soprattutto in Asia, non hanno aderito alle sanzioni internazionali contro il Cremlino.
Inoltre, la maggior parte di questi componenti non sono prodotti negli Stati Uniti o nell'Unione Europea e nemmeno in Svizzera. Le aziende con sede in questi Paesi non assicurano neppure direttamente la distribuzione.
La Seco afferma di aver messo in atto controlli più severi sui Paesi confinanti con la Russia. Sottolinea che la maggior parte delle aziende svizzere i cui componenti sono stati integrati nelle armi russe non hanno effettuato alcuna consegna alla Russia. Tuttavia le aziende occidentali devono assicurarsi che i componenti non entrino in Russia attraverso i distributori, sottolinea la Confederazione.
I componenti, quasi sempre fabbricati al di fuori della Svizzera, sono venduti in tutto il mondo da numerosi distributori. "Un piccolo numero di questi distributori, in particolare in Cina e a Hong Kong, ha inviato determinate quantità in Russia senza che le aziende svizzere interessate ne fossero informate", spiega la Seco, che sottolinea che questi distributori "oggi non sono più riforniti".
La Confederazione assicura di collaborare strettamente con le aziende interessate per prevenire acquisizioni illegali. Si rifiuta di fornire dettagli.
La Seco ha trasmesso al Ministero pubblico della Confederazione due dei casi che ha trattato. Lo scorso marzo, il Ministero aveva confermato di aver aperto un procedimento per un caso, rispedendo al mittente l'altro. Per la Srf, il caso preso in considerazione riguarda una società attiva nel commercio di materie prime.
Contattato ieri da Keystone-Ats il Ministero pubblico della Confederazione non ha voluto esprimersi su eventuali altri procedimenti e/o indagini preliminari, pendenti o meno, in relazione alle sanzioni contro la Russia.