Si è chiusa la consultazione sulla controversa modifica dell’ordinanza sulla caccia. Gli ambientalisti rinnovano le critiche. E confidano nei ricorsi
Ventisette in Vallese, 20 nei Grigioni, due in Ticino e altrettanti nel canton San Gallo: sono una cinquantina i lupi abbattuti in Svizzera a titolo preventivo (cioè prima che abbiano causato danni) quest’inverno. Avrebbero potuto essere molti di più, se le organizzazioni ambientaliste non avessero aperto a loro volta un fuoco di fila – sul piano giuridico – contro la regolazione preventiva dei branchi sancita dalla nuova ordinanza sulla caccia voluta da Albert Rösti. Allora – eravamo a inizio novembre 2023 – il ministro dell’Ambiente aveva indicato una soglia minima: 12 branchi. Lo scorso anno la fondazione Kora ne recensiva 35 in Svizzera (11 dei quali transfrontalieri), per complessivi 313 lupi.
Sul fronte giuridico la situazione è tuttora piuttosto confusa. In una sentenza pubblicata di recente, il Tribunale amministrativo federale (Taf) non è entrato nel merito di due ricorsi di Pro Natura, Wwf e BirdLife contro le autorizzazioni, concesse dall’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam), per l’abbattimento di alcuni lupi e branchi di lupi nei Grigioni e in Vallese. I giudici sangallesi hanno stabilito che le organizzazioni ambientaliste non possono ricorrere contro l’approvazione, da parte di Berna, dell’abbattimento dei predatori: possono contestare solamente decisioni in tal senso prese dalle autorità cantonali. Cosa che peraltro stanno facendo, qua e là. L’intento, ha spiegato Pro Natura, è di chiarire “le questioni sostanziali”, al di là delle “questioni preliminari procedurali” esaminate dal Taf. Aperta resta anche l’opzione di un ricorso al Tribunale federale contro la recente sentenza di quest’ultimo. Se l’ostruzionismo ‘verde’ si rivelerà pagante, è tutto da vedere.
Rösti comunque non si fa impressionare. Già lo scorso autunno aveva tirato dritto. Nonostante le critiche (formulate persino in seno all’amministrazione federale), aveva fatto entrare subito in vigore una parte della legge sulla caccia approvata dal Parlamento a fine 2022, in modo da consentire una prima regolazione già in inverno. Nemmeno i pareri in parte negativi sulla modifica della relativa ordinanza emersi nella consultazione differita, conclusasi oggi, dovrebbero fargli cambiare rotta. Il suo dipartimento (il Datec) ha già fatto sapere che la seconda stagione di ‘caccia’, ormai alle porte (inizierà il 1o settembre 2024 e terminerà il 31 gennaio 2025), si terrà come previsto. Solo i ricorsi, quindi, potrebbero perturbarla. Ma se lo faranno, e in quale misura, non è dato sapere.
Le organizzazioni per la protezione degli animali e della natura respingono la proposta di revisione. Per la Protezione svizzera degli animali, “renderebbe il lupo praticamente cacciabile e indebolirebbe notevolmente la protezione del castoro”. In una nota congiunta, Pro Natura, Wwf, Gruppo Lupo e BirdLife affermano di non opporsi “alla regolamentazione proattiva dei lupi che potrebbero causare danni significativi”. Ritengono però che i lupi possano essere abbattuti preventivamente solo a “condizioni rigorose”. “Un valore soglia di dodici branchi e la suddivisione del Paese in cinque regioni di regolazione violano la Costituzione federale, la legge sulla caccia, la Convenzione di Berna e la Convenzione delle Alpi”, afferma il Gruppo Lupo Svizzera, secondo cui “l’abbattimento di interi branchi potrebbe portare allo sterminio dei lupi a livello regionale”.
I responsabili cantonali dell’agricoltura, invece, considerano la regolazione proattiva come una base per la coesistenza tra fauna selvatica protetta e agricoltura. Per la Conferenza dei direttori cantonali dell’agricoltura (Cdca), le popolazioni di lupi sono diventate “incontrollabili”. La Cdca chiede “modifiche fondamentali” in materia di protezione delle greggi e un approccio a livello di azienda con piani di protezione individuali quali “presupposto per la concessione del contributo supplementare per l’estivazione”.
Tra i cantoni i pareri divergono. Berna, Basilea Città, Basilea Campagna, Zurigo e Turgovia criticano i piani di Rösti. Il ‘Blick’ ha riassunto la loro argomentazione principale: l’obiettivo prefissato della regolazione (non più di 12 branchi a livello nazionale) è chiaramente al di sotto della soglia (20-25) raccomandata dagli esperti e in contrasto con la Costituzione federale, la legge e lo statuto di animale protetto sancito dalla Convenzione di Berna.
Direttamente interessati, i cantoni di montagna accolgono nel complesso in maniera positiva la proposta del Datec. Alcuni però vorrebbero adeguamenti più o meno importanti. Dal Ticino giunge la richiesta di una “rielaborazione sostanziale”. Nella sua presa di posizione, il Consiglio di Stato ticinese chiede in particolare che si possa intervenire “su tutti i membri del branco, con eccezione della coppia dominante, e non solo dei piccoli nati durante l’anno corrente”. Inoltre: le soglie di animali predati per entrare in materia su una regolazione proattiva dovrebbero essere calcolate su un periodo di quattro mesi e non solo durante il periodo alpestre; l’aiuto finanziario di Berna dovrebbe essere “più consistente”, anche per quanto riguarda la gestione dei branchi transfrontalieri che “generano un lavoro del tutto paragonabile a quello svolto sugli altri branchi”; la Confederazione dovrebbe farsi carico dell’80% dello stipendio del pastore che si occupa di greggi di una certa dimensione; e non dovrebbe delegare ai Cantoni l’intero programma relativo ai cani da protezione.
L’ordinanza stabilisce che i cantoni possono regolare preventivamente le popolazioni di lupi ogni anno dal 1° settembre al 31 gennaio. Vanno però soddisfatte determinate condizioni; e l’Ufam deve approvare le richieste cantonali. Lo stesso vale per le colonie di stambecchi. In estate, invece, i cantoni possono ancora regolamentare – previo nullaosta di Berna – i branchi di lupi. Ma lo possono fare solo in modo reattivo, ossia dopo che questi hanno causato danni. Per abbattere singoli esemplari che rappresentano una minaccia per l’uomo non è per contro necessario ricevere l’ok delle autorità federali. La revisione mira inoltre a disciplinare più chiaramente la prevenzione e il risarcimento dei danni. Tra questi, quelli causati dai grandi carnivori agli animali da reddito e dai castori alle infrastrutture. L’entrata in vigore definitiva dell’ordinanza è prevista per il 1o febbraio 2025.