Pubblicato il 20esimo rapporto dell’‘Osservatorio’. Nel 2023 immigrazione record dall’Ue, a tutto vantaggio dell’occupazione
Nel 2023 l'immigrazione dai Paesi dell'Ue ha raggiunto livelli record in Svizzera. Ciò si inserisce in un contesto di crescita dell'occupazione e di basso tasso di disoccupazione. Inoltre, contribuisce a compensare gli effetti dell'invecchiamento della popolazione. È quanto emerge dal 20esimo rapporto dell'Osservatorio della libera circolazione tra Svizzera e Unione europea pubblicato oggi dalla Segreteria di Stato dell'economia (Seco).
L'anno scorso 68'000 persone provenienti dai Paesi dell'UE/Associazione europea di libero scambio (AELS) sono immigrate in Svizzera, indica la Seco. Si tratta del 29% in più rispetto all'anno precedente. Solo nel 2008, al culmine di una fase di forte crescita economica poco prima dello scoppio della crisi finanziaria ed economica, la libera circolazione ha raggiunto un valore più elevato, facendo registrare un saldo migratorio (la differenza fra persone immigrate ed emigrate) relativo allo spazio UE/AELS di 72’100 persone.
Nell’anno di riferimento 2023 – anche a causa della guerra in Ucraina – il saldo migratorio netto complessivo in Svizzera ha raggiunto un massimo storico. Secondo i dati provvisori dell’Ufficio federale di statistica disponibili al momento, il saldo tra immigrazione ed emigrazione relativo alla popolazione residente si attesta a 142’300 persone, rispetto alle 68’800 dell’anno precedente (+107%). L’immigrazione straordinariamente elevata ha accelerato notevolmente la crescita della popolazione. A fine dicembre 2023, la popolazione residente permanente della Svizzera era di 8’960’800 persone, rispetto agli 8’815’400 dell’anno precedente (+145mila persone; +1,6%; anche queste cifre sono provvisorie). Una crescita così forte non si registrava dall’inizio degli anni 60 del secolo scorso, si legge nel rapporto. L’incremento è ascrivibile quasi del tutto all’immigrazione, mentre la naturale crescita demografica, ovvero l’incremento naturale, vi ha contribuito solo per il cinque per cento. Nel 2023, la popolazione straniera residente ha raggiunto i 2,4 milioni di persone, pari al 27% della popolazione.
Tornando all’immigrazione dalla zona Ue/Aels, i principali Paesi di provenienza sono la Germania (21%), la Francia (16%) e l'Italia (15%): insieme rappresentano più della metà di tutta l'immigrazione. Questa classifica è cambiata costantemente nel corso degli anni, secondo la Seco, la quale osserva che "la situazione economica della regione UE/AELS ha avuto un'influenza significativa" sulla sua composizione. "Questa correlazione sembra essere confermata ancora una volta" nel caso della Germania, aggiunge la Seco: l'immigrazione dall'altra sponda del Reno è infatti "particolarmente aumentata nel 2023 (...) in un contesto di debole sviluppo economico in Germania". Ciò vale anche per la Svizzera, dove la crescita dell'occupazione ha "nettamente superato" la media dell'UE negli ultimi 20 anni. Anche nel 2023 la crescita è stata solida, mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello più basso dal 2001.
Dal canto suo, il potenziale interno è stato ben sfruttato. La Seco sottolinea che la popolazione svizzera in età lavorativa è cresciuta solo leggermente negli ultimi vent'anni, a causa dell'invecchiamento demografico. Inoltre, è già ben integrata nel mercato del lavoro e ha un alto tasso d'attività.
In Svizzera, c'è poco margine di manovra rispetto ad altri Paesi comparabili come l'Austria, il Belgio e i Paesi Bassi. In questi ultimi due Paesi, ad esempio, il calo della disoccupazione e "lo sviluppo di un potenziale non sfruttato" hanno favorito l'impiego di lavoratori indigeni, osserva la Seco.
Il rapporto sottolinea anche che gran parte degli europei che lavorano in Svizzera sono altamente qualificati. Molti di loro svolgono "attività impegnative in settori economici in rapida crescita, come i servizi specializzati, scientifici e tecnici, l'informazione e la comunicazione o la sanità".
Ma l'economia svizzera dipende anche dal reclutamento di immigrati dall'UE per occupare posti di lavoro meno qualificati, soprattutto nei settori alberghiero e della ristorazione, nonché nell'edilizia e nell'industria. Per la Seco, questa situazione può essere vista come "un vantaggio, se non un privilegio" per la Svizzera dal punto di vista del mercato del lavoro.
Tuttavia, la Segreteria di Stato dell'economia non nasconde che gli alti livelli di migrazione a lungo termine "comportano anche delle sfide. I dibattiti appassionati e contraddittori sulla questione del rapporto costi/benefici dell'immigrazione per la società nel suo complesso, che si stanno svolgendo anche in altri grandi Paesi di immigrazione netta, lo testimoniano", viene precisato nelle conclusioni del rapporto.
La segretaria di Stato Helene Budliger Artieda ha dichiarato in una conferenza stampa a Berna che in Svizzera sono riprese le discussioni sulla limitazione dell'immigrazione. Facendo riferimento all'esempio del Regno Unito, ha tuttavia rilevato che la fine della libera circolazione delle persone dopo la Brexit non ha portato a un calo generale dell'immigrazione.
Questa opinione è condivisa dai partner sociali. Il capo dell'Unione svizzera degli imprenditori (USI), Roland Müller, ha messo in risalto il costo della penuria di manodopera per le imprese. "L'analisi dimostra ancora una volta che l'immigrazione dall'UE e dall'AELS è un importante pilastro della prosperità della Svizzera", ha affermato, mettendo in guardia dall'accettare l'iniziativa sulla neutralità dell'UDC.
Dal canto suo, il capoeconomista dell'Unione sindacale svizzera (USS) Daniel Lampart ha insistito sul fatto che i sistemi a "punti", come in Canada, o i sistemi di quote non sono migliori della libera circolazione delle persone accompagnata da misure di accompagnamento.