Svizzera

Livia Leu da Segretaria di Stato ad ambasciatrice a Berlino

Caponegoziatrice con l'Ue dal 2020, prenderà il posto di Paul Seger dall'autunno. La richiesta di trasferimento è stata avanzata da lei stessa

(Keystone)
10 maggio 2023
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La Segretaria di Stato agli Affari esteri Livia Leu se ne va di sua iniziativa, lasciando il posto di caponegoziatrice con l’Unione europea. La diplomatica 62enne – che questo autunno sostituirà l’ambasciatore a Berlino Paul Seger, pronto alla pensione – giura: le sue dimissioni “non sono un segnale negativo", non sono state forzate da nessuno, i rapporti con il capo del Dipartimento federale degli affari esteri Ignazio Cassis sono distesi, e le trattative con Bruxelles potranno benissimo andare avanti anche senza di lei, anche perché “i colloqui esplorativi e i negoziati non sono la stessa cosa” e “siamo abituati a cambiare regolarmente le persone in diplomazia”. Anche il Consiglio federale assicura che “i colloqui con l’Ue non saranno influenzati”.

Sarà, però va pur notato che il dossier europeo – composto da pagine spinose quali quelle sul lavoro, l’accesso ai mercati, la sovranità giudiziaria, la ricerca universitaria – ha già visto passare una lunga serie di negoziatori: Yves Rossier, Jacques de Watteville, Pascale Baeriswyl e Roberto Balzaretti. E Leu lascia dopo appena tre anni (era stata nominata nell’ottobre 2020) e proprio alla fine del primo tempo, dopo colloqui esplorativi che ammette non essere stati “una passeggiata domenicale” e mentre il Consiglio federale ne promette la conclusione entro fine giugno (quando Leu, almeno nominalmente, sarà ancora in carica). In autunno dovrebbe infatti iniziare un mandato negoziale vero e proprio, con l'Ue che vuole chiudere la questione entro il 2024.

La politica brontola

Le dimissioni, e in particolare la loro tempistica, non sono piaciute soprattutto alla sinistra. Irritato il capogruppo alle Camere del Ps Roger Nordmann, stando al quale giungono in un brutto momento. Il vodese ha parlato di grave battuta d'arresto per il Dfae. Per di più, ha sottolineato, l'offensiva comunicativa dei servizi di Ignazio Cassis – secondo cui sarebbero stati compiuti grandi progressi nei colloqui con l'Ue – "è svanita nel nulla". Sorpresa e disappunto sono stati manifestati anche dal presidente dei Verdi Balthasar Glättli, che ritiene si tratti di una decisione personale di cui però è responsabile il governo. Leu non si è mai sottratta al lavoro e probabilmente sarebbe rimasta in carica se avesse avuto un sostegno sufficiente dal Consiglio federale, ha commentato il consigliere nazionale zurighese. Rammaricati pure i Verdi liberali.

Alla Rsi, il presidente dell’Udc Marco Chiesa ha detto di temere che la partenza di una diplomatica determinata come Leu conduca a maggiori concessioni all’Ue, “soprattutto su punti che per me non sono assolutamente negoziabili”. Anche il consigliere nazionale del Centro Marco Romano si è detto preoccupato per l’ennesimo cambiamento alla guida dei negoziati. Di “momento molto delicato” ha parlato anche il suo compagno di partito e presidente della Commissione della politica estera agli Stati Pirmin Bischof.

Toni diversi in casa Plr. L'addio di Leu, ha sostenuto il capogruppo parlamentare Damien Cottier, ha senso, in quanto ormai i colloqui esplorativi stanno finendo. È comprensibile che la diretta interessata cerchi una nuova sfida, ha fatto notare il neocastellano, secondo cui la diplomatica classe 1961 ha svolto un buon lavoro in tempi difficili. Il cambio al vertice non influirà sulla politica europea del Consiglio federale, ha invece indicato il portavoce del partito Marco Wölfli.

Si cerca il sostituto

Da parte sua, il Consiglio federale ricorda che “i colloqui esplorativi sono progrediti in maniera tale da permettere al Consiglio federale, alla fine del prossimo mese di giugno, di decidere sui punti chiave di un mandato negoziale con l’Ue”. Ora starà a una commissione ad hoc individuare un successore: il nome che circola con più insistenza è quello di Alexandre Fasel, incaricato speciale per la diplomazia scientifica a Ginevra. Resta comunque da capire chi vorrà accettare un cerino che pare aver scottato le dita a più d’un navigato diplomatico.

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