CORONAVIRUS

Case per anziani, le sfide in un rapporto

Uno studio nazionale sollecita più risorse e formazione

(Ti-Press)
9 gennaio 2023
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La pandemia ha portato alla luce alcuni problemi strutturali presso le case di cura e per anziani. È quanto emerge da un’analisi condotta a livello nazionale da un comitato di esperti su richiesta della task force scientifica Covid-19. Le debolezze rivelate dall’irruzione del virus, sottolineano però gli esperti, sono “strutturali e note da anni a chi si occupa di assistenza a lungo termine”, e permettono di identificare le sfide future di un settore al quale si richiedono sempre più prestazioni e competenze. Gli autori evidenziano anzitutto un’insufficiente integrazione delle case – che a livello nazionale ospitano oltre 150mila persone – nella più ampia filiera di assistenza medica, col risultato che non sempre è semplice garantire un rapido ed efficace coordinamento con i medici curanti, gli ospedali e i pronto soccorso. La comunicazione interprofessionale e interistituzionale avverrebbe insomma “in modo estremamente complicato e obsoleto". A complicare il tutto sarebbe anche la carenza di personale, sottoposto a carichi di lavoro onerosi e spesso poco formato in aree che la pandemia ha rivelato sempre più critiche: epidemiologia, prevenzione delle infezioni, ma anche etica, pianificazione delle cure anticipate e cure palliative. L’analisi ha portato a diverse raccomandazioni che sono state indirizzate ai responsabili di settore a livello federale e cantonale. In particolare si suggerisce di ampliare la formazione e la disponibilità di personale, prevedendo adeguate risorse finanziarie.

Curaviva: ’Scelta politica’

Le associazioni di categoria dei fornitori di servizi per persone anziane e bisognose di assistenza (Curaviva e Artiset) hanno condiviso le conclusioni e sollecitato l’adozione di misure urgenti per la realizzazione dei correttivi suggeriti. Il rappresentante per il Ticino di Curaviva, Roberto Perucchi, sottolinea: «Quella che emerge è la crescente complessità delle sfide che strutture come le case per anziani devono affrontare, anche in ragione delle crescenti aspettative di ospiti e famigliari. Negli ultimi decenni abbiamo assistito nel nostro cantone a un crescente potenziamento del personale e dei servizi offerti, ma è chiaro che se si intende ampliare ad esempio l’assistenza medica in sede, per interfacciarsi al meglio con il resto della rete sanitaria, occorrerebbe prevedere un certo numero di medici ‘interni’: un costo aggiuntivo che può essere solo la politica a decidere nei suoi livelli istituzionali». Secondo Perucchi «lo stesso vale per le risorse aggiuntive che si decidessero di destinare a formazioni più specifiche. D’altro canto, è chiaro che una casa di cura non è un ospedale: occorre trovare il giusto equilibrio tra la dimensione della cura medico-assistenziale e il suo essere anzitutto un luogo di vita e di socializzazione. Penso che questo studio possa fornire un contributo a un dibattito che comunque, lo ribadisco, va condiviso e risolto in sede politica”.

UNIVERSITÀ DI BASILEA

Negli ospedali affollati si muore di più

Berna – Quando l’occupazione e il conseguente carico di lavoro degli ospedali aumentano, cresce anche la mortalità dei pazienti e ciò – in alcuni casi – ancora prima che le attività raggiungano il limite massimo. Lo rivela uno studio dell’Università di Basilea. Un team di ricercatori ha studiato i dati riguardanti 1,2 milioni di pazienti di 102 ospedali svizzeri. L’obiettivo era quello di determinare il tasso di mortalità nell’arco di 14 giorni in funzione dell’occupazione dei letti. I risultati mostrano che la mortalità aumenta di circa il 2% al giorno una volta superata una certa soglia di occupazione. Questa soglia varia tuttavia da ospedale a ospedale, e può andare dal 42,1% al 95,9% dell’occupazione massima. A questo proposito le dimensioni dell’istituto sono determinanti: nei piccoli ospedali, la mortalità aumenta a partire da un tasso di occupazione di circa il 60%. Nei grandi ospedali, la soglia è del 90%.

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