La ‘cosa pubblica’ riscuote interesse fra i giovanissimi, ma diversi ostacoli impediscono una maggiore partecipazione
In Svizzera fra i giovani si impegnano in politica soprattutto coloro che si sentono ascoltati e presi sul serio. Con l’avanzare dell’età, l’impegno tendenzialmente aumenta e sembra maggiore nelle città rispetto alle campagne. Sono questi a grandi linee i risultati emersi da uno studio commissionato dalla Commissione federale per l’infanzia e la gioventù.
I temi che stanno più a cuore ai giovani sono quelli che ruotano attorno ai cambiamenti climatici, al razzismo e alla parità di genere. "I giovani d’oggi hanno un vero interesse per le sfide collettive", ha detto in conferenza stampa Sami Kanaan, presidente della Commissione.
Il presunto disinteresse per la politica è falso, ma diversi ostacoli impediscono una maggiore partecipazione, secondo la ricerca effettuata dall’Alta scuola zurighese delle scienze applicate in collaborazione con l’Alta scuola delle opere sociali del Vallese e la Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (Supsi).
Secondo quanto pubblicato oggi, l’impegno politico dipende da diversi fattori come sesso e istruzione: più è alto il grado di formazione e più si partecipa alla vita politica, e le ragazze sono più coinvolte dei ragazzi. Anche il limite d’età di 18 anni è spesso citato dai giovani come ostacolo alla partecipazione. Dallo studio emerge inoltre che i giovani con passaporto svizzero risultano più implicati rispetto agli stranieri.
La partecipazione cosiddetta convenzionale, ovvero votazioni ed elezioni, è la più utilizzata da ragazze e ragazzi. Se la proporzione di votanti resta bassa, questo non impedisce di interessarsi agli argomenti e discuterne al lavoro, a scuola o in famiglia.
La politica vissuta online e in particolare tramite social media si piazza al secondo posto. Il dibattito su Internet è fondamentale per i giovani, che si dicono però coscienti che ciò non è sufficiente a sostituire il formato fisico. La principale sfida digitale è quella della polarizzazione, sottolinea Sami Kanaan. Meno diffuse ma comunque presenti sono anche forme di azione come manifestazioni non autorizzate, disobbedienza civile o coinvolgimento in movimenti sociali.
Secondo Kanaan c’è un doppio lavoro da fare: bisogna motivare i giovani, ma anche sensibilizzare la società e gli adulti a prendere i ragazzi sul serio e ascoltarli "senza paternalismi". A partire dai risultati dello studio, che ha coinvolto giovani fra 12 e 27 anni, la Commissione formulerà una serie di raccomandazioni indirizzate alle autorità all’inizio del prossimo anno. La scuola ha un ruolo importante nell’educazione dei cittadini, ma non è sufficiente.