È quanto rivela Comparis che, nella sua indagine, mostra anche come il divario con le altre regioni linguistiche stia sensibilmente calando
Il Ticino resta la zona della Svizzera che soffre maggiormente per l’aumento dell’inflazione, ma il divario con le altre regioni linguistiche sta sensibilmente calando: è l’indicazione forse più interessante che emerge da un’indagine di Comparis, che insieme al Centro di ricerca congiunturale del Politecnico federale di Zurigo (Kof) calcola un indice dei prezzi al consumo in grado di mostrare il rincaro veramente percepito.
Il dato in questione considera esclusivamente l’andamento dei prezzi dei beni consumati regolarmente dalla popolazione, rimuovendo i fattori di contenimento dell’inflazione come gli affitti o i beni durevoli, spiega la società di confronti in internet Comparis in un comunicato odierno. Quanto emerge si discosta quindi dal rincaro ufficiale che viene calcolato dall’Ufficio federale di statistica e che fa stato in numerosissime situazioni (per esempio nell’adeguamento di rendite, pigioni, alimenti).
L’indice dei prezzi al consumo elaborato secondo la metodologia Comparis/Kof mostra in ottobre una progressione annua del 3,2% a livello nazionale. Il dato è da mettere in relazione con l’indice dei prezzi al consumo dell’Ufficio federale di statistica, che fa stato di un incremento del +3,0%. In confronto a settembre entrambi gli indici sono rimasti fermi.
"Dopo due mesi di lieve calo dell’inflazione, in ottobre il rincaro si è stabilizzato oltre il 3%", osserva Michael Kuhn, esperto Comparis in finanze, citato nella nota. "Tuttavia la popolazione è preoccupata per le proprie finanze, soprattutto a causa dell’aumento medio dei premi di cassa malati del 6,6% annunciato per il 2023", ricorda l’esperto, che fa anche riferimento a un recente sondaggio: una persona su tre in Svizzera si aspetta un peggioramento della propria situazione finanziaria rispetto all’anno precedente.
Tornando all’inflazione, a essere salito in ottobre – rispetto allo stesso mese del 2021 – è in particolare il costo di nove prodotti tipici della colazione, con una progressione in media del 5,5%. La popolazione deve spendere molto di più per burro (+10,7%), margarina, grassi e oli commestibili (+8,9%), caffè (+7,0%), latte, formaggio e uova (+5,9%), nonché tè (+3,4%).
Nel confronto con il 2000 la spesa per il primo pasto della giornata è salita di oltre l’11%. "Da anni i prezzi dei prodotti tipici per la colazione crescono più di quelli dell’intero paniere: questi aumenti pesano soprattutto sui bilanci delle famiglie a basso reddito", osserva Kuhn.
Ma a salire in modo vertiginoso sono soprattutto i prezzi dell’energia per il riscaldamento (gas, olio combustibile, legna da ardere e teleriscaldamento): +9% su settembre, +56% su base annua e +203% dal 2000. "In ottobre, in particolare, l’olio combustibile ha subito un forte rincaro, annullando così il leggero calo registrato in settembre", afferma Kuhn.
Il rincaro ha colpito soprattutto le coppie over 65 senza figli, che attualmente percepiscono un tasso del 3,6% rispetto all’anno scorso. Si sta invece pian piano uniformando l’inflazione percepita fra le varie regioni linguistiche: in ottobre l’indice dei prezzi al consumo si è attestato nella Svizzera italiana a 105,3 punti, un livello di poco superiore ai 105,0 punti della Svizzera tedesca e della Romandia. L’inflazione percepita in Ticino si è così attestata al 3,2%, contro il 3,1% delle altre due principali zone del Paese.