Svizzera

Lavoro e permessi S, le aziende vogliono più sicurezze

Il 56% degli imprenditori ha mostrato interesse ad assumere profughi ucraini, il 10% già l’ha fatto. Ma servirebbero maggiori garanzie

Sugli oltre 60mila accolti in Svizzera, 33mila sono in età lavorativa
(Keystone)
18 agosto 2022
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Gli imprenditori svizzeri vogliono poter pianificare con più sicurezza l’assunzione di rifugiati ucraini. La durata limitata dello statuto S è a volte problematica. E anche gli Uffici regionali di collocamento (Urc) dovrebbero fare di più.

Richieste in tal senso sono state avanzate oggi dall’Unione svizzera degli imprenditori (Usi), che in una conferenza stampa a Berna ha presentato come base delle rivendicazioni un sondaggio rappresentativo condotto dall’istituto di ricerca Sotomo presso le aziende elvetiche.

Il 56% degli imprenditori ha mostrato interesse per l’assunzione dei profughi ucraini. Il 10% ha già compiuto questo passo e in gran parte si è detto soddisfatto delle prestazioni delle persone assunte.

Oltre alla solidarietà, un terzo delle aziende interpellate ha citato fra i motivi per ingaggiare i rifugiati anche la carenza di manodopera e di lavoratori qualificati. Sovente gli ucraini hanno inoltre una buona formazione.

La lingua è l’ostacolo più importante

L’indagine di Sotomo ha pure identificato i motivi che rendono difficoltosa l’occupazione dei profughi. La padronanza linguistica insufficiente è la più importante, soprattutto nell’industria alberghiera e della ristorazione, ma anche nei settori dell’assistenza sociale e sanitaria.

Tuttavia sono proprio questi i rami che hanno il maggior bisogno di personale, afferma l’Unione degli imprenditori. Il 62% delle aziende chiede quindi a Confederazione e Cantoni di intensificare gli sforzi per offrire corsi di lingua.

Serve una prospettiva a lungo termine

Un altro motivo di preoccupazione è il diritto di soggiorno limitato a un anno garantito dallo statuto S: per i primi rifugiati giunti dall’Ucraina esso scadrà tra sei mesi, nota l’Usi. L’81% degli imprenditori che hanno già assunto rifugiati ucraini vedrebbe perciò di buon occhio un’estensione del diritto di soggiorno.

"Una prospettiva a lungo termine (...) incoraggerebbe le aziende a promuovere ulteriormente o addirittura a intensificare l’integrazione attraverso stage e apprendistati", ha dichiarato il presidente dell’Usi Valentin Vogt, citato in un comunicato.

Un bacino di forza lavoro consistente

Secondo l’associazione dei datori di lavoro i profughi ucraini costituiscono un bacino di forza lavoro da non sottovalutare: sugli oltre 60’000 registrati in Svizzera, 33’000 sono in età lavorativa. In base ai dati della Segreteria di Stato della migrazione (Sem), il 10% di loro lavora.

Il sondaggio di Sotomo rileva poi che un’azienda su tre auspica un ruolo più attivo degli Uffici regionali nel collocamento delle persone con lo statuto di protezione S. È infatti estremamente difficile per gli imprenditori raggiungere direttamente i rifugiati. E le responsabilità decentrate e su piccola scala rendono tutto ancora più difficile.

L’indagine ha anche rivelato che spesso i profughi non conoscono il mercato del lavoro svizzero. Gli Urc dovrebbero quindi fornire loro un maggiore aiuto in questo senso.

Sotomo ha intervistato 367 aziende con cinque o più dipendenti nella Svizzera tedesca e francese tra il 18 e il 25 luglio. L’indagine è ponderata in base alle dimensioni dell’azienda.

L’USI è l’organizzazione mantello che riunisce circa 90 associazioni padronali regionali o settoriali e singole aziende. In totale, rappresenta circa 100’000 imprese con un totale di due milioni di dipendenti.

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