Svizzera

Giovani e lavoro, poco interesse per carriera e impieghi al 100%

Più tempo libero e meno responsabilità prevalgono rispetto alle opportunità di carriera, la motivazione e soddisfazione personale sulla fedeltà aziendale

(Keystone)
25 luglio 2022
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Le aziende elvetiche sono alle prese con nuove sfide sul fronte del reclutamento del personale: i giovani che si affacciano sul mercato del lavoro sembrano avere scarsa voglia di fare carriera e di essere attivi a tempo pieno, emerge da un’indagine pubblicata da 20 Minuten.

Per le imprese la situazione è nuova, spiega alla testata zurighese Diana Gutjahr, membro del comitato esecutivo dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam), che con il marito gestisce l’azienda di costruzioni in acciaio e metallo Ernst Fischer. Vi sono per esempio molte candidature di giovani, soprattutto per lavori d’ufficio, per i quali un carico di lavoro al 100% è fuori questione.

In particolare i laureati chiedono molto tempo libero e poche responsabilità nell’azienda: spesso la carriera professionale non appare più essere un obiettivo. "Gli studenti dovrebbero però assumere posizioni di dirigenza, è per questo che hanno studiato", sostiene Gutjahr. "Dovrebbero essere dei modelli e ridare qualcosa alla società". Poiché i corsi di studio costano così poco solo in quanto finanziati dai contribuenti.

Molti laureati non sono inoltre pronti a lavorare nei fine settimana: ma bisogna realizzare i progetti quando i clienti lo richiedono, osserva l’imprenditrice. In fin dei conti sono questi ultimi a pagare lo stipendio. Allo stesso modo, le richieste salariali di quella che a volte viene chiamata generazione Z sono talvolta utopistiche. "Molti giovani leggono sui giornali quanto si guadagna nel ramo dell’insegnamento o nel settore finanziario e poi chiedono stipendi altrettanto elevati", afferma Gutjahr. Ma le piccole e medie imprese (PMI) spesso non sono in grado di versare queste buste paga.

Secondo l’intervistata vi sono anche buone ragioni per il lavoro a tempo parziale, come il proseguimento degli studi, un incarico in politica o la prole da accudire. "Ma per la maggior parte dei ventenni non c’è una buona ragione per non lavorare a tempo pieno". Gli impieghi a tempo parziale sono molto richiesti, soprattutto quando le persone possono permetterseli a causa dei salari elevati, come nel caso dell’insegnamento. Questo non vale solo per i giovani, ma per tutte le generazioni. Il lavoro part-time non è invece un tema per gli artigiani e per chi lavora sui cantieri, mestieri in cui non si può stare in ufficio. C’è anche un aspetto fiscale: "Purtroppo in diversi rami è più redditizio non lavorare a tempo pieno, anche per via delle tasse", osserva Gutjahr.

Che qualcosa stia cambiando lo confermano anche gli specialisti. "Attualmente nelle aziende si scontrano diverse concezioni di ruolo e valori", spiega a 20 Minuten l’esperta di risorse umane Gabriela Böcker-Flamm dell’agenzia di comunicazione Mediacom. L’equilibrio tra lavoro e vita privata (work-life balance) gioca un ruolo enormemente importante, gli "stacanovisti" sono completamente out. Le aspirazioni di carriera passano in secondo piano. Per la generazione Z in primo piano vi sono compiti sensati, con opportunità di sviluppo, importanti sono equità e apprezzamento, nonché una buona retribuzione".

I giovani hanno bisogno di vedere uno scopo e avere la sensazione di rendere il mondo migliore con il loro lavoro. "L’azienda deve rappresentare qualcosa. Scopo e sostenibilità sono più importanti che mai. Parallelamente, il lavoro deve offrire spazi di sviluppo", afferma Böcker-Flamm. La fedeltà aziendale non viene invece considerata importante. "I giovani cambiano lavoro rapidamente se l’impiego e l’impresa non vengono considerati adatti". La cosa peggiore, per gli esponenti della generazione Z, è quando si accorgono che la ditta in cui operano non è ai massimi livelli tecnologici, che il cambiamento digitale non è ancora comune e che i dipendenti più importanti non sono ancora arrivati nel mondo digitale.

Inoltre i giovani vogliono agire su loro stessi, essere coinvolti nel processo lavorativo e percepire una chiara leadership. Questo include feedback, elogi e critiche regolari. Per i dirigenti questo è molto impegnativo. "Devono essere attenti, conoscere e capire i loro dipendenti, promuovere i loro punti di forza e il loro potenziale di sviluppo, per poi motivarli individualmente".

Anche presso la Posta si osserva che "i giovani hanno una concezione diversa del lavoro" rispetto alle generazioni precedenti. "L’impiego deve avere un senso per loro; i superiori e il team devono essere stimolanti, gli orari di lavoro e le forme flessibili", indica un portavoce a 20 Minuten. Il Gigante giallo vuole adattarsi a queste esigenze e per questo si sta concentrando, tra le altre cose, su modelli flessibili, sul telelavoro, sull’impiego a tempo parziale e sul job sharing. La generazione Z dominerà infatti il mercato dell’impiego tra cinque o dieci anni.

Le stesse osservazioni vengono fatte da Swisscom, dove i giovani chiedono spesso anche il lavoro a tempo parziale, gerarchie piatte e poter agire da casa. La società risponde a queste esigenze, per esempio offrendo la possibilità di acquisire fino a dieci giorni di vacanza aggiuntivi. L’impresa pubblicizza inoltre posti di lavoro al 60-100% ogni volta che è possibile.

"Le esigenze della generazione Z vengono percepite dalle aziende e sono prese sul serio", afferma Andy Müller, portavoce dell’Unione svizzera degli imprenditori, in dichiarazioni riportate dallo stesso media d’Oltralpe. Sempre più in discussione sono temi come la leadership condivisa, la settimana di quattro giorni o la "workation" (parola che fa la sintesi fra work e vacation, cioè tra lavoro e vacanze: una sorta di telelavoro, ma non dall’ufficio di casa, bensì dalla spiaggia o dalla montagna). A causa della carenza di lavoratori qualificati, le aziende sono sempre più disposte a offrire ai propri dipendenti forme di lavoro più flessibili.

"I modelli di lavoro più flessibili hanno però i loro limiti", mette in guardia Müller. In alcuni settori, come l’industria o il commercio al dettaglio, non è possibile operare senza orari di presenza fissi. Il telelavoro e le ferie possono inoltre portare a un aumento della pressione sui dipendenti fisicamente presenti. "In ultima analisi, tuttavia, ogni azienda deve decidere da sola se e come sia possibile adottare modelli più flessibili", conclude l’addetto stampa.

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