Lo ha ribadito il Tribunale federale, confermando quanto aveva statuito il Tribunale amministrativo bernese sul caso di Kathrin Bertschy
La partecipazione a una attività parlamentare implica automaticamente la fine delle indennità di maternità. Lo ha deciso il Tribunale federale (Tf), chiamato a esprimersi sul caso della consigliera nazionale Kathrin Bertschy (Pvl/Be).
La bernese, che lavora come indipendente, a fine 2018 aveva dato alla luce una figlia. Con l’inizio della sessione primaverile delle Camere federali, il 4 marzo seguente, Bertschy aveva ripreso a partecipare attivamente alle sedute parlamentari. Essendo il mandato parlamentare retribuito, la competente cassa di compensazione ha interrotto il versamento delle indennità di maternità. Una decisione confermata in seguito dal Tribunale amministrativo del Canton Berna e, appunto, ora anche dal Tf.
Secondo la Legge sulle indennità di perdita di guadagno (Lipg), ricordano i giudici di Mon Repos, le donne hanno diritto all’indennità per 14 settimane dopo aver partorito. Questo diritto si estingue però anticipatamente se la madre riprende un’attività lucrativa.
Ai sensi della Lipg, l’esercizio di un mandato in seno al Consiglio nazionale è considerato attività lucrativa. La retribuzione dei membri del Parlamento è infatti considerata reddito soggetto a contributi Avs, ricorda il Tf. Nel calcolare le indennità di maternità della deputata verde-liberale è stato del resto tenuto conto del soldo ottenuto come parlamentare. Il fatto che l’ottenimento di un reddito non sia generalmente l’obiettivo principale di una consigliera nazionale non cambia le cose.
I giudici hanno anche escluso la ripresa dei versamenti al termine dei lavori parlamentari, il 31 marzo 2019: la legge precisa chiaramente che l’indennità è versata "per 98 giorni consecutivi", sottolinea il tribunale. Insomma, "dura lex sed lex".
In una presa di posizione, Alliance F, organismo che riunisce oltre un centinaio di organizzazioni femminili svizzere, critica fortemente il fatto che le parlamentari siano costrette a scegliere tra i loro diritti politici e il loro reddito, e ciò unicamente perché sono diventate madri. L’associazione, peraltro co-presieduta dalla stessa Kathrin Bertschy (l’altra co-presidente è l’ecologista di Basilea Campagna Maya Graf), esige una rapida modifica di legge per correggere la situazione. Nel frattempo intende portare il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo.