Svizzera

Legge sui trapianti, ‘più organi per salvare più vite’

Il comitato che si batte a favore del consenso presunto, che sarà uno degli argomenti in votazione il 15 maggio, svela le sue carte

La ‘testimonial’ Michelle Hug
4 aprile 2022
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Pur continuando a garantire la volontarietà della donazione, la disponibilità di organi per le persone in attesa di un trapianto deve aumentare. Lo ha ribadito oggi a Berna, in sede di presentazione della campagna in vista della votazione del 15 maggio sul tema, un comitato interpartitico formato da rappresentanti di svariati schieramenti, da destra a sinistra.

Fra circa un mese e mezzo gli svizzeri saranno chiamati alle urne per esprimersi sulla modifica della legge sui trapianti. Essa vuole intervenire per risolvere il problema della penuria di organi. Nel 2021, sottolinea il comitato che sostiene tale revisione, erano 1’434 le persone sulla lista d’attesa. Ogni settimana, 1-2 pazienti muoiono attendendo l’intervento.

Cambio di paradigma

La modifica legislativa introduce il cosiddetto modello del consenso presunto. Con esso, chi non intende mettere a disposizione i propri organi dopo il proprio decesso deve dichiararlo esplicitamente. Oggi invece, contrariamente a quanto succede in diversi altri Paesi europei, in Svizzera vale il principio opposto: la donazione è possibile solo se l’interessato in vita si esprime a favore, ad esempio con una tessera di donatore o con il testamento biologico.

«La legge, su cui gli aventi diritto dovranno votare a seguito della riuscita di un referendum contrario, è sicura, chiara e permetterà di salvare più vite, assicurando a chi ne ha bisogno un organo in minor tempo rispetto a ora – affermano i membri del comitato –. La situazione attuale è inaccettabile», sottolinea il consigliere nazionale Marco Romano (Centro/Ti).

Secondo Romano, la carenza di organi «è difficilmente spiegabile, dato che i sondaggi illustrano un atteggiamento molto favorevole fra la popolazione: l’80% si dichiara d’accordo con le donazioni». Per il parlamentare, il problema è che non si pensa a mettere nero su bianco questo desiderio prima di morire, e solo un numero esiguo in fin dei conti comunica la propria volontà.

Fino a sette anni di attesa

«Si tratta di una soluzione pragmatica per soddisfare un’esigenza – dichiara dal canto suo la consigliera nazionale Flavia Wasserfallen (Ps/Be), copresidente del comitato insieme alla sua collega alla Camera del popolo Regine Sauter (Plr/Zh) –. In concreto, al momento il numero di organi disponibili nella Confederazione è pari a un terzo del numero di pazienti che li attendono in media quasi da un anno per cuore, polmoni o fegato e da circa tre anni per un rene. Alcune persone sono costrette addirittura ad aspettare fino a sette anni».

Per il direttore generale del Centro ospedaliero universitario vodese Philippe Eckert, questo lungo stand-by «si traduce spesso in un peggioramento della salute dei pazienti». Quando alla fine ricevono l’organo, capita che si trovino in fase terminale, il che causa ulteriore dolore e sofferenza.

Anche in futuro la donazione rimarrà comunque un atto volontario. I contrari potranno dichiararlo esplicitamente o informare i parenti. «Il modello del consenso presunto in senso lato non si traduce automaticamente in una donazione», tiene a precisare il consigliere nazionale Pierre-André Page (Udc/Fr). «L’idea è che con la modifica legislativa si farà più chiarezza su chi è intenzionato a donare gli organi e chi no, mentre l’intero processo resterà rigorosamente disciplinato e controllato».

Alleviare i familiari nel momento del lutto

La novità intende inoltre alleviare i familiari di un peso nel momento del lutto, poiché in generale sapranno già se il defunto non desidera donare gli organi. Oggi, invece, i parenti spesso non sono a conoscenza della volontà della persona deceduta e sono chiamati a prendere una decisione complicata in una circostanza già di per sé difficile.

Qualora si presentasse l’eventualità di una donazione, il personale sanitario cercherà il colloquio con i familiari, i quali possono «ancora rifiutare il prelievo di organi, tessuti o cellule se ritengono che ciò sia in linea con i desideri del defunto», afferma a tal proposito la consigliera nazionale Sauter. In caso di assenza di dichiarazioni dell’interessato e di impossibilità a contattare i suoi cari, la possibilità di procedere a un trapianto verrà abbandonata.

All’incontro con i media è intervenuta, fornendo la propria testimonianza anche Michelle Hug, una donna che dieci anni fa ha ricevuto un nuovo cuore. La 36enne ha sottolineato che il trapianto non solo le ha salvato la vita, ma le ha garantito un’esistenza di fatto normale, tanto da permetterle di «fare sport e lavorare al 100%».

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