L’ex capodivisione malattie trasmissibili dell’Ufsp ritiene che la Svizzera non dovrebbe seguire l’esempio dell’Austria passando alla regola 2G
Taluni Paesi come l’Austria hanno limitato l’accesso a certi luoghi, quali i ristoranti, alle sole persone vaccinate o guarite dal Covid-19. L’ex “mister coronavirus” della Confederazione Daniel Koch non è convinto che la Svizzera debba fare la stessa cosa.
“Meglio farsi vaccinare per convinzione che per obbligo. I fronti sono già abbastanza induriti”, ha spiegato al Nouvelliste l’ex capo della divisione delle malattie trasmissibili all’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP).
Koch ritiene che a breve termine i fronti non si muoveranno più. “La gran parte degli Svizzeri che desiderava farsi vaccinare l’ha fatto. La parte restante non lo farà per non perdere la faccia”, ha precisato. “Occorre dunque trovare soluzioni per far scendere la pressione tra i due campi”, ha aggiunto.
Interrogato sulle condizioni di revoca del certificato Covid, l’ex alto funzionario federale ha risposto che si tratta di una questione di natura politica e non epidemiologica.
Koch reputa inoltre che non occorra più fissarsi obiettivi in termini di tasso di vaccinazione ma piuttosto insistere sul fatto che il vaccino non consente di eliminare il virus, ma che evita la maggior parte dei ricoveri in ospedale e protegge da forme gravi della malattia. Quanto alla vaccinazione dei minori di 12 anni, per il momento Koch non ne vede la necessità, poiché vi sono poche forme gravi di malattia in questa fascia d’età.
Dal canto suo, in un’intervista ai giornali di CH Media, il direttore dell’Associazione medica mondiale (WMA) Frank Ulrich Montgomery ha dichiarato di non condividere questa opinione e chiede che la regola delle “2G” – ovvero limitare l’accesso a taluni luoghi alle sole persone vaccinate (geimpft) o guarite (genesen) – venga discussa in Svizzera.
A suo avviso, un certificato “2G” non deve essere introdotto su tutto il territorio ma in modo differenziato. Per il tedesco, ha senso introdurlo nel quartiere delle banche a Zurigo, ma molto meno sul praticello del Grütli.
Montgomery difende pure l’idea che la durata del certificato Covid venga valutata sulla base di criteri scientifici. La sua validità dovrebbe essere equivalente alla durata dell’immunità fornita dal vaccino. Se può essere scientificamente provato che si perde la protezione vaccinale completa dopo sei mesi, la validità del certificato deve terminare dopo questa scadenza, ha aggiunto. In Svizzera, il certificato è attualmente valido durante 12 mesi dopo la seconda iniezione.
Gli esperti della Confederazione hanno indicato questa settimana che un passaggio al certificato “2G” non si giustifica ancora in Svizzera.