La Piattaforma nazionale contro la povertà stila un bilancio. Le persone con bassi redditi risultano più vulnerabili anche sul piano sanitario e sociale.
In che misura la pandemia di Covid-19 ha aggravato la povertà e rafforzato le disparità socioeconomiche in Svizzera? A questa domanda hanno cercato di dare una risposta gli autori di un rapporto appena pubblicato dalla Piattaforma nazionale contro la povertà, che dalla primavera dello scorso anno monitora i progetti di ricerca sul tema. L’analisi evidenzia come la pandemia – e le misure disposte per farvi fronte, come le chiusure di molte attività – abbia in effetti accentuato le disparità socioeconomiche, almeno temporaneamente. In altre parole: sono state le persone con redditi bassi ad aver subito le perdite di reddito più pesanti (in termini relativi) e ad aver dovuto attingere più spesso ai propri risparmi.
Da questo primo bilancio dell’attività di monitoraggio (stato: fine luglio 2021) emerge “un quadro complesso”, scrive nella premessa Astrid Wütrich, videdirettrice dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali (Ufas). Ad esempio: era lecito attendersi un aumento dei beneficiari dell’aiuto sociale, eppure il loro numero è rimasto pressoché invariato. Almeno sin qui. Bisognerà vedere poi cosa succederà quando termineranno gli aiuti messi in campo da Confederazione, cantoni e comuni.
Il rapporto indica che, in media, le perdite subite sia dai salariati che dagli indipendenti in termini di reddito o di sostanza sono tanto più elevate quanto più queste risorse erano basse nel periodo pre-pandemia. La ragione principale è che le restrizioni anti-coronavirus hanno limitato l’esercizio dell’attività lavorativa in misura più marcata nelle fasce inferiori di reddito rispetto a quelle superiori. Le persone con redditi modesti si sono ritrovate più spesso in una situazione di lavoro ridotto e hanno potuto beneficiare meno del telelavoro, si legge nel rapporto. Nello stesso periodo, le spese delle economie domestiche più benestanti sono diminuite maggiormente – anche per le minori possibilità di consumo – rispetto a quelle delle economie domestiche meno abbienti.
Più arduo risulta capire l’impatto che la pandemia ha avuto sulla povertà. Quel che è certo è che la domanda di aiuti alimentari è fortemente aumentata. Ciò vale soprattutto per le persone con una situazione lavorativa irregolare (senza permesso di lavoro o con permesso di lavoro di breve durata), che hanno perso del tutto o in parte il loro reddito. Gli autori del rapporto menzionano in particolare i sans-papiers e le lavoratrici del sesso. “La pandemia – si legge nello studio – ha aggravato notevolmente condizioni di vita già precarie, soprattutto nel caso di persone e famiglie che in condizioni normali riescono a sbarcare il lunario, ma che non hanno diritto a prestazioni delle assicurazioni sociali né dell’aiuto sociale, o che non vi fanno ricorso”. Spesso queste persone hanno cercato di superare le difficoltà svolgendo lavori occasionali, vendendo beni personali oppure indebitandosi.
Il rapporto valuta poi l’impatto della pandemia sulla salute, sugli anziani, le relazioni sociali e la vita familiare. Mette in evidenza, tra l’altro, come i rischi di ammalarsi di Covid-19, di essere ricoverati in ospedale o di morire per le conseguenze della malattia sono aumentati nelle fasce di reddito inferiori. Non a caso, dato che le persone meno abbienti vivono più spesso in spazi abitativi ristretti, hanno potuto ridurre in minor misure gli spostamenti ed esercitano più di frequente professioni a diretto contatto con la clientela. Anche l’aumento dei problemi psichici, così come i sentimenti di solitudine tra gli anziani, sono stati più marcati tra le persone con redditi bassi.
La pandemia, infine, ha mostrato quanto sia importante garantire il flusso di informazioni e aiuti di vario tipo anche verso persone difficili da raggiungere. Quattro le raccomandazioni: adeguare i canali di comunicazione digitale ai diversi gruppi di destinatari e potenziare le competenze degli specialisti; permettere alle persone finora rimaste escluse di accedere all’infrastruttura digitale; coinvolgere persone di riferimento locali che fungano da ‘moltiplicatori’; garantire un accesso a bassa soglia ad aiuti alimentari, prestazioni sanitarie e alloggio, nonché rendere accessibili pure ai sans-papiers le prestazioni essenziali.