A Berna e Zurigo osservato un numero di ricoveri più alto rispetto alle precedenti ondate. L’infezione aumenta di tre volte il rischio di parto prematuro
Un numero più alto di donne incinte rispetto alle precedenti ondate della pandemia ha necessità di essere ricoverato negli ospedali svizzeri, anche nei reparti di cure intense. Lo riporta 20Minuten citando la portavoce dell’Inselspital di Berna Petra Ming. Nel reparto di terapia intensiva si troverebbero costantemente da una a tre donne. Anche a Zurigo la situazione è simile, come riferisce a 20Minuten la dottoressa Romana Brun della clinica ostetrica dell’Ospedale universitario zurighese che parla di 15-20 donne incinte curate in terapia intensiva durante l’attuale quarta fase della pandemia: in un caso, inedito fino a quel momento, è stato necessario collegare una donna in gravidanza a una macchina cuore-polmoni, misura che può avere gravi conseguenze per la madre e per il bambino. A volte è necessario dimettere dal reparto in anticipo per migliorare la situazione della ventilazione. Uno dei problemi principali, come spiega la dottoressa Brun, è che una donna incinta non può essere messa nella posizione prona adottata per i pazienti in cure intense.
Daniel Surbek, primario e professore di ginecologia e ostetricia alla clinica femminile dell’Inselspital, precisa però che “tali misure sono necessarie solo in casi gravi” e l’infezione può anche avere un decorso lieve; ma, sottolinea Surbek, le donne incinte infettate dal Covid hanno tre volte più possibilità di partorire prematuramente rispetto alle donne sane, col rischio che, nel caso il bambino nasca dopo la 35esima settimana, ovvero cinque settimane prima della data prevista per il parto, sia necessario trattarlo in incubatrice per alcune settimane; ancora più rischiosa è una nascita nella 25 settimana, che presenta un alto rischio di morte.
Alle accuse di “negligenza” da parte dell’Ufsp nel ritardare la raccomandazione del vaccino per le donne incinte lanciate a 20Minuten da una donna che, infettata dal Covid, ha vissuto un’esperienza di parto traumatica, Andrea Weber, direttrice esecutiva dell’Associazione svizzera delle ostetriche (SHV) replica che è sbagliato parlare proprio di negligenza. Infatti, la decisione ha richiesto l’attesa e la successiva analisi dei dati provenienti dall’estero, processo che ha richiesto del tempo, che, purtroppo, “non coincide sempre con il progresso di una pandemia”.