La riforma punta a rafforzare il mercato svizzero dei capitali di terzi, corroborando così l’intera piazza finanziaria e creando posti di lavoro
Rafforzare il mercato svizzero dei capitali di terzi, corroborando così l’intera piazza finanziaria e creando posti di lavoro.
È quanto si propone il Consiglio nazionale che ha approvato per 122 voti a 68 (campo rosso-verde) il progetto di riforma della legge sull’imposta preventiva, dopo aver respinto una proposta di rinvio al Consiglio federale di Ps e Verdi affinché l’esecutivo rivedesse il suo progetto, inserendovi anche la possibilità di una procedura di dichiarazione volontaria.
I pagamenti degli interessi sulle obbligazioni emesse da società svizzere sono soggetti a un’imposta alla fonte del 35%. La riforma mira a esentare le persone giuridiche domiciliate in Svizzera e gli investitori stranieri dall’imposta preventiva sugli investimenti svizzeri che generano interessi.
Le obbligazioni svizzere sono poco attraenti per la maggior parte degli investitori, anche se hanno diritto a un rimborso fiscale parziale o totale, ha spiegato Céline Amaudruz (Udc/GE) a nome della commissione. I gruppi elvetici evadono regolarmente l’imposta alla fonte emettendo le loro obbligazioni attraverso società estere, ha aggiunto l’altro relatore della commissione, Leo Müller (Centro/LU).
La riforma prevede anche l’abolizione della tassa di bollo sulle obbligazioni svizzere. Ciò renderà più interessante per gli investitori acquistare obbligazioni elvetiche da commercianti di valori mobiliari domiciliati in Svizzera, secondo la commissione. Ciò porterà anche a una leggera ripresa delle attività di gestione dei titoli e degli asset. “Dobbiamo concentrarci sulle riforme che sostengono l’economia e rafforzano la piazza finanziaria in questi tempi difficili”, ha sottolineato Céline Amaudruz.
Malgrado questo scenario a tinte rosa, il campo rosso-verde teme invece minori entrate fiscali e, soprattutto, di favorire l’evasione fiscale, come hanno sostenuto in aula Franziska Ryser (Verdi/SG) e Jacqueline Badran (Ps/ZH), le quali avrebbero voluto inserire nella legge almeno un obbligo di dichiarazione, una sorta di scambio automatico di informazioni in salsa “elvetica”. Ma una richiesta in tal senso è stata respinta dal plenum.
A tale riguardo, il consigliere federale Ueli Maurer ha spiegato che la possibilità di completare il disegno di legge con un obbligo di dichiarazione era stata inserita nella procedura di consultazione, ma la maggioranza degli ambienti consultati ha respinto tale proposta. Inutile quindi insistere, anche perché “non vogliamo toccare il segreto bancario per i clienti svizzeri delle banche”, ha dichiarato il ministro delle finanze.
Per Maurer, la riforma non ha assolutamente come obiettivo di favorire le persone benestanti come afferma la sinistra, bensì di rafforzare l’attrattiva della piazza economica svizzera. Quanto ai posti di lavoro che potrebbero essere creati, Maurer non ha fornito cifre, ma si è detto convinto che il trasferimento di determinate operazioni finanziarie in Svizzera avrà ripercussioni positive sul mercato del lavoro indigeno.
Per la maggioranza di centro-destra, l’eventuale indebolimento della funzione di garanzia dell’imposta preventiva – poiché gli investitori svizzeri hanno diritto al rimborso integrale, tale prelievo assicura l’imposta sul reddito e sulla sostanza applicata dalla Confederazione, ndr – andrebbe inoltre relativizzato, in particolare a causa del livello attualmente molto basso dei tassi d’interesse. Per la maggioranza si tratta anche di alleggerire il peso burocratico di questo prelievo.
Inoltre, sebbene la riforma provocherà perdite finanziarie temporanee, la maggioranza è convinta che a medio termine sarà autofinanziata poiché comporterà la creazione di impieghi. Per la sinistra, invece, benché le perdite fiscali stimate siano esigue a causa degli attuali bassi tassi d’interesse, in futuro gli ammanchi potrebbero aumentare se i tassi dovessero risalire. Per il campo rosso-verde non è insomma il momento di procedere con questa riforma, anche alla luce del forte indebitamento della Confederazione dovuto alla pandemia. Cédric Wermuth (Ps/AG) teme inoltre che la riforma odierna non sia che il primo passo verso l’abolizione di ulteriori balzelli o già previsti, come l’abolizione dei dazi doganali sui prodotti industriali.
Nell’ambito della discussione articolo per articolo, il plenum ha apportato alcuni cambiamenti al progetto governativo stabilendo di voler estendere l’abolizione dell’imposta preventiva agli interessi sulle obbligazioni detenute indirettamente attraverso un fondo d’investimento svizzero, sempre che tali redditi siano allibrati separatamente.
Per quanto riguarda la tassa di negoziazione, la camera ha stabilito di abolire la tassa di negoziazione non soltanto sulle obbligazioni svizzere, ma anche sulle obbligazioni estere con una durata contrattuale residua inferiore a 12 mesi. Questa misura dovrebbe permettere di riportare in Svizzera il mercato di questo tipo di titoli.
Secondo il progetto governativo, a breve termine, quale effetto unico, la riforma comporterebbe minori entrate stimate a un miliardo di franchi; per la Confederazione tale ammanco sarà però coperto da accantonamenti. Questa diminuzione è dovuta al fatto che il rimborso dell’attuale imposta preventiva sui redditi di interessi potrà essere richiesto ancora per tre anni.
Le minori entrate ricorrenti sono stimate a 170-200 milioni. Se il livello dei tassi di interesse aumenterà, le entrate diminuiranno ulteriormente. La Confederazione si assume il 90% di questo importo, mentre i Cantoni il rimanente. L’abolizione della tassa di bollo sulle obbligazioni svizzere comporterà una perdita di entrate stimata in 25 milioni di franchi.