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Donazione organi, più del modello può la sensibilizzazione

Il Consiglio nazionale vuole passare dal consenso esplicito a quello presunto. Ne abbiamo parlato con il dottor Paolo Merlani.

Paolo Merlani
(Ti-Press)
6 maggio 2021
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Donatori sempre in calo, trapianti anche; e liste d’attesa che continuano ad allungarsi. Senza un’inversione di rotta, ha avvertito lunedì Swisstransplant, quest’anno le attività di trapianto crolleranno del 20% e il numero di persone in lista d’attesa (1'479) aumenterà di quasi il 10%. La scontata conseguenza: tra chi attende un organo il tasso di mortalità – che già aveva fatto un balzo del 50% lo scorso anno rispetto al 2019 – crescerà. E altre vittime si aggiungeranno alle circa 330 persone morte negli ultimi cinque anni per aver dovuto aspettare troppo a lungo. Per Swisstransplant il motivo principale di questa evoluzione è il tasso di rifiuto, ormai al 55%. In altre parole: in oltre la metà dei colloqui, i famigliari non conoscono il desiderio (molte volte inespresso) della persona deceduta; questo rende loro difficile acconsentire alla donazione. Il Consiglio nazionale adesso vuole porre rimedio a una situazione che tutti giudicano insoddisfacente (vedi sotto). ‘laRegione’ ne ha parlato con il dottor Paolo Merlani, Direttore medico del Servizio di medicina intensiva dell’Ente Ospedaliero Cantonale (Eoc), Direttore sanitario dell’Ospedale Regionale di Lugano e membro del Consiglio di fondazione di Swisstransplant.

Dottor Merlani, il Consiglio nazionale ha accolto l’iniziativa popolare che prevede un consenso presunto in senso stretto (vedi sotto, ndr). Ma predilige il controprogetto indiretto, che si basa sul modello del consenso presunto in senso lato. Qual è la via giusta, a suo parere?

La via giusta è la sensibilizzazione all’importanza di un gesto di grande umanità qual è il dono di un organo. Le persone tendono a non pensare alla morte e a ciò che accadrà con il loro corpo. Pertanto è essenziale motivarle a confrontarsi con questi temi. Certo: anche il modello di espressione della volontà conta, ma non tanto quanto la sensibilizzazione e la responsabilizzazione.

Restiamo al modello di espressione della volontà: quale preferisce?

Swisstransplant sostiene l’iniziativa. Ma anche il controprogetto gode di tutto il nostro appoggio. È una soluzione saggia, facilmente comprensibile e quindi accettabile da tutti. Porterà le persone a confrontarsi più spesso con la tematica della donazione di organi.

Il modello del consenso presunto – in senso lato o stretto – offre davvero maggiori ‘garanzie’ in termini di disponibilità di organi e donazioni rispetto al modello in vigore?

È certamente importante ribadire la necessità di aumentare il numero di organi a disposizione per una donazione, visto che attualmente abbiamo circa 1’500 persone sulla lista d’attesa in Svizzera. Ma in realtà cruciale è poter corrispondere al desiderio della persona deceduta. In altre parole: dobbiamo fare in modo che chi desidera donare, possa effettivamente farlo.

Quale modello è più efficace?

Nella letteratura scientifica vi sono pochi elementi che ci dicono che un certo modello porta a più donazioni. Il numero di queste ultime dipende infatti da molteplici fattori. Diversi studi indicano però che con un modello piuttosto che con un altro si riesce a corrispondere meglio al desiderio della persona deceduta. In Svizzera tre persone su quattro si dicono favorevoli al dono di organi. Ma poi nel 60% dei casi i famigliari rifiutano l’espianto. Dunque da qualche parte dev’esserci un problema, se esiste questo divario tra il desiderio reale delle persone e i trapianti effettivamente realizzati. Passando dal consenso esplicito in vigore al consenso presunto, possiamo sperare di colmare almeno in parte questo divario, aiutando potenzialmente più pazienti in lista d’attesa.

La Spagna, dove vige il consenso presunto allargato, viene spesso citata ad esempio.

La Spagna in effetti ha un elevato tasso di donazioni nel confronto internazionale. Ma questo non dipende solo modello del consenso presunto allargato. Lì si è fatto molto anche su altri piani, a cominciare dalla formazione del personale medico. Nella prassi ospedaliera quotidiana, in Spagna in realtà si fa grossomodo quello che si fa da noi: anche loro chiedono sempre ai famigliari, non prenderebbero mai una decisione senza aver prima chiesto il permesso ai parenti del deceduto. Il modello ‘spagnolo’ quindi si avvicina molto a ciò che già oggi conosciamo in Svizzera.

In Svizzera fino al 2007 la questione era regolata a livello cantonale. Con la nuova legge federale e il passaggio al consenso esplicito le cose sono cambiate?

Prima del 2007 in alcuni cantoni – come a Ginevra, dove lavoravo – il consenso di fatto era presunto. Anche se in quell’anno si è passati ufficialmente a un regime federale di consenso esplicito, nella prassi ospedaliera è cambiato relativamente poco: le domande e i processi sono rimasti essenzialmente immutati. Se adesso passassimo al consenso presunto allargato, a mio avviso non cambierebbe molto: già oggi, almeno in Ticino, parliamo intensamente con le famiglie; semplicemente continueremo a farlo. Con una sola piccola, grande differenza: quella dell’intenzione.

Cioè?

Un conto è che la Confederazione o il popolo dicano: potete scegliere se donare gli organi o no. Nel modello del consenso presunto il donare gli organi rappresenterebbe invece la norma, ponendo un accento maggiore sulla donazione. Ognuno di noi potrà sempre opporsi, comunque; e nel modello del consenso presunto allargato anche la famiglia potrà dirsi contraria al dono. In ogni caso, l’individuo dovrà confrontarsi più da vicino e regolarmente con l’eventualità della propria morte e di una donazione degli organi.

Esortare regolarmente una persona a rilasciare una dichiarazione sulla loro volontà di donare gli organi: una sorta di ‘consenso proposto’. Sarebbe di aiuto?

L’idea [scartata dalla commissione preparatoria del Consiglio nazionale, ndr] viene dalla Commissione nazionale d’etica per la medicina umana [di cui Merlani ha fatto parte fino a tre anni fa, ndr]. Se n’è parlato molto al suo interno. In alcuni Paesi (gli Stati Uniti, ad esempio) è da tempo una realtà, altri (come la Germania) la attueranno o stanno pensando di farlo. Ma lì si tratta di un obbligo. Invece in Svizzera – dove siamo giustamente molto sensibili alle libertà personali – le persone verrebbero soltanto invitate a prendere regolarmente posizione. Non ci sarebbe alcuna costrizione. Due sono i vantaggi principali: le famiglie verrebbero sgravate dall’incombenza di dover prendere decisioni difficili in momenti già di per sé tragici; e si corrisponderebbe meglio al desiderio della persona deceduta di donare gli organi.

Il registro nazionale istituito da Swisstransplant va in questa direzione. Dall’autunno del 2018 chiunque può andare sul sito della fondazione e iscriversi, dichiarandosi a favore o contro la donazione di organi. Funziona?

A fine aprile contavamo 113’695 iscritti, il 58% donne (età media: 40 anni) e il 42% uomini (età media: 44 anni). La fascia d’età con più iscritti è quella dei 25-35enni, ma abbiamo addirittura due persone oltre i 96 anni. Di tutti gli iscritti, solo il 6% si è dichiarato contrario alla donazione di organi. In Ticino gli iscritti sono 3’196, ossia l’1,06% della popolazione residente: solo il Canton Ginevra ha una quota di iscritti inferiore (1,05%); mentre il Giura fa meglio di tutti (2,14%).

Speravamo che gli iscritti fossero di più. A farlo è stato soprattutto chi si è confrontato con il tema. Il tentativo di incoraggiare le persone a registrarsi ha sortito quindi solo un effetto limitato. Per questo sarebbe auspicabile che si trovasse il modo di coinvolgere la popolazione più frequentemente con la tematica. La soluzione proposta dalla Commissione nazionale d’etica, offrirebbe inoltre l’opportunità a chiunque di dire ‘sì’, no’, ‘non lo so’ oppure ‘non voglio esprimermi’.

I dati sul Ticino a prima vista sono piuttosto confortanti. Eppure il Ticino è considerato un cantone virtuoso.

È vero. Pochi si sono iscritti al registro, forse perché in Ticino c’è una lunga tradizione in fatto di donazione di organi. Il tasso di donazioni medio in Svizzera si aggira attorno al 42-45%; nel nostro cantone supera addirittura il 90%. Questa quota incredibilmente elevata si spiega in particolare con la tradizionale, intensa comunicazione esistente tra pazienti e famigliari da un lato, medici e personale curante dall’altro. Un ruolo importante, in quest’ambito, lo riveste la formazione: formiamo i nostri collaboratori per affrontare la donazione di organi con le famiglie dei potenziali donatori in momenti molto delicati. Infine, anche il ruolo dei mass media è fondamentale. Proprio per quel che dicevo all’inizio: la sensibilizzazione della popolazione.

Al Nazionale piace di più il controprogetto

Berna – In materia di donazione di organi il Consiglio nazionale vuole cambiare paradigma: in futuro chi non intende sottoporsi a un espianto dopo la morte dovrà dichiararlo formalmente quando è ancora in vita. È il modello detto del consenso presunto in senso stretto (vedi sotto), sul quale si basa un’iniziativa popolare accolta di misura (88 voti contro 87 e 14 astenuti). La Camera del popolo predilige però il modello del consenso presunto allargato, con coinvolgimento dei famigliari: il controprogetto indiretto governativo, che lo prevede, ha raccolto un’ampia adesione (150 voti contro 34 e 4 astenuti). I promotori dell’iniziativa popolare – l’ong giovanile Junior Chamber International (Jci), col sostegno di Swisstransplant – si sono già detti pronti a ritirare il testo qualora il controprogetto dovesse venir adottato definitivamente dal Parlamento. Il dossier passa al Consiglio degli Stati. 

 

Tre opzioni sul tavolo

  • Consenso presunto in senso stretto (iniziativa popolare)

    Ogni persona con più di 16 anni è considerata potenziale donatrice di organi, a meno che non vi sia opposta quand’era in vita. Nessun obbligo di interpellare i familiari.
  • Consenso presunto in senso lato (controprogetto)

    Anche in questo caso, laddove non sia stata espressa alcuna volontà, si parte dal presupposto che la persona deceduta fosse d’accordo con la donazione di organi. Tuttavia, i familiari vengono interpellati e possono opporsi a un trapianto qualora siano a conoscenza del fatto che la persona deceduta non avrebbe voluto donarli. Questo modello è in vigore in diversi Paesi europei, tra i quali Austria, Belgio, Olanda, Inghilterra, Finlandia, Norvegia, Italia, Spagna e Francia.

  • Consenso esplicito ampliato (situazione attuale)

    Una donazione di organi viene presa in considerazione se la persona deceduta vi ha acconsentito quando era in vita. In assenza di una dichiarazione di volontà da parte del defunto, spetta ai congiunti decidere. Il modello è in vigore anche in Danimarca, Irlanda e Islanda.
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