Svizzera

Affitti commerciali, gruppo del Centro più diviso che mai

Marco Romano: soluzione superata dagli eventi, adesso abbiamo la legge Covid. II progetto di legge rischia grosso giovedì al Consiglio nazionale.

(Ti-Press)
27 ottobre 2020
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«Superato dagli eventi, creerebbe più discriminazioni che soluzioni». Parola di Marco Romano. Il vicepresidente del gruppo del Centro (Ppd, Pbd, Pev) alle Camere federali e capogruppo al Nazionale non sostiene il progetto di legge che punta ad alleviare il carico delle pigioni per i gestori di ristoranti e di altre aziende che in primavera, durante il lockdown, hanno dovuto chiudere o limitare fortemente la loro attività. Inizialmente favorevole a una specifica normativa in quest’ambito, adesso il deputato momò punta tutto sulla legge Covid approvata a fine settembre dal Parlamento. Il gruppo del Centro, che dovrebbe fungere da ago della bilancia, è diviso. E senza l’appoggio di una maggioranza dei suoi membri, il progetto di legge rischia grosso. Il Consiglio nazionale ne discute giovedì in occasione di una sessione straordinaria di due giorni.

Gruppo del Centro spaccato a metà

Il Consiglio federale non avrebbe voluto metterci il naso. Ma in giugno le Camere – al termine di un lungo tira e molla – hanno approvato due mozioni dello stesso tenore delle loro commissioni economia e tributi, obbligando l’esecutivo a creare una base legale. Il disegno di legge prevede che i locatari di spazi commerciali paghino soltanto il 40 per cento della pigione dovuta nel periodo tra metà marzo e metà giugno, sempre che l’affitto annuo sia inferiore ai 15mila franchi. Il restante 60 per cento sarebbe a carico dei locatori. Fermamente osteggiato dai locatori, visto con favore dagli inquilini, il progetto ha suscitato pareri molto discordanti in consultazione. Il Consiglio federale lo ha trasmesso al Parlamento rinunciando a proporgli di approvarlo. E due settimane fa la Commissione degli affari giuridici del Nazionale (Cag-N), subentrata nel dossier a quella dell’economia e dei tributi, ha proposto al plenum con 14 voti contro 11 (e col voto favorevole dei tre membri del Ppd) di non entrare in materia.

Il gruppo del Centro ne ha discusso il 22 settembre. Secondo un suo parlamentare, che ha chiesto l’anonimato, ancora in quell’occasione si sarebbe espresso a maggioranza a favore dell’entrata in materia e della soluzione proposta dal Consiglio federale. Marco Romano smentisce: era finita «50 per cento ‘sì’ e 50 per cento ‘no’», puntualizza il consigliere nazionale. La posizione definitiva del gruppo verrà decisa giovedì mattina. E influenzerà in modo significativo l’esito del dibattito che seguirà. Il voto nel plenum sarà «molto tirato» e probabilmente alla fine ci saranno «non poche astensioni», prevede Sidney Kamerzin. Il vallesano, membro della Cag-N, non ha ancora deciso se sostenere o no il progetto. «La questione è complessa, perché gli interessi in gioco sono diversi. Difficile fissare una regola generale, con così tanti casi particolari», spiega a ‘laRegione’ il consigliere nazionale popolare-democratico.

‘Adesso abbiamo la legge Covid’

Marco Romano invece ha un’idea chiara di quello che farà. «Sarebbe sbagliato – dice a ‘laRegione’ il consigliere nazionale ticinese – creare una base legale per soli due mesi e limitata a poche categorie economiche. Tanto più che il Parlamento ha approvato la legge Covid. Grazie a una proposta che viene dal nostro partito, questa prevede un sostegno – generalizzato [attraverso contributi a fondo perso, n.d.r.], non selettivo, non discriminatorio nei confronti dei proprietari, in tempi brevi e non retroattivo – della Confederazione e dei Cantoni ai ‘casi di rigore’. In questa definizione devono rientrare non solo le categorie interessate dal progetto di legge sulle pigioni commerciali [ristorazione e commercio al dettaglio, n.d.r.], ma anche altri professionisti e aziende che non hanno un affitto da pagare, come i tassisti».

‘Una risposta pragmatica e limitata nel tempo’

Non la pensa così Fabio Regazzi. «È un peccato che si voglia buttar via tutto, senza nemmeno entrare in materia, con argomenti in parte un po’ pretestuosi. I motivi che avevano portato le Camere e il nostro gruppo ad approvare le mozioni erano validi allora e lo sono tuttora. Non vedo ragioni per cambiare opinione adesso. Cosa sia successo nel frattempo che giustifichi una probabile virata [del gruppo del Centro, n.d.r.], io non lo so», afferma da noi interpellato il consigliere nazionale del Ppd. «Una parte importante di locatari e locatori non ha trovato un accordo sulle pigioni: il progetto di legge, una soluzione pragmatica e limitata nel tempo, darebbe una risposta tangibile alle loro necessità, evitando una valanga di ricorsi», aggiunge il deputato di Gordola. E poi la situazione epidemiologica sta peggiorando. Per cui «una soluzione a questo problema si giustifica a maggior ragione» Regazzi – disposto a prendere in considerazione anche una soluzione più a lungo termine in caso di un secondo lockdown, purché «limitata nel tempo» – verrà eletto domani presidente dell’Unione svizzera arti e mestieri (Usam). L’organizzazione è contraria al progetto di legge, anche se una parte delle associazioni affiliate (Gastrosuisse in primis) lo sostengono.

‘La situazione è cambiata’

Capofila dei contrari nel gruppo del Centro è Philipp Matthias Bregy. In commissione l’avvocato vallesano – inizialmente favorevole a un progetto di legge che regolasse la questione – ha sostenuto una proposta di non entrata in materia. Per lui adesso è chiaro che «una soluzione rapida non è possibile, visto che la legge entrerebbe in vigore al più presto la prossima primavera». Bregy solleva dubbi anche sulla costituzionalità di una normativa che – violando la garanzia della proprietà – spianerebbe la strada a un’ingerenza (retroattiva, per giunta) dello Stato nei rapporti contrattuale di diritto privato.

Ma la ragione principale del suo ‘no’ è un’altra: «La situazione è cambiata. La scorsa primavera si temeva un’ondata di cause legali davanti ai tribunali. Ora sappiamo invece che la maggior parte dei locatori e dei locatari – e si tratta soprattutto di piccole e medie imprese – ha trovato un compromesso. Se adesso facciamo una legge, le parti non avranno più interesse a mettersi d’accordo su una riduzione della pigione». Bregy, dopo averne parlato con diversi ‘senatori’, è fiducioso: «Indipendentemente da ciò che deciderà giovedì il Nazionale, il Consiglio degli Stati non dirà mai ‘sì’ a questa legge». Nemmeno in caso di un secondo, più o meno parziale, lockdown: «Anche in un simile scenario, sono sicuro che la gran parte degli inquilini e dei proprietari di immobili riusciranno ancora a trovare un accordo».

Un’analisi commissionata dal consigliere federale Guy Parmelin ha in effetti rivelato realtà molto diverse, a seconda dei settori e delle regioni, per quanto riguarda le difficoltà incontrate dalle aziende colpite dal coronavirus. Non tutti sembrano aver sofferto, ha rivelato ‘Le Matin Dimanche’. Secondo il rapporto, il 40% dei locatari non ha chiesto di discutere l’affitto con il proprio padrone di casa. Per il 60% che lo ha fatto, nella maggior parte dei casi è stata trovata una soluzione, in generale una riduzione della pigione. «Mi permetto di esprimere qualche dubbio su queste cifre: provengono da un dipartimento che ha fatto di tutto per opporsi a una soluzione...», dice Fabio Regazzi. 

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