laR+ FABIO REGAZZI

‘Legge CO2 sovraccarica,il referendum è giusto’

Il presidente in pectore dell’Usam su clima, partenariato sociale e multinazionali

(Keystone)
25 settembre 2020
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Unico candidato rimasto in corsa dopo il ritiro della consigliera nazionale Diana Gutjahr (Udc/Tg), Fabio Regazzi (Ppd) verrà eletto il 28 ottobre a Friburgo presidente dell’Unione svizzera delle arti e mestieri (Usam). Il 58enne di Gordola, consigliere nazionale dal 2011, avvocato di formazione e contitolare del Gruppo Regazzi, prenderà il posto dell’ex consigliere nazionale Jean-François Rime (Udc/Fr). Previsto alla fine di aprile, rinviato a causa della pandemia, l’avvicendamento al vertice dell’organizzazione mantello delle piccole e medie imprese (pmi), che rappresenta 230 associazioni e 500mila aziende, cade nel bel mezzo della campagna in vista di una delle votazioni più importanti degli ultimi anni per il mondo economico: quella sull’iniziativa popolare per imprese responsabili, che vuole rendere responsabili le società con sede in Svizzera per le violazioni dei diritti umani e delle norme ambientali commesse in tutto il mondo dalle loro filiali, dalle imprese effettivamente controllate all’estero e dai loro fornitori.

L’iniziativa è temuta negli ambienti economici. La riprova? Il botta e risposta a metà agosto tra il direttore dell’Usam Hans-Ulrich Bigler e la direttrice di Economiesuisse Monika Rühl. Il primo ha puntato il dito contro le grandi aziende e l’organizzazione mantello che le rappresenta, ree a suo avviso di perorare leggi e regolamentazioni a discapito delle pmi e di esercitare pressioni sull’Usam per ottenere una presa di posizione comune sull’iniziativa. Bigler – che ha criticato apertamente la campagna di voto preparata dagli ambienti economici e dai partiti di centro-destra – ha anche lasciato intendere di avere delle simpatie per quest’ultima, sulla quale si voterà a fine novembre. Monika Rühl gli ha risposto per le rime, dandogli del “lunatico” e ricordandogli che “da anni le organizzazioni economiche – Usam compresa – sono in stretto contatto” per combattere assieme “questa iniziativa estrema”.

Questa polemica non ci voleva.

Ne abbiamo parlato al nostro interno. E c’è stato un incontro al vertice tra le due organizzazioni, al quale hanno partecipato i due presidenti in carica (Jean-François Rime dell’Usam e Heinz Karrer di Economiesuisse, ndr), i presidenti designati (Regazzi e Christoph Mäder, ndr) e i direttori (Bigler e Monika Rühl, ndr). Intendiamoci: ci sta che tra due organizzazioni diverse vi siano differenze di vedute. Però non sono disposto ad accettare dichiarazioni del genere, tra l’altro nemmeno concordate al nostro interno. Queste uscite personali sono dannose. Ne parlerò a tempo debito col diretto interessato.

Cos’è uscito dall’incontro al vertice?

Ci siamo detti che simili episodi non devono più accadere. Poi abbiamo concordato di intensificare il lavoro in comune per migliorare la comunicazione tra di noi e verso l’esterno, in modo da rafforzare una collaborazione consolidata, che include anche l’Unione svizzera degli imprenditori (Usi). Anche in futuro avremo divergenze di opinione su determinati temi. Non è questo il problema. L’importante è che tali situazioni vengano gestite diversamente, non come è stato fatto il mese scorso. Mi sono già incontrato con Mäder, che mi ha fatto un’ottima impressione, e con Valentin Vogt (presidente dell’Usi, ndr): l’intenzione è di migliorare la collaborazione tra le nostre organizzazioni, nel rispetto delle peculiarità di ciascuna. L’economia non può permettersi una cacofonia di voci al momento di dialogare con il mondo politico.

Lo strappo è stato ricucito, dunque?

Direi di sì.

Nei prossimi mesi vi attende una campagna impegnativa, quella sull’iniziativa per imprese responsabili. La miccia della polemica rischia di riaccendersi?

L’obiettivo è di avere una posizione comune. Però ogni associazione ha una propria dinamica. La raccomandazione di voto dell’Usam sarà decisa dalla Camera dell’Usam solo a fine ottobre. Personalmente, sostengo il ‘no’ all’iniziativa.

Il bisticcio verbale tra Bigler e Rühl tradisce un certo nervosismo negli ambienti dell’economia. Temete di perderla, questa votazione?

Siamo tutti coscienti che si tratta di una votazione ostica, una battaglia dura da combattere. Qualche anno fa non sarebbe stato così. Ma nel frattempo il clima è cambiato: il tema oggi è molto sentito, si presta ad essere strumentalizzato, ed è relativamente facile alimentare le emozioni. Il rischio di perdere è reale. La preoccupazione nel mondo economico è palpabile, inutile negarlo. Anche perché le conseguenze sarebbero molto pesanti.

Bigler invece afferma il contrario.

Gran parte delle pmi non subirà ripercussioni dirette. Una minoranza invece (ad esempio le aziende attive in settori ‘sensibili’ dal profilo dei diritti umani e delle norme ambientali, come il commercio di diamanti, ndr) rientrerà nel campo d’applicazione dell’iniziativa. Il problema però è un altro: molte pmi hanno legami stretti con le grandi aziende internazionali con sede in Svizzera e attive in tutto il mondo. Se queste, a seguito di un ‘sì’ all’iniziativa, ridimensionassero la loro attività in Svizzera o delocalizzassero, come io temo, anche le piccole e medie imprese ne soffrirebbero.

il ‘no’ al progetto in votazione domenica?

No, no. Anche il comitato dell’Aiti (Associazione industrie ticinesi, ndr), di cui sono presidente, sostiene in modo compatto questa proposta. L’Usam invece no, benché al suo interno vi siano associazioni favorevoli al congedo. Anche in futuro si presenteranno situazioni del genere, nelle quali il presidente esprime su temi in votazione un parere diverso da quello ufficiale dell’organizzazione. Lo stesso è capitato negli ultimi otto anni con Jean-François Rime.

le conseguenze del lockdown. Un’intrusione nella libertà contrattuale, che deve aver fatto storcere il naso a qualcuno nell’Usam…

Qualcuno è persino andato oltre. Negli ambienti immobiliari molti erano seccati. La soluzione che ho sostenuto [uno sconto del 60% sugli affitti durante il lockdown, ndr] va a favore di tutta una serie di pmi e di indipendenti che sono componenti importanti dell’Usam. Non sono diventato comunista all’improvviso. Semplicemente, mi è sembrato che in una situazione così difficile, straordinaria, con un potenziale di conflitti elevato tra inquilini e proprietari, una simile soluzione transitoria – parliamo di due, tre mesi – fosse ragionevole. Interventismo statale? Mi pare decisamente eccessivo.

‘borghese’ è Fabio Regazzi?

La ‘SonntagsZeitung’ mi ha interpellato sul tema delle pigioni commerciali. Ho dichiarato che in quest’ambito sono rimasto sorpreso nel vedere maggiore sostegno da parte dei parlamentari di sinistra che dagli ambienti economici. Il settimanale però ha costruito un teorema partendo da queste mie dichiarazioni. Ho dovuto scrivere una lettera di protesta per dissociarmi da quanto scritto. Non ho mai lasciato intendere che Ps e Verdi sono più vicini alle pmi dei parlamentari borghesi. Per quanto mi riguarda, sono sempre stato fieramente borghese, anche se in italiano il termine ha un’accezione piuttosto negativa. Ma sono soprattutto un politico pragmatico, disposto al dialogo.

lei presidente sarà un po’ più statalista?

Mi identifico in buona parte con questa linea. Dobbiamo però guardare in faccia la realtà: la società sta cambiando. Bisogna essere capaci di confrontarsi con tutti, alla ricerca di compromessi e alleanze che permettano di sbloccare le situazioni di stallo. Tenere una linea intransigente a volte può rivelarsi controproducente. Negli ultimi anni l’Usam ha un po’ pagato per questo, rimanendo a volte isolata, a livello politico e di partenariato sociale.

di disponibilità al partenariato sociale...

La disponibilità al dialogo non significa accettazione acritica di qualsiasi proposta. Su ogni tema esistono linee rosse che non vanno oltrepassate. Nello specifico, dopo aver analizzato a fondo il progetto, sono giunto alla conclusione che sia troppo sbilanciato. Condivido la scelta dell’Usam (oltre che di alcuni importanti membri della stessa Usi) di smarcarsi.

delle misure di accompagnamento?

Da parte nostra la disponibilità a fare concessioni esiste. La palla però è nel campo dei sindacati. Sul piano delle misure di accompagnamento, a mio avviso una soluzione – secondo la logica del do ut des – può essere trovata tra i partner sociali, magari anche al di fuori del campo d’applicazione dell’accordo quadro. Mi sembra invece un vicolo cieco la direttiva europea sulla cittadinanza [uno dei tre punti sui quali la Svizzera ha chiesto chiarimenti all’Ue: gli altri due sono gli aiuti statali e le misure di accompagnamento, ndr]. Ho forti perplessità anche per quanto riguarda la ripresa dinamica del diritto europeo. Infine, il previsto meccanismo per la composizione delle controversie [nel quale la Corte di giustizia dell’Unione europea ha un ruolo chiave, ndr] rischia di essere una pietra d’inciampo, per la perdita di sovranità che comporterebbe. Al momento vedo solo Economiesuisse decisamente profilata a favore dell’accordo quadro. Le altre associazioni economiche non si sono ancora espresse. In generale percepisco molta cautela. E un’operazione di questa portata presuppone una vasta alleanza di partiti e partner sociali già a questo livello, se si vuole sperare di avere una chance in una inevitabile votazione popolare.

È troppo per le piccole e medie imprese?

Questa è la mia conclusione. Avrei preferito una legge più equilibrata. Così come sta uscendo dal Parlamento, invece, va molto oltre quanto prospettato dal Consiglio federale. Il progetto risulta sovraccarico. Chiama alla cassa in modo importante sia i cittadini che le aziende, in un periodo difficile sul piano economico. Gli aspetti problematici sono diversi, non riguardano ‘solo’ il prezzo della benzina, con un aumento pesante per le pmi e i cittadini che abitano in zone periferiche, o la tassa sui biglietti aerei, una misura inefficace e priva di senso se non viene presa perlomeno a livello europeo. La legge crea indubbiamente anche delle opportunità, degli stimoli per le pmi attive in determinati settori. Ma tutto sommato penalizza la stragrande maggioranza delle piccole e medie imprese.

Cosa farà l’Usam?

Il comitato dell’Usam, di cui non faccio ancora parte, ha raccomandato al Parlamento di respingere la legge. Ciò non implica automaticamente un sostegno al referendum. Su questo sarà la Camera dell’Usam a decidere, a fine ottobre. Non sarebbe comunque la nostra organizzazione a lanciarlo. Personalmente, sono per il referendum. Anche per una questione di principio: è giusto che i cittadini svizzeri possano esprimersi su una legge che tocca in maniera così importante i cittadini e le aziende.

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