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Da Ppd ad Alleanza del Centro, ‘opportunità piuttosto che rischio'

La direzione vuole ribattezzare il partito. Marco Romano giudica promettente la prospettiva. Dadò: non mi convince per niente.

(TiPress)
4 settembre 2020
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Alleanza del Centro, Die Mitte, Le Centre, Allianza del Center. Così la direzione del Partito popolare democratico svizzero (Ppd) vorrebbe ribattezzare il partito (vedi sotto). Le sezioni cantonali potranno mantenere la loro denominazione attuale se lo desiderano, hanno indicato oggi a Berna i vertici del partito in una conferenza stampa. Il nuovo nome verrà ora sottoposto agli iscritti, in quella che è la prima votazione interna (si svolgerà per posta entro fine ottobre) organizzata dal partito. Se il cambiamento sarà approvato, la decisione dovrà ancora essere ratificata dall’assemblea dei delegati – prevista il 14 novembre – con una maggioranza di due terzi.

Il cambiamento proposto non piace a Fiorenzo Dadò. «Non mi convince per niente», dice il presidente del Ppd ticinese a ‘laRegione’. Una riflessione sul nome del partito «ci sta», concede. Ma ‘Centro’ «non vuol dire niente: oggi bisogna identificarsi con qualcosa di chiaro». In Ticino «non andremo distanti con un nome del genere», afferma Dadò.

Il consigliere nazionale Marco Romano invece giudica promettente la prospettiva di un Ppd senza il riferimento cristiano nella denominazione francese (Parti démocrate-chrétien) e tedesca (Christlichdemokratische Volkspartei). «È un approccio strategico – afferma il vicepresidente del gruppo del Centro alle Camere federali –, orientato a federare tutte le forze del centro politico e tutte le cittadine e i cittadini che si riconoscono in una politica costruita sui fatti, sulla necessità – primordiale in Svizzera – di trovare dei compromessi e di uscire da una polarizzazione crescente. Si vuole promuovere un modo e un metodo di fare politica che si rifanno ai valori sui quali la Svizzera è stata costruita. Molti oggi enfatizzano l’abbandono della ‘C’. Io invece sottolineerei l’aspetto dell’apertura ad altri elettori, a questo modo di fare politica, di cui il paese ha un gran bisogno. Fermo restando che le sezioni cantonali che lo vorranno, potranno mantenere la denominazione attuale».

La ‘C‘ è un handicap per il Ppd, ha rivelato un sondaggio condotto prima dell’estate dall’istituto gfs.bern per conto del partito. Senza diventerebbe invece più attrattivo agli occhi di nuovi, potenziali elettori, al di fuori dei suoi tradizionali bastioni elettorali. Marco Romano, dove vede il potenziale maggiore?

Ripeto: si tratta di una visione strategica a livello nazionale, non cantonale. Quali nuovi elettori? Tutti quelli che vedono nella crescente polarizzazione, nel ritorno a una certa ideologizzazione della politica, un rischio per il nostro sistema democratico. Tutti coloro che si riconoscono in quei valori che provengono dalla ‘C‘ del nostro partito e che una moderna forza di centro incarna, in una sintesi di libertà, solidarietà, responsabilità (dovrebbero figurare nel nuovo logo, ndr) e sussidiarietà.

Guadagnare nuovi elettori, senza perdere i ‘fedeli’: le due cose sono conciliabili?

Il partito non cambia il suo corso. Chi finora ha sostenuto il Ppd lo ha fatto perché convinto dai contenuti della sua proposta politica e dalle persone che li portano avanti. Non credo che qualcuno ci abbia sostenuto soltanto per il nome o il logo. Ai nuovi elettori proponiamo un metodo e dei contenuti che, come detto prima, si distinguono da chi, ai poli, tende a enfatizzare e ideologizzare. Il costante scontro tra Udc da un lato e Ps e Verdi dall’altro blocca la ricerca di soluzioni in grado di garantire un futuro al nostro sistema democratico. Il rischio è di andare verso un sistema basato su maggioranza e minoranza, dove le diverse forze politiche si alternano al potere senza essere in grado di mediare e di trovare punti di convergenza.

Nei suoi tradizionali ‘feudi’, il Ppd ha perso un’importante fetta del suo elettorato negli ultimi decenni. Molti ex iscritti o simpatizzanti popolari-democratici votano ormai Udc. Non sarebbe opportuno cercare di recuperare le pecorelle smarrite in questi cantoni, anziché ‘ritirarsi’ e darla vinta a un partito che oltretutto è in affanno e vive una difficile transizione verso l’era post-Blocher?

Dove alcuni vedono un rischio, io vedo un’opportunità. Proprio perché in questi cantoni possiamo contare su un elettorato fedele, si tratta di mostrare a queste persone che il partito (da decenni in perdita di velocità sul piano nazionale, ndr) vuol tornare a crescere, ridiventando attrattivo, sia per coloro che si sono allontanati, sia per nuovi elettori.

Cambiano il nome e il logo, i contenuti no. Non è un po’ poco per partire alla caccia di consensi nell’elettorato prevalentemente urbano e protestante dei grandi cantoni dell’Altopiano, dove il Ppd sin qui non è riuscito a sfondare e dove sembrerebbe avere il maggior potenziale di crescita a livello federale?

Non credo. Prenda ad esempio i consiglieri nazionali del Ppd eletti lo scorso anno a Zurigo e a Ginevra. Persone attorno ai 40 anni, che si profilano con proposte pragmatiche, sempre alla ricerca della mediazione. È la dimostrazione che il nostro partito può raccogliere consensi anche nei cantoni urbani.

In giugno la ‘Nzz’ scriveva che a più della metà dei deputati Ppd l’idea di rinunciare alla ‘C‘ non piace. Per il ‘senatore’ vallesano Beat Rieder sarebbe “la rovina del partito”; la stessa presidente del gruppo parlamentare Andrea Gmür-Schönenberger affermava di preferire un partito con la ‘C‘.

Allora si parlava solo di ipotesi. Il percorso compiuto nel frattempo ha coinvolto anche il gruppo parlamentare, la cui riflessione è maturata. Oggi sento che c’è stata un’evoluzione positiva. Non da ultimo perché la proposta rispetta l’autonomia delle sezioni cantonali.

Sul tavolo c’è anche la fusione/unione col Partito borghese democratico (Pbd). Un’analisi dei voti di panachage alle elezioni federali del 2015 e del 2019, pubblicata di recente dalla ‘Nzz’, mostra che le simpatie degli elettori del Pbd per il Ppd – e viceversa – sono assai contenute. Le vostre aspettative, quantomeno in termini strettamente elettorali, appaiono eccessive.

La situazione elettorale del partito (11,4% alle federali del 2019, ndr) impone massimo pragmatismo. Non siamo nella posizione di poter guardare qualcuno dall’alto verso il basso, di poter far finta di niente di fronte a una possibilità di ampliare la nostra base elettorale. Questo nucleo di elettori ‘liberi’ (quello che porterebbe in dote il Pbd, ndr) va attratto, altrimenti queste persone si rivolgeranno ad altre forze politiche. Strategicamente per noi l’operazione è interessante, soprattutto nei cantoni di Berna (due deputati al Nazionale, ndr) e Glarona (un deputato, ndr) dove il Pbd è forte e il Ppd praticamente inesistente.

 

Autonomia cantonale, ampia consultazione

Il nuovo nome del Partito popolare democratico svizzero, se la base del partito lo vorrà, sarà Alleanza del Centro. Le sezioni cantonali potranno però mantenere la loro denominazione attuale se lo desiderano. Lo hanno indicato i vertici del partito oggi in una conferenza stampa.

Alleanza del Centro - Die Mitte in tedesco, Le Centre in francese e Allianza del Center in romancio - sta a rappresentare un posizionamento e un profilo chiaro, ha spiegato ai media il presidente del partito Gerhard Pfister. Intende aprirsi agli elettori che privilegiano il consenso e la ricerca di soluzioni concrete e pragmatiche piuttosto che posizioni dogmatiche. Insomma, la formazione politica ha spiegato di voler continuare a svolgere un ruolo di unificatore, in un momento in cui "gli estremi hanno sempre più peso".

Il nuovo logo del partito è accompagnato da una parentesi arancione e dalle parole "libertà, solidarietà, responsabilità". In questo periodo di crisi sociale, questi sono valori importanti per la Svizzera, ha sottolineato il consigliere degli Stati giurassiano Charles Juillard, vicepresidente del partito.

Gerhard Pfister ha ricordato che in matematica come in politica la parentesi è usata per "unire ciò che ha un senso", non si ferma su un contenuto prestabilito, ma "resta aperta a contenuti e opinioni differenti". Un ruolo che il PPD vuole assumere.

Per quanto riguarda l'arancione: questo colore si è dimostrato valido, è un segno forte del partito e gli permette di distinguersi dalle altre formazioni politiche, è stato sottolineato.

In questo contesto, Pfister e Juillard hanno insistito sul fatto che il PPD può puntare più in alto rispetto all'11% dei consensi ottenuti alle elezioni federali dello scorso anno. Un sondaggio pubblicato a fine giugno ha mostrato che il suo potenziale si situa attorno al 20%.

Lo stesso sondaggio ha mostrato che un eventuale nuovo nome che evoca il "Centro" viene giudicato più attraente. Il 53% dei membri del partito ritiene inoltre che il riferimento cristiano presente nella denominazione attuale tedesca (Christlichdemokratische Volkspartei) e francese (Parti démocrate-chrétien) non permette di attirare nuovi elettori.

Il nuovo nome sarà ora sottoposto ai membri del PPD svizzero. Questa votazione interna, la prima organizzata dal partito, avverrà per posta fino alla fine di ottobre. Se il cambiamento sarà approvato, la decisione dovrà ancora essere ratificata dall'assemblea dei delegati - prevista il 14 novembre - con una maggioranza di due terzi.

La leadership del partito si dice consapevole del fatto che ci sono voci critiche. In giugno, il consigliere agli Stati vallesano Beat Rieder aveva sostenuto che un cambiamento di nome causerebbe "la rovina del partito" e che questi non ha futuro senza il referente cristiano.

La seconda vicepresidente del partito, Ida Glanzmann (LU), ritiene invece che la soluzione trovata possa unire la base. La direzione sottolinea inoltre che il nuovo nome si applicherà solo a livello nazionale. Le sezioni cantonali saranno libere di scegliere se adottare la nuova denominazione o mantenere quella attuale. Hanno tempo fino al 2025 per farlo.

"Siamo un partito federalista", ha sottolineato Pfister. "Un rebranding dalla A alla Z può infatti funzionare in economia ma non in politica", ha concluso il consigliere nazionale zughese.

 

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