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Misure di polizia antiterrorismo, un flirt pericoloso

Kastriot Lubishtani, del Centro di diritto penale dell'università di Losanna, sui provvedimenti più controversi del progetto di legge al vaglio del Nazionale

(Keystone)
15 giugno 2020
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L'armamentario giuridico e amministrativo per lottare contro il terrorismo va inasprito, quasi nessuno lo contesta. In Parlamento però le discussioni sui singoli provvedimenti sono accese.

Il progetto di legge sulle misure di polizia per la lotta al terrorismo (Mpt; il Consiglio nazionale doveva discuterne giovedì, ma nel frattempo la trattanda è stata stralciata dall'ordine del giorno) e la revisione del Codice penale volta ad attuare la Convenzione e il Protocollo addizionale del Consiglio d’Europa per la prevenzione del terrorismo (il Nazionale ne discute domani), sono stati bersaglio di dure critiche nelle scorse settimane. La Piattaforma delle Ong svizzere per i diritti umani ha esortato i consiglieri nazionali a rispedirli al mittente. L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani paventa "sostanziali violazioni dei diritti umani e fondamentali" in caso di attuazione dell'Mpt. E Dunja Mijatovic, Commissaria per i diritti umani del Consiglio d'Europa, ritiene che le misure amministrative previste da quest'ultimo al di fuori del procedimento penale nei confronti di un "potenziale terrorista" non offrano sufficienti garanzie giuridiche.

Due i provvedimenti particolarmente controversi: gli arresti domiciliari già a partire dai 15 anni di età; e la possibilità di intervenire a titolo preventivo (ordinando il confinamento in un determinato perimetro, ad esempio) contro bambini a partire dai 12 anni. La commissione preparatoria del Consiglio nazionale, oltretutto, ci ha messo del suo. Con 11 voti a 10 e 4 astensioni ha proposto di introdurre il carcere preliminare (o 'custodia di sicurezza') per "impedire in modo ancora più efficace gli attacchi effettuati da persone che costituiscono una minaccia riconosciuta". Un passo che né il Consiglio federale, né i 'senatori' (che in marzo hanno dato il loro beneplacito a entrambi i progetti) avevano osato compiere. La misura metterebbe la Svizzera sullo stesso piano dei pochi Paesi che la attuano (Israele, India e Stati Uniti: Guantanamo, ricordate?). Molti esperti la reputano incompatibile con lo Stato di diritto e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo (Cedu). 

Degli aspetti più dibattuti del progetto Mpt 'laRegione' ha parlato con Kastriot Lubishtani, dottorando al Centro di diritto penale dell'Università di Losanna, co-autore (assieme a Hadrien Monod) di un'analisi critica del disegno di legge apparsa nell'ultimo numero della rivista 'Sécurité & droit'. 

Una "massiccia intrusione nei diritti fondamentali": così definisce le misure previste Daniel Moeckli, professore di diritto pubblico all'Università di Zurigo e già relatore speciale dell'Onu sui diritti umani nella lotta al terrorismo. Condivide?

Dal profilo dei diritti umani e delle garanzie fondamentali, ci sono tre aspetti problematici. Il concetto di "potenziale terrorista" è molto, molto vago. In sé non sarebbe un grosso problema, se fossero previste adeguate garanzie procedurali a titolo compensatorio. Ma non è il caso. Ed è il secondo punto: tutte le misure, salvo gli arresti domiciliari, possono essere disposte dalla Polizia federale (fedpol). L'autorità giudiziaria interviene solo in caso di ricorso. Ciò è insoddisfacente, poiché solo i tribunali sono i veri garanti dei diritti fondamentali. Il meccanismo di ricorso previsto ha per effetto di creare una presunzione di pericolosità estremamente difficile da ribaltare. Terzo punto: taluni provvedimenti che comportano restrizioni estremamente importanti ai diritti fondamentali possono essere ordinati anche nei confronti di bambini già a partire dai 12 anni d'età. I minorenni hanno un 'loro' diritto penale, incentrato sull'educazione e la protezione. Qui invece assistiamo a un cambiamento di prospettiva: la priorità assoluta è la protezione della popolazione dal terrorismo, e questo a discapito persino dei più giovani.

Esigenza di sicurezza da un lato, garanzia dei diritti fondamentali dall'altro. L'equilibrio dunque non c'è in questo progetto di legge?

A mio avviso, su questa bilancia il piatto della sicurezza pesa decisamente di più. Intendiamoci: oggi qualsiasi Stato democratico deve poter adottare delle misure per lottare contro il terrorismo. Ma a questa minaccia, che mette in pericolo lo Stato di diritto, bisogna rispondere con le regole dello Stato di diritto, in maniera proporzionale. È proprio di fronte al maggiore dei pericoli che lo Stato di diritto dev'essere forte... ma anche fortemente inquadrato, perché la strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Nel progetto di legge Mpt, invece, è assai problematica l'assenza di garanzie procedurali che compensino questo 'flou' che contraddistingue concetti come "potenziale terrorista".

Gli arresti domiciliari e la custodia di sicurezza sono i due strumenti più incisivi. Daniel Moeckli sostiene che, probabilmente, neppure il meno intrusivo dei due (gli arresti domiciliari) è compatibile con la Cedu. Saranno i tribunali a correggere eventuali derive della politica nella lotta al terrorismo?

Va ricordato anzitutto che la custodia di sicurezza era stata esclusa dal progetto originario del Consiglio federale (così come nella versione adottata in marzo dal Consiglio degli Stati, ndr). La misura era stata giudicata problematica dal punto di vista dei diritti costituzionali e della Cedu. Ancora una volta: per entrambi i provvedimenti, l'assenza di garanzie è problematica. Nel progetto di legge sono definite in una maniera tale che un domani, quando verranno attuate, si rischia di non più restare nell'ambito del diritto amministrativo, ma di scivolare in quello penale. E quando si cade in quest'ultimo ambito, la persona che è oggetto di un'accusa penale deve poter beneficiare di garanzie particolari. Garanzie inesistenti nel progetto di legge. 

Con quali conseguenze sul piano dell'applicazione del diritto?

Così come sono previste, gli arresti domiciliari e la custodia di sicurezza appaiono come misure che sanzionano un comportamento. Del resto, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale si riferisce a quest'ultima come a una "sanzione". Vediamo bene, dunque, che non siamo più in un ambito di diritto amministrativo, non si tratta più 'soltanto' di misure di polizia, ma piuttosto di un dispositivo penale. Qui le misure di polizia di lotta contro il terrorismo flirtano costantemente col diritto penale, con misure restrittive forti e simili alla procedura penale, ma senza tutte le garanzie procedurali che quest'ultima implica. La custodia di sicurezza ha una forte connotazione penale e dev'essere imperativamente accompagnata dalle garanzie proprie alla procedura penale. Se una persona colpita da un simile provvedimento dovesse decidere di portare il suo caso a Strasburgo (sede della Corte europea dei diritti dell'uomo, ndr), probabilmente otterrebbe ragione e la Svizzera verrebbe condannata.

 

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