Da ieri il via al test del software di tracciamento in Svizzera. Il prof. Jean-Henry Morin dell'università di Ginevra mette in guardia su vari rischi
Al via, da ieri, i primi test in Svizzera dell'App di tracciamento (denominata SwissCovid), uno strumento complementare alla tradizionale 'tracciabilità' dei casi di infezione dei Cantoni. Gli svizzeri la scaricheranno? Il 59% si è detto pronto a farlo per proteggere gli altri da un eventuale contagio (secondo un sondaggio online della società Sotomo tra il 29 e 30 aprile su 2'819 persone). Ma gli interrogativi che la gente comune e gli esperti si pongono restano davvero tanti. C'è il timore di venire discriminati: 'Senza SwissCovid potranno impedirmi di andare al ristorante? Dove finiranno i miei dati? Ieri a Berna, Kim Sang-Il, responsabile della trasformazione digitale presso l'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), ha dato alcune spiegazioni: i dati non verranno utilizzati per monitorare gli spostamenti e rimarranno registrati sullo smartphone di chi avrà scaricato l'applicazione. L'uso dell'App sarà facoltativo.
Greta Gysin (Ti-Press)
Abbiamo chiesto a Gretra Gysin, deputata verde al Nazionale, se la scaricherà: "Se ci sarà una base legale, i dati non verranno salvati in modo centralizzato e ciascuno potrà decidere liberamente, non vedo motivi per non averla sul cellulare. È il contributo che il singolo può dare, senza sforzo, per contenere il virus, ma va preservata la libertà individuale", dice Gysin.
La Svizzera è il primo Paese al mondo in cui le autorità sanitarie presentano una soluzione che utilizza l’interfaccia di Google e Apple per il tracciamento di prossimità. il test proseguirà fino a fine giugno. Nella sua seduta del 13 maggio, il Consiglio federale ha approvato un’ordinanza temporanea per questa fase pilota.
Questa App non ha solo fans, c'è chi tira il freno a mano e rende attenti a numerosi rischi. "Si sta agendo con troppa fretta, senza un dibattito politico e una riflessione sulle possibili conseguenze umane e sociali di questa tecnologia. Manca un quadro normativo per l'uso di questo strumento e col tempo rischiamo di scoprirne gli effetti perversi. Pensiamo a possibili abusi, come ad esempio un cellulare nascosto in una buca lettere all'entrata di un palazzo: può portare all'identificazione delle persone e alla loro stigmatizzazione se ammalati. Si possono immaginare tanti scenari", spiega il professor Jean-Henry Morin dell'Institut of information service science' dell'Università di Ginevra.
Il professore è anche consulente della commissione europea per la sicurezza dei dati. Ci parla di un mondo ammalato di 'soluzionismo'. "Dobbiamo trovare velocemente soluzioni tecniche a tutti i problemi, ma il rischio è che le basi legali promulgate in tempo di crisi, sotto la spinta dell'urgenza, finiscano per rimanere, perché tutti ormai si sono abituati".
Da non sottovalutare per il professore è la pressione sociale. Ufficialmente l'uso dell'App è facoltativa, ma allo stesso tempo ci dicono che è uno strumento per proteggere gli altri da un eventuale contagio. "Chi non vuole istallare l'App rischia di sentirsi dire che non ha senso civico e non gli importa nulla della vita degli altri. Le derive possono essere numerose: datori di lavoro che chiedono ai dipendenti di installare l'App se vogliono tornare in sede. Varie aziende lavorano sull'idea di un passaporto sanitario. E mi spiego: ben presto dovremo avere un chip sotto la pelle che attesta il nostro stato di salute per poter salire su un aereo, entrare in un ristorante. È questa la società che vogliamo? Ci vuole il tempo per discuterne, i passi fatti nell'urgenza possono portare a derive", ribadisce l'esperto.
Secondo lui, non sarebbe tramontato il vecchio sogno di controllo sociale. "È un elemento molto importante. Basta osservare quanti negozi oggi non accettano più i contanti per minimizzare il rischio sanitario. Meno contanti in circolazione significa più controllo sui flussi finanziari", aggiunge.
Un altro punto debole, per l'esperto, è che l’App SwissCovid può essere utilizzata con le ultime versioni di iOS e Android. "Questo significa che bisogna avere l'ultima generazione di telefonini e l'ultimo aggiornamento del sistema operativo. Come faranno le persone più anziane? C'è un rischio di creare nuovi emarginati e questo è davvero triste", precisa il professore. Infine c'è il problema dei falsi positivi. "Le onde bluetooth passano attraverso un muro, ma non il virus. Se una persona positiva è nella stanza attigua si rischia di essere notificati per il contatto anche se non si ha rischiato nulla. Il tracciamento umano è più preciso perché considera il contesto, quello tecnico legge dei segnali, senza chiedersi se sono pertinenti o meno", conclude.