Svizzera

'ndrangheta di Frauenfeld, assolti 3 dei 12 imputati

La Corde d'Appello di Reggio Calabria li ha dichiarati non colpevoli perché il fatto non sussiste. In novembre erano stati assolti i due presunti boss

Un fotogramma della video-intercettazione
18 maggio 2020
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La Corte d'Appello di Reggio Calabria ha assolto dal reato di associazione mafiosa tre dei dodici imputati della cellula della 'ndrangheta scoperta in Svizzera, a Frauenfeld, perché il fatto non sussiste. Ne ha dato notizia ieri sera il Telegiornale della Rsi.

Secondo i giudici italiani, non c'erano prove che fuori dalla Calabria i due avessero fatto leva sulla violenza e l'intimidazione per imporre il proprio metodo criminale. Secondo alcuni esperti, si tratta di cavilli giuridici. Ma di fatto la sentenza si dimostra un precedente per i processi a venire sulle infiltrazioni all'estero, precisa la Rsi.

In novembre assolti i boss

La Corte avrà ora 90 giorni per depositare le motivazioni della sentenza. Ma sembra chiaro che le assoluzioni fanno seguito alla decisione del novembre scorso della prima sezione della Corte di Cassazione italiana, quando prosciolse i due boss della locale di Frauenfeld.

La Cassazione annullò infatti, senza rinvio, la condanna a 14 anni di reclusione emessa dalla Corte di Reggio Calabria per il reato di associazione mafiosa a carico di A.N., di 70 anni, originario di Fabrizia, in provincia di Vibo Valentia, appartenente alla cellula di Frauenfeld.

Con A.N., individuato dagli inquirenti come "capo e promotore dell'associazione", era stato anche condannato a 12 anni di carcere, il 75enne R. A.

La vicenza

Le indagini della Divisione distrettuale antimafia di Reggio Calabria avevano individuato nel 2016 - operazione "Helvetia" - una cellula della 'ndrangheta costituita 40 anni prima nel capoluogo turgoviese, collegata alle cosche calabresi. Anche in quel caso la Cassazione italiana ritenne insufficienti gli elementi di prova, annullando la sentenza di secondo grado.

A.N., fino ad allora detenuto al 41 bis nel carcere di Viterbo, per effetto della sentenza della Cassazione, era stato immediatamente scarcerato, mentre R.A., che si trovava agli arresti domiciliari, era tornato in libertà.

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