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Multinazionali, tra iniziativa e controprogetto

Domande e risposte sul controprogetto all'iniziativa popolare 'per imprese responsabili'

Lavoro minorile in una fabbrica tessile a Dacca, in Bangladesh (Keystone)
9 marzo 2020
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Lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in Burkina Faso, contadini avvelenati da pesticidi nei campi di cotone in India, emissioni mortali di anidride solforosa nelle miniere in Zambia. È per evitare casi come questi – in alcuni di essi sono coinvolte multinazionali con sede in Svizzera – che nel 2016 una vasta alleanza di organizzazioni della società civile ha lanciato l’iniziativa popolare ‘per imprese responsabili’. Dopo quasi tre anni di dibattiti il Parlamento ha deciso l'8 giugno 2020 di opporre all'iniziativa un controprogetto 'light'.

Perché la questione controprogetto è così importante?

Perché se dal Parlamento fosse uscito con un controprogetto incisivo, i promotori dell'iniziativa ritirerebbero il loro testo. Si eviterebbe così una votazione popolare insidiosa per il mondo economico.

Perché la votazione sarebbe “insidiosa”?

Se fosse accolta da popolo e cantoni, l’iniziativa modificherebbe in maniera significativa le regole del gioco per le società globali che hanno il loro quartier generale nella Confederazione. Non a caso Economiesuisse e Swissholdings (l’associazione mantello delle multinazionali) vi si oppongono risolutamente. Temono un effetto paragonabile a quello provocato dall’iniziativa Minder contro le retribuzioni abusive, accolta a sorpresa alle urne nel 2013. Finora, stando ai sondaggi (aggiornati al 9 marzo), l’iniziativa gode di simpatia tra la popolazione. Può contare inoltre sul sostegno di una parte del mondo economico, soprattutto in Romandia. E una votazione giocata sull’opposizione tra economia e società civile, tra interessi commerciali e diritti umani/ambiente, non è certo vinta in partenza. Anzi.

Perché allora i promotori dell’iniziativa insistono sulla necessità di un controprogetto?

Confortati dai sondaggi, forti di un ampio e capillare sostegno popolare (più di 350 comitati locali con oltre mille volontari), diffusosi perfino nel mondo imprenditoriale e tra i partiti borghesi, benedetti dai vescovi svizzeri e dalle chiese evangeliche, i promotori dell’iniziativa ostentano ottimismo. Ma sono consapevoli del fatto che non sarà una passeggiata. L’asticella è posta molto in alto: trattandosi di una modifica costituzionale, serve la doppia maggioranza di popolo e Cantoni. Sanno bene inoltre che, almeno sulla carta, le forze in campo sono impari: Economiesuisse, Swissholdings e i loro alleati politici, così come lo stesso Consiglio federale, non lesineranno sforzi per combatterla.


Il Consiglio nazionale riunito durante la sessione di giugno nei capannoni della Bernexpo per mantenere le distanze nel post-pandemia di Covid-19 (Keystone)

È solo una questione di rapporti di forza?

No. Più importante ancora: i promotori sanno che anche una vittoria alle urne non sarebbe la fine della storia, bensì l’inizio di un lungo e tortuoso percorso parlamentare. Ci si accapiglierebbe per elaborare una base legale di applicazione. Com’è successo con l’iniziativa Minder, che per anni ha dato filo da torcere al Parlamento. Al contrario, se il controprogetto del Nazionale, più incisivo, l'avesse spuntarla su quello ‘light’ difeso dal Consiglio degli Stati, l’iniziativa sarebbe stata ritirata e le disposizioni legali 'alternative' sarebbero entrate in vigore tempi molto più brevi. “Ed è ciò che conta per le vittime di violazioni dei diritti umani”, ha ribadito mercoledì il Comitato d’iniziativa.

Cosa chiede l’iniziativa? 

Poggia su due pilastri: il dovere di diligenza e la responsabilità civile. Le società con sede in Svizzera devono verificare regolarmente le conseguenze delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente ovunque nel mondo. In caso di danni, devono adottare misure adeguate e rendere conto dei problemi identificati e delle misure adottate (dovere di diligenza). Possono essere chiamate a rispondere davanti a un tribunale svizzero non solo dei propri atti, ma anche di quelli delle loro filiali e delle imprese controllate all’estero (responsabilità civile). Sono però liberate dalla responsabilità se provano di aver preso tutte le misure ragionevoli per impedire i danni e di non aver potuto influenzare il comportamento delle loro filiali.

Cosa prevede il controprogetto dei 'senatori?

Un duplice obbligo, di rendiconto e di diligenza. L’obbligo di rendiconto, conforme a una direttiva Ue in vigore dal 2017, ha una portata limitata: le aziende con più di 500 dipendenti devono presentare ogni anno un rapporto su diritti umani e ambiente. Eccezioni sono possibili. Anche l’obbligo di diligenza è circoscritto: agli ambiti 'minerali provenienti da zone di conflitto' e 'lavoro minorile'. Non è prevista alcuna norma sulla responsabilità. 

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