Svizzera

Coronavirus, zero casi in Svizzera. Le misure di Berset

Il ministro della sanità elvetico: "Ulteriori esami, soprattutto in Ticino, più informazione e prontezza operativa'. Alle 16 la parola alle autorità ticinesi

Berset in conferenza stampa. foto keystone
24 febbraio 2020
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Non ci sono finora casi confermati di coronavirus (Covid-19) in Svizzera. Lo ha annunciato oggi il ministro della sanità, Alain Berset, in conferenza stampa a Berna, presentando una serie di misure supplementari: maggiore informazione, prontezza operativa e ulteriori esami, soprattutto in Ticino. 

Il ministro ha aggiunto che le autorità stanno istituendo la possibilità di effettuare test direttamente in Ticino. Nei prossimi giorni la Confederazione rifornirà inoltre di mascherine ospedali e medici del cantone. Sarà pure sviluppata la hotline informativa.

"Sono stati finora effettuati accertamenti su circa 300 casi sospetti, tutti sono risultati negativi", ha spiegato il consigliere federale, aggiungendo che ci sono ancora alcune decine di persone in quarantena. Il rischio per la Svizzera resta elevato, ha ribadito.

Berset ha sottolineato che la Svizzera è ben preparata e c'è un piano d'azione. “Seguiamo la situazione di ora in ora”. Il ministro ha pure voluto lodare la buona coordinazione fra Cantoni e Confederazione e in particolare con il Ticino. “Tutti lavorano in modo efficace e veloce”, ha detto Berset. "Sono in contatto con Raffaele De Rosa, direttore del dipartimento della sanità e della socialità", ha precisato, aggiungendo di aver parlato stamane anche con il ministro italiano della salute, Roberto Speranza, e di essere in contatto con gli omologhi degli altri Paesi confinanti. 

Test direttamente in Ticino e più informazione per i pendolari alle frontiere 

Berset ha aggiunto che le autorità stanno istituendo la possibilità di effettuare test, da domani, direttamente in Ticino. Nei prossimi giorni la Confederazione rifornirà inoltre di mascherine ospedali e medici del cantone.

La task force diretta dall'Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) è operativa dallo scoppio dell'epidemia e si è riunita stamane, decidendo di intensificare gli esami nelle persone che presentano sintomi similinfluenzali, in particolare in Ticino, ha affermato Pascal Strupler, direttore dell'UFSP.

Cresce l'inquietudine fra la popolazione, ha riconosciuto, tanto che la hotline di emergenza ha ricevuto 170 chiamate sabato e 270 domenica. Per questo motivo è stato deciso di svilupparla, in tutte le lingue nazionali.

Campagna di informazione per i pendolari e negli aeroporti 

Sempre per quanto riguarda l'informazione, sarà avviata una campagna per chi si reca in Svizzera, per i frontalieri, i pendolari e negli aeroporti. Verrà inoltre istruito il personale dei mezzi di trasporto pubblici e le guardie di confine. Le disposizioni alle frontiere valgono per il Ticino, ma naturalmente anche per i Grigioni e il Vallese, cantoni che confinano con l'Italia. È poi prevista una seconda campagna di informazione sulle misure di protezione individuali, rivolta all'intera popolazione. "Le misure igieniche come il lavaggio delle mani sono molto importanti", ha ricordato Strupler.

Quanto annunciato ha lo scopo di prevenire o ritardare il più possibile l'arrivo della malattia in Svizzera. Nel pomeriggio lo Stato maggiore federale Protezione della popolazione si riunirà ancora, come avviene regolarmente da settimane, per analizzare la situazione e discutere ulteriori possibili misure.

 

In Ticino, Merlani: 'Prima o poi arriverà anche da noi'

«Sono abbastanza sicuro che prima o poi il coronavirus possa arrivare anche in Ticino. Ci stiamo attivando per minimizzare il rischio di contagio e adottare tutte le misure che giudicheremo scientificamente efficaci e proporzionate al rischio». A dirlo è il medico cantonale Giorgio Merlani, nell’attesa che oggi pomeriggio il governo e il gruppo di coordinamento allargato comunichino cosa si intende fare (molte le sollecitazioni già arrivate dai principali schieramenti politici; ieri il direttore del Dipartimento della sanità e della socialità Raffaele De Rosa non ha rilasciato dichiarazioni). «Già sabato – prosegue Merlani – abbiamo dovuto riscontrare come le catene di trasmissione risultino più difficili da tracciare con esattezza e non siano sempre chiaramente correlate a contatti con la Cina. Abbiamo quindi rafforzato le misure di presa a carico dei casi sospetti nei nostri ospedali»: coloro che presentano sintomi di un’infezione respiratoria acuta sono subito sottoposti a esami accurati e, nei casi sospetti, isolati e sottoposti allo ‘striscio’ naso-gola, anche se non hanno viaggiato né avuto contatti diretti con persone in arrivo dalla Cina o con casi confermati negli ultimi 14 giorni. A ieri sera comunque non risultava alcun caso sospetto. «In futuro non esiteremo a prendere contromisure anche impopolari, qualora lo ritenessimo necessario». Neppure nei Grigioni sono stati introdotto provvedimenti draconiani.

Il medico cantonale ricorda che «il focolaio lombardo ammonta a un centinaio di casi su una popolazione di dieci milioni di abitanti». Certo, «è ancora difficile determinare la letalità del virus, che è comunque importante non sovrastimare, visto che i casi minori probabilmente non passano neanche dagli ospedali». Quanto a misure come la chiusura delle frontiere, Merlani precisa che la competenza sui confini spetta a Berna (vedi sotto). In ogni caso, circa i lavoratori in arrivo dalla Lombardia aggiunge: «I frontalieri vivono perlopiù in un raggio di 40 chilometri dal confine: lontano dunque dai focolai accertati, peraltro messi in completa quarantena con l’ausilio di esercito e polizia. Inoltre molti frontalieri lavorano anche nei nostri ospedali, dove è importante mantenere la massima disponibilità di risorse per affrontare gli eventi». Allo stesso tempo, «anche per chi dal Ticino si reca in Italia valgono le stesse considerazioni: è chiaro che non si possono escludere del tutto rischi di contagio, ma è importante non fare allarmismi». Sulla possibilità di misurare la febbre a livello doganale, il medico precisa che «finora la stessa misura non è stata presa neppure negli aeroporti perché ritenuta di dubbia efficacia».

'Al Carnevale un minimo rischio c'è, ma non possono essere all'origine di un'epidemia'  

Questa, però, è anche la settimana del Carnevale. Meglio togliersi il costume – molti quelli visti a Bellinzona dedicati proprio al coronavirus – e restare a casa? Merlani nota che «solo il contatto stretto facilita il contagio. Ci si dovrebbe trovare a poca distanza da una persona già contagiata e verosimilmente asintomatica (dato che altrimenti, si suppone, non si troverebbe in giro). È chiaro che un minimo rischio c’è, ma non dobbiamo pensare che i carnevali possano essere all’origine di un’epidemia diffusa, che si propaghi come un fuoco nella steppa». Finché i contagiati restano pochi, la probabilità di incontrarne rimane molto bassa.

Un appello, infine, riguarda la corsa alle mascherine protettive che a livello globale sta già creando problemi di approvvigionamento negli ospedali, e potrebbe interessare anche il Ticino: «Le mascherine devono restare negli ospedali. Al di fuori, servono a chi ha già un virus per limitare il rischio di infettare altri, in quanto limita la diffusione di saliva quando ad esempio si starnutisce o tossisce. L’efficacia preventiva, invece, non è dimostrata in maniera univoca». Nel frattempo ricordiamo che la ‘normale’ influenza stagionale conta già migliaia di casi in Ticino e decine di migliaia in Svizzera, mentre nessuno è risultato finora positivo al coronavirus.

Tutte le informazioni in Svizzera e Ticino, la mappa dei casi nel mondo

La mappa aggiornata dei casi nel mondo. Dove informarsi in Svizzera e che casa fare in caso di bisogno 
Si ricorda infine che le informazioni costantemente aggiornate sono disponibili sul sito web sia a livello cantonale: www.ti.ch/coronavirus, sia a livello federale: www.bag.admin.ch. La mappa  aggiornata dei casi nel mondo  

 

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