Svizzera

Uno schiaffo ai luoghi comuni

Per Myriam Caranzano (Aspi) è necessaria una legge a livello svizzero che vieti le punizioni corporali su minori per fini educativi

Ti-Press
11 luglio 2019
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“Sono cresciuto bene anche con gli schiaffoni”. È un luogo comune che dimostra che ancora oggi vige la convinzione che la violenza educativa non abbia conseguenze serie. Ciò è da considerarsi vero sia nella vita quotidiana, che nella politica. La Svizzera è infatti uno dei pochi Paesi in Europa senza una legge che vieti esplicitamente la violenza educativa.

Tale pratica è recentemente stata proibita in Francia. Nel nostro Paese «è molto tempo che l’argomento viene proposto ai politici, ma non si smuove niente», commenta Myriam Caranzano-Maitre, direttrice della Fondazione della Svizzera italiana per l’Aiuto, il sostegno e la protezione dell’infanzia (Aspi). «La maggior parte degli adulti ha ricevuto sberle o sculacciate crescendo. È quindi logico che questo sia per tanti il primo modello educativo che viene messo in atto, visto che è quello che hanno imparato», spiega Caranzano.

Queste idee non trovano conferma nei dati, ci sono infatti «molti studi che dimostrano che la violenza subita da bambini (e si parla proprio di violenza ordinaria, quotidiana, non di casi gravi) può avere conseguenze per tutta la vita» continua la direttrice. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità «contribuisce alla perpetuazione della violenza e può essere la causa di diverse malattie».

Altra posizione comune tra gli adulti è l’associazione della non violenza alla non educazione. Questa assunzione non è però corretta. Come chiarisce infatti Caranzano «ci sono moltissimi modi per educare un figlio. Anche ‘lasciar fare’ è dannoso per i bambini. Inoltre, se tra adulti ci sono opinioni contrastanti si risolve argomentando. È dunque illogico alzare le mani solo perché si tratta di un bambino».

Ma una norma che vieti esplicitamente questa forma di violenza a livello nazionale è veramente necessaria? «I politici dicono che le leggi sono sufficienti. Eppure ci sono state tante situazioni, dove dei minorenni hanno ricevuto sberle o sculacciate, ma l’adulto è poi stato assolto, perché il suo obiettivo era quello di educare», dice Caranzano. Secondo la direttrice, una legge che vieta esplicitamente le punizioni corporali «farebbe chiarezza sul fatto che la violenza non è mai accettabile».

Stando a Caranzano, siamo in presenza di una zona grigia, che verrebbe abolita con tale legge: «Un giudice non potrebbe più assolvere qualcuno solo perché aveva un’intenzione educativa». Come illustra la direttrice, ci sono inoltre molti studi, che mostrano come nei Paesi in cui è stata accolta una legge del genere, vi sia stata una diminuzione di tutte le forme di violenza, vale a dire sia quella sui minori, ma anche quella sulle donne e tra i giovani.

Ciononostante, in Svizzera non esiste ancora una norma al riguardo. Da diversi anni vengono proposte mozioni per iscriverne una nel Codice civile svizzero. Tutte quante sono però state respinte. Anche il Comitato dell’Onu sui diritti del bambino pone richieste agli Stati in tal senso. A parere di Myriam Caranzano i motivi principali di una tale opposizione sono due: «Innanzitutto secondo i politici l’educazione del bambino appartiene alla famiglia e lo Stato non deve interferire». Inoltre, continua la direttrice, «anche i politici sono esseri umani che ragionano in base alla propria esperienza. Come altri adulti, hanno probabilmente ricevuto qualche sberla e non si rendono quindi conto che è giunto il momento di cambiare».

Nonostante la Svizzera sia in ritardo rispetto alle altre nazioni, Caranzano si mostra speranzosa: «È un procedimento lento, ma se tutti quelli che ci credono continuano ad argomentare, alla fine si ottiene un risultato». E ricorda: «Quando parlavo di ciò circa trenta anni fa, sembravano idee folli. Al giorno d’oggi invece molte persone, anche a livello mondiale, sono convinte di questo e si impegnano per promuovere una riflessione in tal senso e provocare un cambiamento».

Deputati ticinesi divisi

Il Parlamento si è finora sempre opposto all’introduzione nella legge di un divieto esplicito delle punizioni corporali su minori, respingendo negli anni diversi atti parlamentari sul tema. Attualmente è pendente una mozione della consigliera nazionale Géraldine Marchand-Balet (Ppd/Vs) che chiede di proibire queste pratiche, spesso giustificate con fini educativi.

Per il Consiglio federale “il diritto dei genitori di ricorrere a punizioni corporali è incompatibile con il bene del minore”. Tuttavia, il governo raccomanda al Parlamento di respingere la mozione di Marchand-Balet, che mira a inscrivere nel Codice civile un divieto esplicito. E questo perché sono principalmente “i programmi di sensibilizzazione e informazione – precisa l’esecutivo – che permettono di modificare in maniera profonda l’atteggiamento delle persone responsabili dell’educazione”.

Cofirmatari della mozione sono, tra gli altri, i consiglieri nazionali ticinesi Ppd Fabio Regazzi e Marco Romano. Per quest’ultimo “falle o incertezze giuridiche vanno chiuse prima possibile, sia per prevenire sia per sanzionare con rigore. Violenza e educazione sono in contraddizione e non possono coesistere”, sottolinea Romano a ‘laRegione’. Per Regazzi occorre “un divieto chiaro ed esplicito delle punizioni corporali, ma direi anche psichiche, nei confronti dei minori per tutelarli maggiormente”. E questo perché “in un Paese civilizzato non è più tollerabile questo tipo di violenza”. Il suo collega di partito e ‘senatore’ Filippo Lombardi ritiene invece che “la legge attuale sia sufficiente” e che gli eccessi “vanno corretti con la sensibilizzazione e con l’applicazione coerente della legge in vigore”.

Dal canto suo, il consigliere nazionale Marco Chiesa (Udc) è favorevole a “un miglioramento concreto nella protezione dei minori”, ma non è convinto che la strada intrapresa da Marchand-Balet sia quella giusta: “O la mozionante sarà in grado di smentire il Consiglio federale o altrimenti rischiamo di essere in presenza di un atto parlamentare tanto dimostrativo quanto inconcludente. Se c’è da fare un passo, lo si faccia in avanti e non di lato”.

Per Roberta Pantani (Lega dei Ticinesi) “alzare le mani contro un bambino è sempre sbagliato”. Tuttavia, “legiferare su un tema del genere, è ammettere di fatto che a causa dei comportamenti sconsiderati di alcuni, tutti gli altri ci devono rimettere. Anche perché, mai come in questo caso, dovrebbe essere il buon senso a vincere”. Ma ormai “non è più così”, sottolinea la deputata ticinese, riferendosi in particolare al fatto che con l’immigrazione “sono arrivati in Europa anche metodi punitivi da noi pressoché sconosciuti”.

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