BERNA

Picchiava la figlia, poi morta: condannato un eritreo

Il tribunale di Berna ha riconosciuto ripetuti maltrattamenti alla bambina di 8 anni. Entrambi i genitori saranno espulsi dalla Svizzera

archivio Ti-Press
26 aprile 2019
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Il Tribunale regionale di Berna-Mittelland ha condannato oggi a tre anni e mezzo di carcere un 40enne eritreo per aver inflitto ripetuti maltrattamenti alla figlia di otto anni, che era poi morta in ospedale. Alla moglie 33enne, pure eritrea, sono stati inflitti 26 mesi, di cui 10 da scontare. Entrambi dovranno essere in seguito espulsi.

L'uomo è stato condannato per lesioni gravi e ripetuta coazione, come anche la moglie, rea di non essere intervenuta per metter fine alle torture. Poiché ha già scontato la pena in detenzione preventiva, la donna sarà rilasciata. Il pubblico ministero aveva chiesto rispettivamente quattro anni e 28 mesi, mentre la difesa auspicava per entrambi pene con la condizionale.

I maltrattamenti erano avvenuti tra il novembre 2017 e il febbraio 2018 a Bümpliz, quartiere popolare alla periferia occidentale di Berna, dove la famiglia abitava. Il padre batteva la figlia praticamente ogni giorno, a volte a schiaffi, a volte a pugni o con una cinghia per costringerla a mangiare e bere di più. A volte lo faceva fino a farla vomitare. Inoltre la obbligava ad estenuanti esercizi di ginnastica. Se non ubbidiva erano botte.

Il 15 febbraio 2018 la bambina è morta all'Inselspital, nella città federale, dove era stata ricoverata per una infezione. È stato lì che i sanitari hanno notato gli ematomi di cui il corpo della piccola era coperto. I genitori sono stati denunciati. Un rapporto tra il decesso e i maltrattamenti non ha però potuto essere provato, ragione per cui non c'è stato processo per omicidio.

Il padre era fuggito dall'Eritrea già nel 2014 ed era stato raggiunto a Berna da moglie e figlia nell'autunno 2017. In aula non ha negato di aver picchiato la bambina. Quale motivo ha sostenuto che questa mangiava troppo poco, a volte soltanto un cucchiaio di cibo, "Non potevo accettarlo", ha dichiarato ai giudici. La donna ha giustificato la sua passività dicendo di avere paura del marito, che l'avrebbe picchiata a sua volta in una occasione in cui aveva osato intervenire.

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