Svizzera

Contrabbando, Svizzera criticata dalla Tanzania

Indigna l'inazione delle autorità elvetiche nei confronti di tre trafficanti cinesi dopo il sequestro di avorio - 262 chili - nel 2015 all'hub di Zurigo

15 aprile 2019
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Sta suscitando "indignazione" in Tanzania l'asserita inazione della Svizzera nei confronti di tre trafficanti cinesi dopo un maxi sequestro di avorio - 262 chili - avvenuto nel luglio 2015 all'aeroporto di Zurigo. Lo scrive in un articolo pubblicato oggi il giornale di Friburgo "La Liberté". "La Svizzera ha trattato la vicenda con una tale leggerezza! (...) Non avrebbe mai dovuto liberare i tre trafficanti", che se fossero stati estradati avrebbero preso almeno 20 anni di carcere e una mega multa, afferma l'ufficio del procuratore generale tanzaniano citato dal giornale. Secondo "La Liberté", la giustizia del paese africano sta attualmente giudicando quattro dipendenti dell'aeroporto di Dar-es-Salaam che avrebbero aiutato i tre cinesi. La sentenza è attesa nei prossimi mesi.

Il 4 agosto 2015 l'Amministrazione federale delle dogane (Afd) e l'Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (Usav) avevano annunciato in una conferenza stampa l'avvenuto sequestro, il 6 luglio allo scalo di Kloten, di pezzi di zanne d'elefante per complessivi 262 chili d'avorio, che sul mercato nero avrebbero avuto un valore di 400'000 franchi. Per ottenere una simile quantità di avorio erano stati uccisi fra 40 e 50 elefanti, era stato allora affermato (le autorità tanzaniane parlano invece di 90 pachidermi, secondo "La Liberté").

Oltre all'avorio, nelle valigie era stato trovato anche un chilo circa di artigli e denti di leone, nel maggiore sequestro di questo genere mai avvenuto all'aeroporto zurighese.

Le zanne, appositamente tagliate, erano state trovate in otto valigie appartenenti a tre cittadini cinesi tra i 21 e i 37 anni provenienti da Dar-es-Salam, la maggiore città della Tanzania. I tre erano stati interrogati e quindi rilasciati dopo il versamento di una cauzione di 100'000 franchi. Secondo "La Liberté", hanno potuto ripartire per Pechino dopo un deposito di multa di 3000 franchi e non sono più stati inquietati in seguito, sebbene la legge svizzera consenta di infliggere fino a un milione di franchi di multa o tre anni di carcere ai trafficanti.

Interpellato da Keystone-Ats l'Usav ha confermato di aver aperto un procedimento penale e di aver inoltrato una richiesta di assistenza giudiziaria a Pechino più di tre anni fa. Stando alla "Liberté", "diverse fonti in ambienti della protezione dell'ambiente e delle dogane cinesi indicano che Pechino considera chiuso il caso, poiché gli svizzeri hanno confiscato l'avorio e imposto un deposito di multa".

Matthias Lörtscher, responsabile all'Usav per il settore della protezione delle specie e l'importazione da paesi terzi, contesta questa interpretazione. I cinesi non hanno finora fornito risposta. "Non sappiamo perché non diano seguito alla nostra richiesta", afferma.

Poiché il procedimento penale è tuttora in corso, l'Usav rifiuta di fornire ulteriori informazioni. Lörtscher assicura comunque che l'ufficio federale prevede di rammentare il caso ai suoi interlocutori cinesi in occasione della prossima conferenza della Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione (Cites), che si terrà in maggio nello Sri Lanka. Se non ci fossero sviluppi, il caso potrebbe essere archiviato.

L'Usav cerca di sminuire la sua responsabilità per il comportamento tenuto nella vicenda, sostenendo che la Svizzera non era abituata a simili sequestri. La quasi totalità delle infrazioni alla legge sulle specie protette sono infatti casi minori, come permessi di autorizzazione non conformi eccetera, si giustifica l'ufficio federale. Delle circa 300 infrazioni riscontrate nel 2016, oltre il 90% sono sfociate in una procedura amministrativa senza multa, scrive "La Liberté".

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