L'approfondimento

Antidolorifici, l’oppio dei popoli

L'abuso ha messo in ginocchio gli Usa. In Svizzera la situazione sembra sotto controllo. Ne abbiamo parlato con Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale

12 aprile 2019
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Negli Stati Uniti si parla di vera e propria epidemia: l’abuso di oppioidi ha già provocato decine di migliaia di morti per overdose e un grave problema di dipendenza. E non si tratta solo di decessi dovuti a prodotti illegali, comperati sul mercato nero, come l’eroina, ma antidolorifici prescritti da medici. E infatti sono state intavolate più di mille cause legali contro le grandi case farmaceutiche che li producono (cfr. articolo sotto). Una di queste è la Purdue Pharma, che produce l’Oxycontin: secondo alcuni esperti, sarebbe proprio questo medicinale ad aver innescato la crisi degli oppioidi in Nordamerica.

Giovan Maria Zanini, farmacista cantonale, gli antidolorifici a base di oppioidi che hanno generato gravi problemi negli Usa vengono distribuiti anche in Svizzera?

Sì. L’Oxycontin, così come altri prodotti analoghi, è disponibile anche nel nostro Paese.

Nella Confederazione non sembrerebbe esserci un abuso come negli Stati Uniti...

Per questo tipo di farmaci ci sono una serie di condizioni molto chiare e restrittive a livello di dispensazione ai pazienti e di prescrizione, proprio per evitare che questo capiti. Questi prodotti sono soggetti alla legge federale sugli stupefacenti. Ciò significa che il medico per prescriverli deve usare un formato particolare di ricetta: i farmaci prescritti vengono anche segnalati al farmacista cantonale. Infatti, due volte all’anno ricevo dalle farmacie informazioni su tutte le consegne di stupefacenti effettuate su prescrizione medica. Insomma, posso sapere chi sono i medici che li prescrivono, chi sono i pazienti e la quantità di prodotto consegnato. Ciò serve per avere un controllo sulla prescrizione, sul consumo e sulla dispensazione in farmacia. Se emergono casi problematici, si possono poi fare anche verifiche approfondite. Inoltre, dal 2011 le sanzioni penali sono state inasprite per chi prescrive e consegna stupefacenti in modo contrario alle regole dell’arte medica.

Come vi accorgete di un problema?

Il medico deve rispettare determinate regole: di principio, eccetto casi particolari, può prescrivere al massimo il quantitativo di farmaco per trenta giorni, poi deve rivedere il paziente. Se ad esempio dopo 10 giorni il paziente richiede già una nuova ricetta, è evidente che c’è qualcosa che non va. Medici e farmacisti possono poi segnalare pazienti che stanno diventando problematici. In questi casi imponiamo alla persona di avere un medico e un farmacista di riferimento. Perché quando il paziente sia avvia verso la strada della tossicodipendenza, potrebbe chiedere anche ad altri medici di prescrivergli le sostanze che cerca.

Uno studio pubblicato lo scorso agosto su ‘Revue médicale suisse’, rileva che il consumo di farmaci a base di oppioidi è aumentato di 23 volte dal 1985 al 2015. Cosa ne pensa?

Bisogna fare molta attenzione a leggere questo tipo di studi, anche se sono oggettivamente corretti. Mi spiego: negli anni 90, in Svizzera e quindi anche in Ticino, gli oppioidi venivano usati troppo poco. C’erano quindi persone malate con grandi dolori che sarebbero stati curabili. In particolare nelle fasi terminali delle malattie tumorali, ma anche in seguito a interventi chirurgici ad esempio a livello viscerale. I pazienti stavano male perché i medici erano restii a somministrare oppioidi, temendo danni a lungo termine per il paziente. Quindi l’obiettivo in quegli anni è stato quello di sviluppare in particolare le cure palliative [cure he non hanno come obiettivo la guarigione, ma di garantire la qualità della vita al paziente, ndr]. L’aumento notevole dell’uso di oppioidi è da questo punto di vista una buona cosa, visto che in questo modo i pazienti non soffrono più come trenta anni fa.

Insomma, possiamo stare tranquilli...

È chiaro che problemi con gli oppioidi ci possono essere e ci sono stati. Non siamo sicuramente al livello degli Usa, ma ciò non significa che in Svizzera nessuno sia diventato dipendente. Qualche caso è stato anche oggetto di interventi di vigilanza sul medico o sul farmacista: infatti il medico potrebbe prescrivere più del necessario, mentre il farmacista potrebbe distribuire il prodotto senza ricetta, ritenendo di fare un servizio al paziente, facendosi però scappare la situazione di mano.

Quindi un farmacista può consegnare questi prodotti a una persona anche senza ricetta?

Se la sua valutazione professionale è quella di consegnare il prodotto al paziente senza ricetta, perché, ad esempio, in casi straordinari, non riesce a contattare il medico, allora la legge, entro certi limiti estremamente stretti, gli dà il diritto di farlo. Il farmacista deve scegliere l’alternativa più giusta dal punto di vista dell’assistenza del paziente. E penso sia anche doveroso che sia così. Ricordiamoci che questi prodotti servono per la cura dei dolori molto intensi.

Ma non ci sono alternative agli oppioidi?

Ci sono il paracetamolo, l’aspirina, gli antiinfiammatori, così come altri farmaci che possono fungere da alternative. Ma bisogna essere onesti: se una persona ha un dolore intenso, l’unico prodotto che funziona egregiamente sono gli oppioidi. Parlare di alternative è giusto, ma bisogna fare il conto con la realtà.

Ci si può procurare questi prodotti anche su internet?

Sì, si possono trovare in rete. Chi le importa però è penalmente punibile, perché si tratta di importazione di stupefacenti. Chiaramente però le persone dipendenti fanno capo anche a internet per procurarsi il prodotto. Ci sono stati casi di acquisti, intercettati dalle autorità, anche in Ticino. Questi casi riguardano però il mondo della tossicodipendenza. Per evitare di arrivare a questa situazione, il medico deve curare il paziente in modo tale che riceva il medicamento fintanto che ne ha bisogno, e basta. E questo vale anche per i sonniferi, per esempio.

Parlando di sonniferi: uno studio dell’anno scorso rivelava che in Ticino il 25% dei pazienti ricoverati in ospedale aveva un abitudine consolidata a prendere farmaci per placare l’ansia e per prendere sonno. Ci sono analogie con gli oppioidi?

Per i sonniferi il principio è uguale: se servono, allora si prescrivono e, quando non sono più necessari, si interrompe la somministrazione. Ci sono analogie con gli oppioidi proprio perché non si è sempre sufficientemente attenti a interrompere il farmaco al momento opportuno. Bisogna anche dire che smettere di colpo non è molto facile. Infatti bisogna interrompere l’assunzione gradatamente.

Da quando si può diventare dipendenti?

Per gli oppioidi non si può dare un termine né di tempo, né quantitativo. È stata fatta molta ricerca nei malati terminali ed è stato rilevato che la dipendenza non si sviluppa così velocemente. La stragrande maggioranza dei pazienti che usano questi farmaci per la cura del dolore, svolgono la loro cura e in seguito ne interrompono l’assunzione senza essere diventati dipendenti in nessun modo. Nel caso delle benzodiazepine (sonniferi e ansiolitici), dopo 10-15 giorni si dovrebbe già interrompere la somministrazione, perché sennò potrebbe diventare troppo tardi. In questo caso ci sono dati temporali più precisi, per gli oppioidi invece no.

La colpa per la crisi in Nord America? ‘È più dei medici che delle case farmaceutiche’

Negli Stati Uniti nel 2107 ci sono stati più morti per overdose di oppioidi che vittime di incidenti stradali, secondo il National Safety Council. In particolare, stando ai dati dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc), nel 2017 sono decedute quasi 48mila persone per overdose da oppioidi. Più di 17mila di questi ultimi sono morti a causa di farmaci prescritti da medici. Sia negli Usa, sia in Canada ci sono città, Stati e provincie che hanno fatto causa alle grandi case farmaceutiche, accusate di aver ingannato medici e pazienti non avendoli avvertiti correttamente sui rischi (leggi dipendenza) degli oppioidi. Recentemente vi è stato il primo patteggiamento per Purdue Pharma, che produce l’Oxycontin. Si tratta di un prodotto simile alla morfina che, secondo alcuni esperti, sarebbe alla base della grave crisi nel Nord America. I proprietari della casa farmaceutica, la famiglia Sackler, hanno dunque raggiunto un accordo per chiudere la disputa con le autorità dell’Oklahoma per 270 milioni di dollari.

«Sentendo la notizia alla radio [del patteggiamento di Purdue Pharma] sono rimasto quasi incredulo», afferma a ‘laRegione’ il farmacista cantonale Giovan Maria Zanini. «Non sul fatto che molte persone sono diventate tossicodipendenti, e nemmeno che hanno un’emergenza con gli oppiacei, ma piuttosto del fatto che si incolpa la ditta farmaceutica perché non ha detto che questo tipo di prodotto causa dipendenza. Io credo che qualsiasi medico, farmacista o studioso sa a priori che essendo il prodotto un oppioide (come la morfina o l’eroina) vi è questo problema», sottolinea Zanini. «È vero che in una fase iniziale – prosegue il farmacista cantonale – la ditta farmaceutica ha affermato che l’Oxycontin dà meno problemi di dipendenza rispetto agli altri oppiacei. E probabilmente le stanno facendo pagare questo. Ma la reazione istintiva che ho avuto sentendo la notizia è stata: se ci sono pazienti che deviano da quella che è una cura e sviluppano una dipendenza, il problema principale è da ricercare nel medico o rispettivamente nel farmacista».

Secondo Zanini, le informazioni che ricevono, sia i professionisti della salute, sia i pazienti sull’Oxycontin sono molto trasparenti: «Si dice in modo estremamente chiaro che l’assunzione a lungo termine può causare una dipendenza fisica con crisi di astinenza. E che quando il medicamento non è più indispensabile bisogna interrompere la somministrazione gradatamente». Insomma, «il fatto che questi prodotti possano portare a una dipendenza non dovrebbe stupire nessuno», conclude Zanini. BARE/ATS

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