Svizzera

Meno piccole ambasciate svizzere all'estero

È quanto vorrebbe il Controllo federale delle finanze per evitare dispersione delle risorse. Pur difendendo il suo lavoro, il Dfae terrà conto delle osservazioni

archivio Ti-Press
13 marzo 2019
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Il Controllo federale delle finanze (AFD) vorrebbe che ci fossero meno piccole ambasciate svizzere all'estero. La loro moltiplicazione causa infatti una dispersione delle risorse. Il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) difende il suo lavoro, ma terrà conto di queste osservazioni.

Il modello delle piccole ambasciate non dovrebbe essere esteso, scrive il CDF in un rapporto pubblicato mercoledì. Il DFAE dovrebbe esaminare le esigenze e il profilo delle ambasciate con obiettivi più ambiziosi. Per le rappresentanze diplomatiche con un valore aggiunto limitato, il dipartimento dovrebbe studiare soluzioni alternative, come la regionalizzazione o l'ambasciatore in residenza a Berna, sulla falsariga di quanto fanno altri paesi.

Tra le 169 rappresentanze all'estero, la Confederazione conta circa 100 ambasciate. Trentuno sono piccole sedi con un solo diplomatico e tre o quattro dipendenti locali. I loro costi annuali ammontano a circa 25 milioni di franchi, pari al 6% del budget della rete estera, esclusa la Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC). La maggior parte di esse si trova nei paesi dell'Unione europea (UE).

Le piccole rappresentanze sono la risposta del DFAE all'espansione della rete in Europa dell'est e in Asia centrale dopo la caduta del muro, la disgregazione dell'URSS e della Jugoslavia. Lo stesso principio è stato applicato nei paesi emergenti. La densità delle rappresentanze della Svizzera, piuttosto elevata, è paragonabile a quella dei Paesi Bassi. È un modo per mantenere l'universalità, uno dei tre principi di gestione della rete estera, assieme a coerenza ed efficienza.

Secondo il CDF però, il principio dell'universalità non può essere fine a se stesso. Il DFAE condivide questo punto di vista, ma ritiene indispensabile che la Svizzera, in quanto Stato sovrano, si affidi a un'ampia rete di rappresentanze per difendere i propri interessi politici, economici, culturali o scientifici.

Questo approccio a lungo termine implica che l'apertura o la chiusura di una sede non dipenda dagli sviluppi a breve termine, continua il DFAE. Soprattutto perché le eventuali chiusure e riaperture sono costose e poco utili alle relazioni bilaterali con lo Stato ospitante. Il DFAE riconosce la necessità di rivedere la propria strategia per le piccole ambasciate e ritiene che l'analisi del CDF costituisca una buona base.

Per le piccole sedi che rimarranno aperte, il personale è estremamente importante. Essere in grado di identificare le persone giuste per i compiti che spesso dovranno svolgere sole, è un elemento chiave.

Il CDF ha esaminato anche un'altra attività del DFAE, ossia l'acquisto di beni e servizi per operazioni umanitarie. L'audit si basa su un campione di tre progetti di aiuto umanitario in Nepal e Haiti.

Una delle principali osservazioni riguarda il codice di condotta per i fornitori. Per evitare possibili danni alla reputazione della Svizzera, occorre prestare maggiore attenzione a che i fornitori rispettino le norme sociali nelle gare d'appalto, scrive il CDF. A tal fine, il DFAE sta elaborando un codice. Il CDF raccomanda inoltre di inserire un riferimento esplicito alla possibilità di effettuare controlli dei fornitori.

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