Solo l’Udc respinge fermamente l’introduzione dello stop di 2 settimane. I maggiori partiti approvano, il Plr deciderà lunedì
“Più di 30 volte il parlamento ha detto no” a un congedo paternità, ha scritto ieri il ‘Tages-Anzeiger’. Ora il vento sembrerebbe però cambiato. Solo l’Udc si è detto contrario a uno stop di due settimane per i neo papà. Tutti gli altri maggiori partiti – eccetto il Plr che deciderà lunedì – sostengono il progetto. La scorsa estate la commissione competente del Consiglio degli Stati ha elaborato un controprogetto indiretto all’iniziativa popolare ‘Per un congedo paternità ragionevole’, prevedendo due settimane di stop per i neopapà invece che quattro. Questa proposta è quindi stata posta in consultazione fino ad oggi. I partiti rosso-verdi hanno indicato nelle relative prese di posizione di appoggiare il controprogetto. Tuttavia, secondo loro il testo è troppo timido e di fatto chiedono di più: come rilevano anche i sindacati, nemmeno le 4 settimane previste dall’iniziativa sono sufficienti. Dal canto loro l’Udc e le organizzazioni dell’economia respingono entrambe le versioni: la decisione di concedere un congedo paternità deve essere lasciata alle singole aziende.
Secondo il Ps e i Verdi liberali il controprogetto va nella giusta direzione, perché in questo modo si ancorerebbe il congedo paternità direttamente nella legge. Secondo i socialisti si tratterebbe inoltre di un passo concreto verso l’uguaglianza tra uomo e donna nell’ambito della famiglia e del lavoro. Tuttavia, per Ps, Verdi e i sindacati le quattro settimane previste dall’iniziativa sono solo un “compromesso minimalista”. Per l’Unione sindacale svizzera (Uss) due settimane di congedo sono al massimo un “premio di consolazione”. La proposta in consultazione è “troppo timida e assolutamente insufficiente”, hanno aggiunto i Verdi. A loro avviso non bastano né due né quattro settimane. Gli ecologisti, così come Ps e i sindacati esigono quindi un congedo parentale di 28 settimane, di cui almeno otto per i padri, da prendere nei dodici mesi successivi alla nascita.
Anche secondo il Pbd un congedo parentale sarebbe la soluzione migliore, visto che rappresenterebbe una misura moderna e flessibile per conciliare lavoro e famiglia. Al momento però tale soluzione non sembrerebbe essere in grado di trovare l’appoggio di una maggioranza. Per questo motivo il partito sostiene il controprogetto indiretto. Il finanziamento sia di quest’ultimo, sia dell’iniziativa – si stimano costi di 220 milioni di franchi all’anno, rispettivamente di 420 milioni – averebbe con un aumento del tasso di prelievo dell’Ipg. Secondo Travail.Suisse tale incremento sarebbe facilmente sopportabile dall’economia, in entrambi i casi.
Anche per il Ppd, dai cui ranghi è nata la proposta di controprogetto, il compromesso di due settimane è sopportabile sia per le piccole e medie imprese che per le assicurazioni sociali, e a beneficiarne saranno le famiglie. Dal canto suo, l’Udc è invece contraria al controprogetto indiretto invocando gli stessi motivi per cui raccomanda di respingere l’iniziativa popolare. L’idea dello stato sociale non consiste nel “fornire servizi individuali attraverso la ridistribuzione”. Per il partito, le piccole e medie imprese già oggi riescono a trovare soluzioni per permettere a neopapà di conciliare la nascita di un figlio con i loro obblighi lavorativi.
A respingere iniziativa e controprogetto vi sono poi anche l’Unione svizzera delle arti e mestieri e l’Unione svizzera degli imprenditori. Quest’ultima ricorda che la maggioranza delle aziende svizzere ha meno di dieci dipendenti. E che per queste imprese è praticamente impossibile attuare un congedo paternità. Secondo il ‘Tages-Anzeiger’ è proprio a causa della posizione netta dell’economia che il Plr non ha ancora preso posizione sul controprogetto (il partito si oppone all’iniziativa): il liberali radicali sarebbero divisi tra i politici romandi, a favore del congedo paternità di due settimane, e quelli svizzerotedeschi, contrari. Stando al quotidiano zurighese, il controprogetto diretto potrebbe quindi avere buone possibilità di essere accolto in parlamento.