Svizzera

La Svizzera ha esportato più armi nel 2018, ma...

L'anno scorso sono stati venduti all'estero 510 milioni di franchi in armamenti, ma la differenza è dovuta al tipo di calcolo. Pilatus alla lente

Un Pilatus PC-21 (Keystone)
26 febbraio 2019
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L’export di armi sembra essere in ripresa: nel 2018 è aumentato del 14% rispetto all’anno precedente ed è stato rilevato anche un forte incremento delle esportazioni autorizzate. Il maggiore acquirente è stata la Germania, ma è stato esportato materiale bellico anche verso Paesi coinvolti nella guerra in Yemen. 

Le Segreteria di Stato dell’economia (Seco) ha indicato oggi in una nota che l’anno scorso sono state esportate armi per un valore di 510 millioni di franchi. L’aumento dell’export – stando alla Seco – è però da ricondurre al cambiamento del metodo di calcolo: dal 2018 si tiene infatti conto anche del “traffico delle riparazioni e delle esportazioni temporanee”.  Sempre l’anno scorso la Seco ha inoltre accolto richieste di esportazione  per un valore di circa due miliardi di franchi. Nel 2017 tale cifra ammontava a 584 milioni. La differenza tra il valore delle esportazioni effettive e quello delle richieste autorizzate si spiega con il fatto che alcune armi vengono esportate solo l’anno dopo e che spesso manca la necessaria copertura finanziaria. 

Per quanto riguarda i Paesi destinatari, il maggior acquirente è stata la Germania, nella quale è stato esportato materiale bellico per un valore di 118 milioni di franchi. Seguono Danimarca, Stati Uniti, Romania e Italia. Sono però state esportate armi anche verso Paesi più controversi come Pakistan (11 milioni), Emirati arabi Uniti (9 milioni) e Arabia Saudita (2,2 milioni). E ciò è stato criticato in particolare dal Gruppo per una Svizzera senza esercito, visto che gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita sono “fortemente implicati” nella guerra nello Yemen, ha indicato ieri l’organizzazione in un comunicato.

E proprio per aiutare lo Yemen, la Svizzera verserà 13 milioni di franchi ai programmi umanitari, cui va aggiunto un ulteriore milione per il processo di pace. A dirlo è stata oggi la consigliera federale Simonetta Sommaruga, nel suo discorso a Ginevra per la terza conferenza dei paesi donatori promossa - oltre che da Berna - dalla Svezia e dell'Onu.

Quattro procedimenti contro Pilatus

Proprio per quanto riguarda i Paesi coinvolti nelle guerra in Yemen, ieri il 'Tages-Anzeiger' ha indicato che il Dipartimento degli affari esteri (Dfae) sta verificando le attività di Pilatus non solo in Arabia Saudita, ma anche in Qatar , in Giordania e negli Emirati Arabi Uniti. In tutti questi Paesi il costruttore aeronautico nidvaldese fornisce infatti supporto per quanto riguarda i suoi arei d’addestramento PC-21 e i relativi simulatori.

Già lo scorso ottobre il ‘Tagi’ aveva rivelato che Pilatus aveva concluso con Riad un contratto di manutenzione per la sua flotta di PC-21, senza informare il Dfae. In questo modo il costruttore di aerei avrebbe violato la Legge federale sulle prestazioni di sicurezza private fornite all’estero.  Stando al quotidiano svizzerotedesco, Pilatus aveva in seguito consegnato al Dfae la relativa documentazione, più quelle riguardanti anche altri Paesi, tra i quali Qatar, Giordania e Emirati Arabi. Il Dipartimento degli affari esteri sta quindi ora verificando se le attività del costruttore di Stans in questi Paesi siano conformi alla legge. 

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