Svizzera

Sette misure (più una) per un servizio civile meno attrattivo

Il Consiglio federale vuole ‘ridurre in modo sostanziale’ il numero di ammissioni. Anche abolendo gli impieghi umanitari all'estero.

(Keystone)
21 febbraio 2019
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Uno svolge la formazione gratis in grigioverde per conseguire la patente di camionista, poi alla fine della scuola reclute opta per il servizio civile. Casi come questi – parole del ministro dell’economia Guy Parmelin – «perturbano il buon funzionamento dell’esercito», che «perde specialisti per i quali è stato investito tempo e denaro». E così il Consiglio federale trasmette al Parlamento una proposta affinché in futuro le partenze dal servizio militare verso il servizio civile siano ridotte «in modo sostanziale»: sette misure più una (l’abolizione del servizio civile all’estero), pensate soprattutto per i militari che hanno adempiuto la scuola reclute, gli specialisti e i quadri dell’esercito. Il referendum è nell’aria.

Il servizio civile è stato creato nel 1996 per le persone che per ragioni di coscienza non possono assolvere il servizio militare, ha ricordato il consigliere federale Udc. «Non c’è libera scelta tra servizio militare e civile», ha insistito Parmelin in conferenza stampa a Berna. Il fatto è che il numero delle ammissioni ha subito un’impennata, in particolare dal 2011. Anche se nel 2018 vi è stata una lieve flessione, la tendenza è «chiara». A preoccupare il vodese e i suoi colleghi di governo è soprattutto l’elevata percentuale (2018: 36,5%) di civilisti ammessi tra chi ha assolto la scuola reclute. Un’emorragia di soldati che mette in forse la capacità dell’esercito, secondo il responsabile del Dipartimento economia, formazione e ricerca (Defr). «Se non si agisce oggi, il rischio è che poi sarà troppo tardi (...). Il mantenimento degli effettivi dell’esercito rappresenta un interesse pubblico preponderante», ha aggiunto l’ex ministro della difesa.

In consultazione, «una netta maggioranza» di Cantoni e partiti ha approvato le sette misure proposte dal governo. Le principali: introduzione di un numero minimo di 150 giorni di servizio civile (oggi: numero dei giorni di servizio militare moltiplicato per un fattore di 1,5) e di un periodo d’attesa di 12 mesi tra la presentazione della domanda e l’ammissione per i militari incorporati nell’esercito (scuola reclute adempiuta); applicazione di un fattore 1,5 (oggi: 1,1) anche per sottufficiali e ufficiali nel calcolo della durata del servizio civile.

In altre parole: per chi ha già al suo attivo molti giorni di servizio d’istruzione nell’esercito vi saranno «esigenze supplementari» in relazione alla prova dell’atto. In futuro queste persone dovranno svolgere un numero di giorni di servizio civile più elevato rispetto a quello previsto dalla legislazione attuale, si legge in una nota dell’esecutivo. È la prova, a detta di Parmelin, che questi provvedimenti sono «mirati». E sono anche «proporzionati», dato che il Consiglio federale ha preferito astenersi dall’adottare ulteriori inasprimenti che potrebbero generare effetti collaterali indesiderati (il rischio è che una persona non scelga né il servizio militare né il servizio civile).

Ma la novità più controversa è «l’ottava misura»: l’abolizione degli impieghi all’estero. Il governo vuole «ristabilire una certa equivalenza nell’attrattività tra servizio militare e civile», ha detto Parmelin. Nell’esercito non sono infatti possibili impieghi all’estero organizzati autonomamente. La misura («estremamente simbolica», ha ammesso il vodese) riguarda poco più dell’1% dei civilisti (67 nel 2018), oggi impiegati per lo più in progetti umanitari e di aiuto allo sviluppo da Ong svizzere. Sarà comunque sempre possibile svolgere il servizio civile in ambito umanitario in patria.

Le intenzioni del governo fanno storcere il naso. Per i Verdi il progetto “calpesta l’uguaglianza di trattamento tra reclute e civilisti e viola il diritto all’obiezione di coscienza”. Se il Parlamento lo approverà, i Verdi sosterranno il referendum annunciato già mesi fa e ancora ieri da Civiva (lo stesso dicono di voler fare il Ps e il Gruppo per una Svizzera senza esercito). Per la stessa Civiva (Federazione svizzera del servizio civile), le misure proposte “minacciano fondamentalmente il servizio civile” e provocherebbero “un’importante perdita di qualità delle prestazioni” in vari settori. Critiche giungono anche da diverse Ong, tra cui Caritas e Helvetas.

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