Svizzera

Doris Leuthard si dimette, lascerà il Consiglio federale a fine anno

Dopo Johann Schneider-Ammann, lascia anche la consigliera federale Ppd, in Governo dal 2006 (guarda la conferenza stampa)

(Keystone)
27 settembre 2018
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Doris Leuthard ha annunciato oggi le dimissioni dal Consiglio federale. Lo ha comunicato il presidente del Consiglio nazionale Dominique de Buman. La consigliera – responsabile del Dipartimento federale dell'ambiente, dei trasporti, dell'energia e delle comunicazioni (Datec) – lascerà la carica a fine anno.

Storia di una consigliera

In governo dal 2006, Leuthard ha diretto per quattro anni il Dipartimento federale dell'economia per poi passare al Datec. È stata presidente della Confederazione nel 2010 e nel 2017, dopo i sei anni e mezzo sui banchi del Consiglio nazionale. Tra il 2004 e il 2006 è stata presidente del Partito popolare democratico. Le dimissioni dell'argoviese non costituiscono un vera sorpresa: lei stessa aveva fatto sapere che questa sarebbe stata la sua ultima legislatura.

Numerose le riforme portate avanti dal suo dipartimento, già entrate in vigore. Tra di esse, la Strategia energetica 2050 che prevede l'uscita dal nucleare (la sua decisione di abbandonare l'atomo, presa dopo la catastrofe di Fukushima, aveva sorpreso. La consigliera federale era infatti allora soprannominata "Atom-Doris". Tra gli altri grandi dossier portati a termine figurano il cantiere della galleria di base del San Gottardo, la decisione di costruire un secondo tubo autostradale tra Airolo e Göschenen (UR), la creazione di un fondo ferroviario permanente (FAIF) e di uno stradale (FOSTRA).

Tra gli insuccessi spiccano la bocciatura da parte del popolo dell'aumento della vignetta autostradale a 100 franchi e l'approvazione, contro il parere di Governo e Parlamento, dell'iniziativa Weber contro le residenze secondarie. L'ala destra del parlamento le rimprovera inoltre una gestione "poco coraggiosa" del dossier SSR. Su questo tema ha però vinto la battaglia contro l'iniziativa popolare "No Billag", che voleva abolire il canone radiotelevisivo: alle urne il "no" ha raggiunto il 71,6%.

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