Svizzera

Progetto fiscale 17-Avs, nell'Udc non tutti contro

Oggi al Consiglio nazionale uno dei dossier più importanti della legislatura. Con la variabile della dissidenza in casa democentrista

Aeschi
12 settembre 2018
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Palazzo federale, ore 17.33. La seduta del gruppo Udc si è appena conclusa. I parlamentari escono alla spicciolata dalla sala della ‘frazione’ democentrista, al terzo piano. Compare il capogruppo Thomas Aeschi (Zg). Davanti a microfoni, telecamere e taccuini, dice: «Il ‘pacchetto’ non soddisfa le nostre aspettative». Unisce «elementi estranei» e, nella sua parte relativa all’Avs, «colpisce il ceto medio, chiamato alla cassa» attraverso un aumento dei contributi salariali. Il verdetto: 44 voti a favore di un rinvio in commissione (4 astenuti); se questa proposta e quella di scindere il ‘pacchetto’ in due (separando riforma fiscale e Avs) non verranno accolte, nella votazione complessiva in 33 diranno ‘no’ alla soluzione ideata dagli Stati (leggermente ritoccata dalla commissione del Nazionale), 13 invece (soprattutto romandi ed esponenti dell’economia) la sosterranno. Cosa faranno gli altri 22 deputati non presenti alla seduta, non si sa. L’abbondante dozzina pronta a votare ‘sì’ alla fine dovrebbe comunque bastare a far pendere la bilancia dalla parte di una delle più importanti riforme dell’attuale legislatura.

Parliamo del ‘Progetto fiscale 17’ (Pf17). È stato ribattezzato ‘Riforma fiscale e finanziamento Avs’, dopo che in giugno i ‘senatori’ vi hanno inserito una compensazione sociale a favore del 1o pilastro. Obiettivo: rendere più appetibile alla sinistra una riforma nata sulle ceneri della Riforma III dell’imposizione delle imprese, miseramente naufragata alle urne nel 2017. La proposta uscita dagli Stati prevede che ogni franco di tassazione perso in seguito al Pf17 venga ‘compensato’ con un franco di finanziamento all’Avs. Il 1o pilastro dovrebbe beneficiare di 2,1 miliardi di franchi finanziati grazie a un aumento dei prelievi salariali e a un aumento dei contributi prelevati dalle casse della Confederazione e dall’Iva. Con un paio di ritocchi pro-imprese voluti dalla destra, il compromesso è passato per il rotto della cuffia nella commissione preparatoria del Nazionale (12 voti favorevoli, 11 contrari e 2 astensioni). E oggi avrà senza dubbio vita dura nel plenum.

Anche dopo la conferma che una parte del gruppo Udc sosterrà la soluzione commissionale, la sorte del progetto resta incerta. Le resistenze non sono confinate alla frazione Udc. Opposizione viene segnalata anche tra i piccoli partiti. I Verdi sono contrari al legame formale stabilito tra riforma fiscale e finanziamento dell’Avs. Giudicano inoltre eccessive le perdite fiscali previste dal Pf17. Anche il Pbd e i Verdi-liberali (Pvl) si oppongono all’idea di unire in un unico ‘pacchetto’ due progetti che dovrebbero a loro avviso restare distinti. Il Pvl, poi, vorrebbe una riforma dell’Avs di grande respiro. Assieme, i tre piccoli partiti teoricamente portano 26 voti nel campo dei contrari. A loro dovrebbero aggiungersi quelli di una manciata di liberali-radicali. Nessun ‘dissidente’, per contro, dovrebbe manifestarsi tra i ranghi del Ppd. Molto potrebbe dipendere dalle decisioni che verranno prese durante l’esame di dettaglio. Se si allontanerà troppo dal compromesso adottato dagli Stati potrebbe pregiudicare il sostegno del Ps. E la riforma rischierebbe di naufragare. Ieri i socialisti hanno ribadito di volere un miglioramento della versione uscita dalla commissione preparatoria, in particolare per quel che riguarda il principio degli apporti di capitale e gli indennizzi per città e comuni. Il gruppo Ps (nel quale si fanno sentire le voci critiche di alcuni giovani deputati) sosterrà il ‘pacchetto’ unicamente se il plenum accoglierà questi due punti e se non verrà introdotto nessun altro peggioramento, si legge in una nota. La posizione finale del partito sarà stabilita all’assemblea straordinaria dei delegati il 29 settembre. Se il gruppo socialista resterà più o meno compatto, verosimilmente la riforma avrà i numeri stasera al Nazionale. Se il dossier supererà l’esame parlamentare, le misure più urgenti potrebbero entrare in vigore rapidamente, le altre il 1o gennaio 2020. Se ci sarà referendum – la minaccia giunge da più parti, dall’estrema sinistra ai giovani Udc –, la votazione dovrebbe tenersi in febbraio o maggio 2019.

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