Svizzera

L’export di armi vale 205 milioni

I principali acquirenti di materiale bellico elvetico sono Germania, Stati Uniti e Danimarca

26 luglio 2018
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L’export svizzero di materiale bellico ha raggiunto i 205 milioni di franchi nel primo semestre di quest’anno. Sono state autorizzate esportazioni di armi anche in Paesi coinvolti nel conflitto in Yemen, ma la Segreteria di Stato dell’economia (Seco) relativizza.
Le cifre pubblicate ieri dalla Seco non sono paragonabili con quelle del 2017: una portavoce ha spiegato ieri all’agenzia di notizie Keystone-Ats che sino alla fine dell’anno scorso erano utilizzati i dati delle dogane, mentre nel 2018 quelli del sistema elettronico di autorizzazione Elic, che comprende anche il valore delle riparazioni di materiale. Ad esempio, per l’Irlanda le cifre dell’Elic – che comprendono quindi anche le riesportazioni di materiale riparato – raggiungono gli 8,1 milioni di franchi, mentre i dati della dogana solamente i 58mila franchi.
In seguito alla pubblicazione dei dati della Seco, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (Gsse) ha denunciato che le esportazioni verso i Paesi coinvolti nell’intervento militare in Yemen – come Arabia Saudita o Emirati Arabi Uniti – sono ammontate a 14,5 milioni di franchi. In un comunicato diffuso ieri ha ricordato che l’ordinanza sul materiale da guerra proibisce attualmente di vendere a uno Stato dove è in corso un conflitto interno o che sia implicato in uno internazionale.
Per quanto riguarda le esportazioni del valore di 1,9 milioni di franchi in Arabia Saudita, la portavoce della Seco ha però voluto relativizzare: si è trattato solo di pezzi di ricambio per sistemi di difesa antiaerea, e quindi di merce di carattere difensivo. Le stesse motivazioni sono state indicate per il materiale bellico del valore di 9,5 milioni esportato negli Emirati Arabi Uniti. In generale il Paese nel quale le aziende svizzere hanno esportato di più è la Germania (47,7 milioni), seguita da Stati Uniti (32,6 milioni) e Danimarca (29,3 milioni).
Il Gsse ha anche criticato la volontà del Consiglio federale di allentare le regole in materia di esportazione di armi. Nel maggio del 2015 la Confederazione ha infatti interrotto le forniture verso l’Arabia Saudita. Nell’aprile del 2016 ha comunque autorizzato alcune vendite a Paesi coinvolti nella guerra yemenita, ma solo di materiale che non lasciasse presupporre un eventuale impiego nel conflitto. Le domande accettate riguardavano sistemi per la difesa antiaerea e finalizzati alla legittima autodifesa o alla protezione di infrastrutture civili, come ad esempio gli impianti di approvvigionamento idrico.
Il governo ha però respinto tutte le richieste per beni che erano idonei a essere trasportati in un altro luogo o ad alto rischio di utilizzo nel conflitto in Yemen, come armi leggere, munizioni, granate a mano nonché accessori e pezzi di ricambio. Il tutto per un valore totale di circa 3 milioni di franchi.
Lo scorso 15 giugno il Consiglio federale ha poi deciso che in futuro sarà possibile, a determinate condizioni, esportare materiale bellico anche verso Paesi implicati in un conflitto armato interno. Un’autorizzazione verrà rilasciata solo se non vi è motivo di supporre che l’export venga poi impiegato nella guerra civile. La deroga non verrebbe però applicata agli Stati come la Siria o lo Yemen. L’esecutivo vuole inoltre che l’autorizzazione valga per due anni invece di uno e che una capacità industriale adeguata alle esigenze della difesa nazionale svizzera sia un criterio da considerare nel valutare se accordare il beneplacito per le vendite all’estero.

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