Svizzera

Uber semina la Suva

Un tribunale zurighese: la società di trasporto per ora non dovrà pagare i contributi sociali

24 luglio 2018
|

Gli autisti di Uber sono da considerare come impiegati o come personale indipendente? In una vertenza che la oppone alla Suva, il Tribunale delle assicurazioni sociali di Zurigo ha dato parzialmente ragione alla società statunitense che offre servizi di trasporto attraverso un’applicazione per smartphone.

All’origine della vertenza – ha confermato ieri il tribunale – vi è una decisione della Suva, che nel gennaio 2017 ha stabilito che Uber va considerato come un normale datore di lavoro. Per l’istituto nazionale di previdenza contro gli infortuni, la filiale svizzera ‘Uber Switzerland GmbH’ andrebbe quindi assoggettata al pagamento dei contributi sociali per i suoi autisti. Uber, che si considera invece come una semplice piattaforma tecnologica per autisti attivi come lavoratori autonomi, ha portato il caso davanti al Tribunale delle assicurazioni sociali di Zurigo, ottenendo come detto almeno in parte ragione.

In base alla sentenza, la difficoltà principale è legata al fatto che la Suva vuole far pagare i contributi alla filiale svizzera di Uber. Tutti i contratti e i flussi di denaro sono però registrati presso ‘Uber B.V.’ e ‘Rasier Operations B.V.’, due società con sede ad Amsterdam. Per la Corte però “non è accertato” che gli autisti abbiano un rapporto contrattuale con la filiale ‘Uber Switzerland GmbH’. I giudici del tribunale zurighese rimandano in altre parole la palla nel campo della Suva, che dovrà chiarire se le società olandesi possono essere considerate come datore di lavoro, al posto della filiale svizzera.

Una decisione tutto sommato “comprensibile”, ha affermato alla rubrica d’informazione della Srf ‘10 vor 10’, Thomas Gächter, professore di diritto delle assicurazioni sociali all’Università di Zurigo. La struttura giuridica di Uber è in effetti molto complessa: “Una società si occupa del software e fissa le condizioni per gli autisti, un’altra si occupa dei flussi finanziari e una terza dei contratti”. Il sindacato Unia ha da parte sua criticato la decisione del tribunale zurighese. “È da ormai cinque anni che Uber tiene i suoi autisti in una situazione di finta indipendenza. La più grande ‘truffa sui salari’ della Svizzera rischia ora di andare avanti ancora per anni”, ha detto il sindacalista Roman Künzler a ‘10 vor 10’.

Lo scorso mese di marzo la Segreteria di Stato dell’economia (Seco) era arrivata alla conclusione che Uber e le sue società partner devono essere considerate come un datore di lavoro, e quindi assoggettate al pagamento dei contributi sociali. La presa di posizione, sollecitata dal sindacato Unia, aveva fatto seguito ad uno sciopero degli autisti Uber a Ginevra.

La questione se i conducenti di Uber siano dei dipendenti o no, non riguarda solo la Svizzera: ieri le autorità statunitensi hanno dato ragione a tre ex autisti che avevano chiesto il sussidio di disoccupazione. E la decisione non si applicherebbe solo a loro ma anche ad altri conducenti “in posizione simile”, si legge nel provvedimento dell’Unemployment Insurance Appeal Board dello Stato di New York. Inoltre lo scorso novembre Uber è stata sconfitta in Appello in Gran Bretagna: ex autisti avevano fatto causa per vedersi riconoscere una serie di diritti fra i quali salario minimo, ferie e giorni di malattia pagati. Il Tribunale del lavoro aveva deciso che la società deve garantire questi diritti.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE