Svizzera

Incidente sulla neve in Vallese, verso chiusura dell'inchiesta

La Polizia cantonale del Vallese a breve dovrebbe chiudere il procedimento per omicidio plurimo colposo

Keystone
23 maggio 2018
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Il terreno trasformato in una corazza spessa di ghiaccio non ha consentito alla comitiva guidata dalla guida alpina comasca Mario Castiglioni, residente nel Mendrisiotto, di scavare una buca in cui ripararsi dall'eccezionale bufera durante la tragica traversata Chamonix-Zermatt dello scorso 30 aprile.

È la conclusione a cui è giunta la Polizia cantonale vallese che, a breve, dovrebbe chiudere l'inchiesta sul tragico incidente verificatosi sull'Haute Route e costato la vita a sette alpinisti, fra cui Castiglioni, la moglie Kalina Damyanova e un frontaliere comasco, Andrea Grigioni, infermiere in una struttura ospedaliera ticinese.

L'inchiesta per omicidio plurimo colposo a carico di ignoti ha accertato che la guida comasca, co-titolare dell'agenzia ''Mlg'' di Chiasso, che aveva organizzato l'impegnativa traversata alpina, era perfettamente equipaggiato e munito di gps, così come la moglie, pure lei esperta alpinista, e come tutti gli altri partecipanti alla spedizione di cui solo tre si sono salvati. Tra loro un 72enne ticinese, una donna italiana ed un architetto milanese. Per gli investigatori svizzeri che hanno a lungo parlato con gli alpinisti che si sono salvati non ci sono responsabili della tragedia. Attraverso il racconto fornito dai clienti dell'agenzia chiassese di Castaglioni, è stato possibile ricostruire i vari momenti della tragedia.

Giunti insieme alla Pigne d’Arolla a 3.800 metri, l'intenzione era quella di raggiungere in quaranta minuti con gli sci il rifugio più vicino. In quel momento, appena sotto la cima, la spedizione è stata investita da una tremenda bufera. ''Era di una violenza inaudita: Mario, abituato all’Himalaya e alla Patagonia, concordava di non aver mai visto nulla di simile - hanno raccontato i sopravvissuti -. Inoltre nei giorni precedenti alla nostra gita aveva fatto un temporale che ha trasformato la neve in una grande calotta di ghiaccio impenetrabile. Ecco perché nessuno è riuscito a scavare un buco per mettersi al riparo quando siamo stati investiti dalla bufera''.

Dopo essersi tolti gli sci, hanno messo i ramponi, per scendere sempre più lentamente. ''Le raffiche di vento non ci consentito di stare in piedi, mentre le attrezzature per orientarsi erano inutilizzabili - il racconto degli alpinisti che si sono salvati -. Impossibile anche solo leggere lo schermo del gps per via del ghiaccio''. La marcia penosa si è così trasformata in tragedia. I testimoni, però, non riescono a ricordare tutto. Perciò, si può solo ipotizzare cosa sia accaduto negli ultimi istanti.

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