Svizzera

Da martedì la propaganda islamista a giudizio al Tpf

Nicolas Blancho e altri due membri del Consiglio centrale islamico svizzero sono accusati di aver diffuso un'intervista a un esponente di al-Qaida

9 maggio 2018
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Violazione della legge federale che vieta i gruppi ‘al-Qaida’, ‘Stato Islamico’ e organizzazioni associate. Questa l’accusa nei confronti di tre membri del Consiglio centrale islamico svizzero (Ccis): si tratta del presidente dell’associazione Nicolas Blancho, del responsabile della comunicazione Qaasim Illi e di Naim Cherni, a capo del ‘Dipartimento per la produzione culturale’. Martedì prossimo si aprirà il processo nei loro confronti al Tribunale penale federale (Tpf) di Bellinzona. Intanto ieri il Tribunale federale  ha negato a Blancho il permesso per poter acquistare un arma (vedi sotto).

Al centro dell’accusa vi sono riprese video effettuate tra fine settembre e metà ottobre 2015 in Siria, a un alto rappresentante dell’organizzazione terroristica vietata al Qaida, poi diffuse dall’associazione islamica.

Autore materiale dell’intervista filmata sarebbe stato Cherni, un giovane tedesco che vive a Berna. Dalle riprese è scaturita un’intervista di 38 minuti con Abdallah al-Muhaysini, personaggio di primo piano dell’alleanza militare jihadista ‘Jaish al-Fatah’ (‘Esercito della conquista’). A questa organizzazione apparterrebbe anche il ‘Fronte al Nusra’, ovvero una filiazione siriana di al-Qaida.

Secondo il Ministero pubblico della Confederazione (Mpc) le registrazioni sono poi state utilizzate per mettere in scena in modo propagandistico il rappresentante dell’organizzazione terroristica vietata. Due video approvati da Illi sono anche stati pubblicati in rete sulla piattaforma di video YouTube. Sono stati poi attivamente pubblicizzati dai due membri dell’associazione e dal presidente del Ccis tramite i social media e in occasione di una manifestazione pubblica.

Ai tre si contesta di aver offerto un’importante piattaforma plurilingue e multimediale all’alto rappresentate di al-Qaida per “esibire la sua persona e fare la propaganda dell’ideologia dell’organizzazione terroristica”. Secondo l’Mpc è dimostrato che al-Qaida ha potuto in tal modo “rafforzare la sua attrattiva a livello mondiale per i suoi membri e sostenitori, acquisiti o potenziali”, e di conseguenza “promuovere lo sviluppo delle sue attività criminali”.

Sul suo sito il Ccis definisce “politico” il processo e “senza fondamento” le accuse, negando l’appartenenza dell’intervistato al gruppo terroristico.

Blancho rimane disarmato

Pistola vietata per Nicolas Blancho, presidente del Consiglio islamico svizzero (Ccis). Lo ha deciso ieri in modo definitivo il Tribunale federale (Tf), respingendo in ultima istanza un suo ricorso contro la decisione della Polizia cantonale bernese di negargli il permesso d’acquisto di armi. Blancho, assieme ad altri due membri dell’associazione islamica, sarà inoltre alla sbarra presso il Tribunale penale federale di Bellinzona, a partire da martedì prossimo. L’accusa è quella di aver violato la legge federale che vieta i gruppi al-Qaida e Stato Islamico.

Nell’ottobre 2014 Blancho – uno svizzero nato nel 1983 a Bienne e convertitosi all’Islam quando aveva 16 anni – aveva presentato alla polizia bernese una richiesta di permesso d’acquisto d’armi. Voleva comperare una pistola Sig Sauer P226. Il militante islamico giustificava la sua intenzione adducendo gravi minacce contro di lui e contro la sua famiglia.

La polizia si era però opposta alla sua richiesta. Il rifiuto di concedergli il permesso è poi anche stato confermato da diverse istanze cantonali alle quali Blancho aveva presentato ricorso, da ultimo il Tribunale amministrativo bernese. La sentenza pubblicata ieri dal Tf conferma quindi quella della Corte del Canton Berna dello scorso 3 gennaio.

Riassumendo, non c’è garanzia che il 34enne utilizzi l’arma in modo responsabile e rispettoso della legge, hanno sostenuto le autorità bernesi, richiamandosi alle opinioni islamiche radicali del presidente del Ccis e sostenendo che egli non riconosce i diritti umani e lo Stato di diritto in Svizzera. Le medesime autorità hanno anche rilevato che in certi casi Blancho ha giudicato legittima la resistenza violenta. Secondo il Tribunale amministrativo, ci sono dunque indizi concreti che Blancho, con un’arma, potrebbe mettere in pericolo la vita di terzi. Inoltre non sussiste nessuna garanzia che l’uomo non possa passare a un’altra persona l’arma acquistata.

Dal canto suo il Tf ha rilevato che Blancho si limita a una critica generale delle affermazioni dell’istanza precedente, senza precisare in quale misura l’opposizione delle autorità alla sua richiesta di acquistare un’arma, leda i suoi diritti. Il ricorso non risponde dunque all’obbligo di motivazione.

“Reputo questa sentenza umiliante. Essendo io cittadino svizzero, il divieto di possedere un’arma a causa del mio credo islamico, viola il principio di uguaglianza”, ha detto ieri Blancho in una nota. La decisione del Tf, a suo dire, mostra che, in quanto musulmano, viene considerato un cittadino di ‘serie B’ e reputato a priori pericoloso, precisa il comunicato.

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