Svizzera

Daniel Moser, il Sic ha agito illegalmente

In futuro il Servizio dovrà valutare attentamente le fonti secondarie quanto a quantità e qualità delle informazioni fornite e renderne conto

26 marzo 2018
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Nella gestione della "spia" Daniel Moser, l’uomo incaricato di raccogliere informazioni in Germania su alcuni ispettori del fisco tedesco in relazione al furto di dati bancari in Svizzera, il Servizio informazioni della Confederazione (SIC) ha agito in violazione della legge.

Come rilevato in un rapporto pubblicato oggi dalla Delegazione delle Commissioni della gestione sono emerse anche lacune nella comunicazione interna e una cattiva gestione della fonte.

Daniel Moser, un ex agente della polizia zurighese, è stato arrestato a Francoforte sul Meno il 28 aprile 2017; il fermo ha suscitato clamore in Svizzera e in Germania. In questo paese, Moser è stato condannato nel novembre scorso a un anno e 10 mesi di prigione con la condizionale per "attività di agenti segreti" a favore dell’intelligence elvetica.

Stando al documento presentato oggi ai media da parte della Delegazione, Moser ha lavorato dal luglio 2010 al maggio 2014 quale "spia" per il SIC. Due le missioni affidategli: la prima, nel giugno 2011, di completare con nomi una lista di ispettori del fisco tedesco che operavano sotto falso nome in Svizzera in modo da poterli arrestare per un furto di dati di clienti del Credit Suisse. Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) e la Polizia giudiziaria federale (PGF) stavano svolgendo un’indagine su questa vicenda.

La seconda missione, nell’agosto 2012, riguardava sempre un furto di dati di clienti, ma questa volta di UBS, entrati in possesso del Land Renania settentrionale-Vestfalia. Moser si sarebbe avvalso di una fonte secondaria per identificare gli agenti del fisco, il ladro e prevenire futuri attacchi al sistema bancario elvetico. Il SIC ha versato 60 mila euro, su 90 mila, in anticipo a Moser affinché quest’ultimo potesse infiltrare, tramite una fonte secondaria, l’amministrazione del Land germanico. Vista la pochezza delle informazioni fornite, il SIC ha respinto il versamento dei 30 mila euro rimanenti e concluso la collaborazione con Moser nel febbraio 2014.

Informazioni irrilevanti...

Nel caso del Credit Suisse, il SIC ha giudicato un successo l’operazione, di cui era informato anche il Consiglio federale. L’autorità di vigilanza dell’MPC ha tuttavia messo in dubbio la valenza dei dati raccolti, che a suo dire erano già a disposizione dell’MPC prima ancora che l’intera operazione iniziasse.

La Delegazione è giunta alla medesima conclusione e ha bacchettato la PGF per non aver contattato in anticipo l’MPC, il quale gli avrebbe fatto presente che possedeva già i nomi degli ispettori tedeschi. Inoltre, fatto ancora più increscioso, benché il SIC fosse abilitato a raccogliere informazioni all’estero mediante una fonte, non avrebbe dovuto farlo per il tramite dell’unità "Acquisizione di informazioni all’estero" (NDBB-A). Quest’ultima poteva attivarsi solo per informazioni rilevanti della politica di sicurezza e non per casi di spionaggio economico. Da qui la violazione delle regole all’epoca in vigore.

Nel caso specifico, l’ordine di inchiesta sarebbe dovuto partire dall’unità "Acquisizione di informazioni in Svizzera" (NDBB-I). La legge allora in vigore avrebbe permesso a Moser di rivolgersi a un’agenzia di detective straniera; mai però avrebbe potuto essere inviato direttamente dal SIC in Germania per raccogliere dati di prima mano.

... e raccolte illegalmente

Anche nel caso UBS, la Delegazione ha constatato una violazione delle regole allora in vigore. L’unità NDBB-I avrebbe potuto trattare informazioni concernenti le intenzioni e il dispositivo messo in atto dalle autorità germaniche per raccogliere dati su clienti tedeschi con conti in Svizzera non dichiarati, e questo in nome della lotta allo spionaggio economico.

Tuttavia, sarebbe stato illegale raccogliere sul posto informazioni e, in particolare, infiltrare l’amministrazione germanica con una "talpa", per non parlare di pagarla. Capire la dinamica dei fatti e trovare il ladro era di competenza delle autorità penali, sostiene il rapporto. Il SIC, insomma, "era pronto a considerare l’eventualità di un’azione illegale" secondo la Delegazione.

Daniel Moser, fonte mal gestita

Come noto, Daniel Moser è stato interrogato in Svizzera dall’MPC poiché sospettato di aver venduto dati di banche svizzere in Germania. In quell’occasione, nel febbraio e marzo 2015 ha rivelato il suo ruolo svolto per conto del SIC in Germania. Colmo della storia, il coimputato di Moser, Werner Mauss, si era avvalso della facoltà di leggere i verbali per poi trasmetterli alle autorità tedesche che hanno proceduto all’arresto di Moser in Germania il 28 di aprile 2017.

Anche in questo caso la Delegazione ha bacchettato il SIC, reo a suo parere di non aver fatto nulla per gestire la situazione benché sapesse già il 2 febbraio 2015 che l’MPC avrebbe arrestato il suo informatore.

Lo stesso Moser aveva trasmesso i verbali degli interrogatori al SIC. Quest’ultimo, non conoscendo le disposizioni di procedura penale ha supposto, "a torto, che l’MPC avrebbe assicurato un trattamento confidenziale delle dichiarazioni di Daniel Moser relative al SIC".

Controllare meglio le fonti

Per evitare che un "caso Moser" si ripeta ancora, la Delegazione invita il SIC a rispettare le regole, in particolare per quanto attiene all’uso di fonti primarie, come Moser, e secondarie. Tutti devono sapere ciò che è lecito da ciò che non lo è.

Nel rapporto, si legge che tutti i collaboratori del SIC sentiti hanno fatto sapere che il servizio non aveva bisogno di conoscere in che modo una fonte otteneva le informazioni.

Inoltre, il SIC non dovrebbe remunerare fonti secondarie anonime. Nel caso in esame, il SIC non è stato in grado di spiegare come Daniel Moser abbia utilizzato i 60 mila franchi ricevuti in due tranche (va detto per inciso che il capo del SIC non era stato informato né di questa operazione né di questo versamento...).

In futuro, insomma, il SIC dovrà valutare attentamente le fonti secondarie quanto a quantità e qualità delle informazioni fornite e renderne conto al capo del Dipartimento federale della difesa. Prudenza è anche richiesta nell’uso di fonti primarie, come Daniel Moser, che lavorano all’estero come detective privati. Qui è necessario riportare i rischi a un livello accettabile, scrive la Delegazione.

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