Rupperswil

La difesa respinge l'ergastolo

Al processo per il quadruplo omicidio, Renate Senn critica pure i media

14 marzo 2018
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Ha commesso quattro assassini, ma non va condannato per averne pianificato altri: questa in sintesi la tesi della rappresentante legale dell’uomo di 34 anni processato in Argovia per il massacro di Rupperswil del 21 dicembre 2015. Nella sua arringa, l’avvocatessa Renate Senn, ha detto di accettare l’accusa di assassinio. Ha però chiesto di assolvere il 34enne dall’accusa di atti preparatori punibili con la formula “in dubio pro reo”. L’avvocatessa d’ufficio ha proposto una pena di 18 anni di detenzione.

Per l’avvocatessa, i preparativi non erano abbastanza concreti e il suo assistito non può essere considerato un assassino seriale. Quanto ai fatti di quel 21 dicembre 2015, la legale ha affermato che gli abusi sessuali sul 13enne sono duranti 'solo' una ventina di minuti. Non si può negare che il suo assistito abbia commesso quegli efferati delitti, ma quando è entrato in azione non era mascherato e non indossava guanti. Abitava inoltre nel medesimo quartiere delle vittime e tutti questi elementi farebbero pensare – secondo la difesa – che in qualche modo sperava di venire scoperto ed arrestato. Per la difesa, il movente principale dell’attacco alla famiglia è stata la coazione sessuale, non il desiderio di uccidere. “Gli omicidi non erano in primo piano, ma sono stati in qualche modo dei fenomeni concomitanti”, ha detto la legale. L’avvocatessa d’ufficio si è anche detta stupita per la lentezza della polizia, che ha arrestato il suo assistito a quasi sei mesi dai fatti.

La difesa ha criticato anche i media, che fin dal giorno dell’arresto hanno presentato il 34enne come l’autore del massacro, senza concedergli la presunzione d’innocenza. Alcuni media non hanno esitato a pubblicarne le foto e a definirlo una 'bestia' o un 'barbaro'. “Il mio assistito è stato messo alla berlina dai media”, ha detto l’avvocatessa, che ha chiesto che ciò venga considerato come un’attenuante nel fissare la pena. L’opinione pubblica chiede una punizione draconiana e vorrebbe che l’imputato sia “chiuso in carcere per sempre”, ha proseguito l’avvocatessa. Il Tribunale non si deve lasciar influenzare da simili richieste, ma deve prendere una decisione equa. L’ordinamento giuridico svizzero prevede che tutte le pene privative della libertà debbano cessare un giorno o l’altro. La misura dell’internamento non è una pena, ma serve a proteggere la popolazione da autori di delitti fintanto che sono considerati pericolosi.

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