Svizzera

Social media: una persona su due non protegge il proprio account

Nonostante i cibercriminali siano molto temuti dagli svizzeri solo il 52 percento si preoccupa delle impostazioni di privacy

Ti-Press
13 marzo 2018
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I pericoli di internet per gli svizzeri sono in particolare i cibercriminali e i provocatori. Malgrado ciò solo la metà protegge il proprio account sui social media, stando a uno studio pubblicato dal portale comparis.ch. L'inchiesta sulla protezione dei dati nella rete vede gli hacker al primo posto nella classifica delle possibili minacce: le persone intervistate attribuiscono loro una valore di 6,7 di pericolosità su una scala da 1 a 10. Al secondo posto ci sono gli "stalker online", detti anche troll, che ottengono il livello 5,7. Più sotto nella graduatoria i servizi segreti (5,3), i colossi di internet come Google e Facebook (5,2) e gli operatori di telecomunicazione (4,3). Da notare che il grado di pericolosità delle istituzioni statali e le autorità è aumentato notevolmente passando da 2,7 del 2015 al 4,1 del 2018, sottolinea comparis.ch.

Gli intervistati hanno scarsissima fiducia nei siti di incontri (3,4 sempre su una scala da 1 a 10) e nelle piattaforme dei social media come Facebook, Instagram o Twitter (grado 4). Ritengono poco affidabili anche i servizi di chat o messaggeria istantanea come Whatsapp e Snapchat (4,9) e le reti di contatti professionali come Linkedin e Xing (4,9).

Paradossalmente però solo il 52% degli svizzeri si preoccupa delle impostazioni di privacy sui social media. Secondo Jean-Claude Frick, esperto in ambito digitale presso comparis.ch, "chiunque posti qualcosa su un social, che siano foto delle vacanze, commenti o contributi a blog o semplici condivisioni, è potenzialmente esposto al rischio di essere perseguito da un troll". "Proteggendo la sfera privata su internet, si riduce notevolmente il margine per attacchi aggressivi online", ha aggiunto.

Il sondaggio, ripetuto ogni anno dal 2013, è stato condotto dall'istituto di ricerche di mercato Agent a marzo su un campione di 1019 persone in tutte le regioni linguistiche. L'obiettivo è valutare il comportamento in materia di sicurezza e protezione dati.

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