Intervista al consigliere nazionale democentrista, a Berna dal 2015 e scelto per un posto nel comitato direttivo del partito
Il ticinese Marco Chiesa, consigliere nazionale dal 2015, è stato scelto ieri quale vicepresidente dell’Udc. Entrerà a far parte del comitato direttivo del partito. La decisione definitiva spetta all’assemblea dei delegati, il 24 marzo a Klosters.
Migliorare la rappresentatività geografica, di genere, professionale, persino religiosa del partito. E poi [con l’uscita di Christoph Blocher e Walter Frey, ndr] l’età media del comitato direttivo è scesa.
È la stanza dei bottoni dell’Udc. Qui vengono prese le decisioni strategiche. Il gremio decide poi per la comunicazione, il finanziamento e l’organizzazione delle campagne politiche. Potervi portare la sensibilità ticinese è importante [ieri Piero Marchesi, presidente della sezione ticinese, ha scritto in una nota che con la nomina di Chiesa a vicepresidente “si apre un’opportunità per il Ticino”, ndr].
Se vieni scelto è perché si ritiene che tu abbia qualcosa da dire. Io mi farò sentire. E poi tra noi c’è diversità di vedute.
È un gran vantaggio per l’Udc poter contare su questa continuità. Tanti partiti ci invidiano la capacità politica di un Christoph Blocher. E ora al suo posto abbiamo una persona competente e capace come Magdalena.
Credo che il Parlamento oggi non sarebbe pronto a votarla. D’altronde, qui a Palazzo si dice che quando si tratta di eleggere un consigliere federale, raramente vengono scelti i migliori.
L’Udc ha uno zoccolo duro di elettori che gli permetterà di restare il primo partito in Svizzera. Ma ripetere il risultato straordinario del 2015 [29,4% e 11 seggi in più al Nazionale, ndr], battere un record con un record, non sarà facile.