Dopo il 'no' alla No Billag fioriscono le idee in Parlamento a Berna. Il canone di nuovo nel mirino di Udc e Usam.
La Ssr è salva. Ma il suo futuro è un grosso punto interrogativo. Certo è che l’ente radiotelevisivo sarà meno caro, più piccolo e meno ‘ingordo’ nei confronti dei privati. Se il 4 marzo 2018 verrà ricordato come «una data cruciale per la storia della Ssr» (il direttore Gilles Marchand), non è tanto per l’annunciato funerale alla No Billag (l’iniziativa è stata spazzata via dal 71,6% dei votanti e in tutti i cantoni, Ticino compreso), quanto per la promessa fatta da Marchand & Co. di ridimensionare l’azienda, ripensarne i contenuti, adeguarsi alle nuove modalità di fruizione dei prodotti mediatici e collaborare con gli altri media.
La Ssr dimostra così la volontà di prendere sul serio le critiche che le sono state mosse durante questa lunga campagna di votazione (cfr. pag. 3). Per Doris Leuthard il pacchetto di risparmi «va nella giusta direzione» e «tiene conto del malessere nella popolazione». Anche la maggior parte dei partiti borghesi saluta favorevolmente le riforme annunciate da Marchand. L’Udc vorrebbe invece che la Ssr si spingesse più in là.
L’esito del voto non si discosta molto dagli ultimi sondaggi, sebbene sia un po’ più netto del previsto. Gli argomenti dei sostenitori hanno goduto di ampia risonanza mediatica nella prima fase della campagna. Poi però da gennaio, con le indagini demoscopiche che davano l’iniziativa in netta perdita di consensi, Udc, Giovani liberali radicali e Unione svizzera arti e mestieri (Usam) hanno perso gran parte del loro ‘appeal’ e tirato i remi in barca. Il verdetto – ha dichiarato ancora la ministra delle Comunicazioni – mostra che la popolazione vuole conservare a radio e tv il mandato di servizio pubblico, è pronta per questo a pagare e si augura di poter beneficiare in tutte le regioni di un’offerta di programmi diversificata e indipendente.
Come ciò avverrà, è tutto da vedere. In effetti, nemmeno la discussione sull’ammontare del canone si è esaurita con il voto di ieri. Doris Leuthard ha ribadito: tra qualche anno potrebbe scendere attorno ai 300 franchi. Ma l’Udc morde il freno. Con due iniziative parlamentari, depositate ancor prima del verdetto sulla ‘No Billag’: nella prima, la consigliera nazionale Natalie Rickli esige un abbassamento del canone a 300 franchi; la seconda, del deputato Gregor Rutz, domanda che le imprese siano esentate. Anche l’Usam insiste su questo punto. Non se ne parla, ha risposto indirettamente Doris Leuthard, ricordando che il popolo ha detto due volte (2015 e ieri) che anche le aziende sono assoggettate.
Nonostante lo «schiaffo» (Leuthard) alla No Billag, a Berna il dibattito sul futuro della Ssr (che dal 2019 riceverà 1,2 miliardi dal canone, 40 milioni in meno di oggi) e, più in generale, del servizio pubblico mediatico non fa che cominciare. Nessuno infatti mette in discussione la necessità di una ridefinizione (in senso restrittivo per la destra e il centro, al contrario per Ps e Verdi) del perimetro e dei contenuti del ‘service public’ in quest’ambito.
Il dibattito si svolgerà non solo (cfr. articolo sotto), ma essenzialmente nel quadro dell’elaborazione della futura legge sui media elettronici. La nuova normativa è destinata a sostituire l’attuale legge sulla radio e la televisione, che il Consiglio federale non ritiene più adeguata alla realtà del mondo dei media, caratterizzata in particolare dal forte sviluppo dell’offerta online. Il governo manderà in consultazione entro l’estate un avamprogetto di legge.
Secondo Leuthard, la nuova legge potrebbe entrare in vigore nel 2021 e fungere da base per un sostegno finanziario a lungo termine non solo di Ssr, tv regionali e radio locali, ma anche dei media online e – magari – persino dell’Agenzia telegrafica svizzera (Ats). E non è escluso (ne ha riferito di recente il ‘Tages-Anzeiger’) che anche la stampa scritta possa approfittare di un sostegno finanziario diretto da parte della Confederazione, opzione che è sempre stata considerata tabù.
In consultazione c’è già la nuova concessione Ssr. Sarà valida dal 2019. Prevede che l’ente pubblico radiotelevisivo si differenzi maggiormente dalle offerte commerciali. Con produzioni televisive proprie o trasmissioni con un legame più forte con la Svizzera, per esempio. La Ssr, poi, dovrà cooperare maggiormente con i privati. E destinare all’informazione almeno la metà dei proventi del canone. L’attuale divieto di fare pubblicità alla radio e online resterà in vigore. Ieri la consigliera federale Doris Leuthard ha annunciato che sarà costituita una commissione indipendente, incaricata di distribuire i mandati di prestazione e quindi anche la concessione della Ssr.
Il Consiglio federale, infine, vuole invece permettere alla Ssr e alle emittenti private titolari di una concessione di trasmettere réclame in modo orientato in base alla categoria di pubblico. La possibilità sarebbe tuttavia soggetta a chiare limitazioni. In consultazione la proposta ha sollevato una raffica di critiche. E la Ssr ieri ha fatto sapere per bocca del suo direttore Gilles Marchand che non proporrà pubblicità mirata a livello regionale, anche se in futuro questa dovesse essere consentita.